CRONACA
Brindare alla ticinese, quando le bollicine sono nostrane: “Anche qui sappiamo produrre ormai spumanti di grande qualità”
Francesco Tettamanti, direttore di Ticinowine, racconta: “Capostipite fu, già nei primi anni ’80, il Ronco Grande di Valsangiacomo e ora molti sono i produttori locali e i vitigni usati”

LUGANO – Innumerevoli le volte in cui, in questo periodo di festività, i calici sono stati levati in alto. I cin cin si rincorrono e moltiplicano ed è quindi l’occasione per scoprire se valga la pena brindare alla ticinese, scegliendo uno spumante nostrano piuttosto che uno champagne o uno spumante italiano, con Francesco Tettamanti, direttore di Ticinowine, a cui abbiamo chiesto di raccontare il mondo delle ‘bollicine’ ticinesi.

Tettamanti, cominciamo proprio da qui, la scelta nostrana è un’opzione meritevole? Nel senso, la qualità dei nostri prodotti regge il confronto?

“La produzione di spumanti in Ticino ha ormai raggiunto livelli qualitativi di tutto rispetto. Molti sono i produttori che hanno acquisito una notevole esperienza e riescono a confrontarsi molto bene con la concorrenza estera. Il fatto poi di poter proporre ai propri  parenti ed amici delle “chicche” prodotte a pochi passi da casa, può dare quel valore aggiunto che molti cercano nelle occasioni particolari. Perché presentare, magari sorprendendo i proprio ospiti, qualcosa che esuli dalla banalità può certamente impreziosire una bella serata di festa”.

E sul piano del prezzo come si pongono gli spumanti nostrani rispetto a quelli esteri?

“I nostri prodotti non sono industriali e per gli spumanti questo fatto è ancora più marcato, basti pensare che vi sono cantine ticinesi che producono meno di 1’0000 bottiglie di spumante l’anno e che, al contrario, nella zona del Prosecco ve ne sono che imbottigliano da sole più dell’intera produzione nostrana. Dobbiamo quindi partire dal presupposto che i nostri spumanti siano più cari. Non potremo mai competere con un prosecco da quattro soldi, anche perché quest’ultimi sono prodotti di largo consumo. E un po' come paragonare un panettone artigianale a uno industriale: si compete solo sulla qualità e non sul prezzo. E lo stesso è per i nostri spumanti. Se pensiamo quindi al costo, ci confrontiamo piuttosto con gli Champagne, i Cava e i Franciacorta; ci troviamo nella stessa fascia di prezzo, con il vantaggio, come detto, di avere quel fascino del “local” a chilometro zero che tanto viene ricercato attualmente”.

Ci aiuti però a capire meglio questo mondo: ci sono gli spumanti “metodo classico” e  quelli  cosiddetti “charmat”. In cosa si differenziano in sostanza?

“Gran parte degli spumanti ticinesi sono prodotti con il metodo detto classico, ossia simile a quanto fanno nella Champagne e nella Franciacorta, pochi invece quelli che utilizzano il metodo “charmat”. Quest’ultimo infatti è meno costoso se si producono grandi quantitativi, ma necessita di una tecnologia avanzata che non tutti possono permettersi per poche bottiglie. Venendo alle differenze, in pratica, nel metodo classico il vino svolge la sua presa di spuma (e di bollicine) all’interno di ogni singola bottiglia, l’operazione può durare anche oltre due anni e necessita di una notevole manualità e pertanto risulta più cara. Nel metodo “Charmat”, usato generalmente nei prosecchi, tutto avviene invece in grandi recipienti sotto pressione e il vino viene poi imbottigliato già con le sue bollicine. Nei migliori, l’operazione può durare anche 6 mesi (in Ticino ve ne sono), ma in generale tutto avviene in poche settimane e per ciò il prodotto risulta meno complesso e di conseguenza anche meno caro”.

Sempre più cantine ticinesi producono “bollicine”. Quante sono attualmente?

“Veramente molte, anche se con poche bottiglie. Francamente sto iniziando a perdere il conto… L’ultima volta che l’ho fatto sono arrivato a contarne ben 24: davvero non male per una realtà come la nostra!”

I vitigni variano: oltre allo spumante di merlot, pensiamo al Ronco Grande di Valsangiacomo, quali sono i più utilizzati?

“Quello da lei citato è stato il capostipite, cominciando la propria produzione fin dai primi anni ’80. Ora ne troviamo molti, sempre prodotti con il nostro vitigno principe che ha alle nostre latitudini una grande versatilità e ci dona dei prodotti veramente sorprendenti. Molti produttori hanno voluto anche avvicinarsi ai classici e pertanto lavorano con dei bianchi prodotti con del Pinot Nero oppure con dello Chardonnay, ottenendo eccellenti risultati. Da poco poi, sul mercato degli spumanti nostrani, ne troviamo anche di prodotti con l’unico vitigno autoctono ticinese: la Bondola, che si presta magnificamente per questa operazione. Qualcuno elabora anche dell’uva americana, ma questi sono prodotti veramente di nicchia”.

A suo parere c’è mercato per questi prodotti?

“Direi che l’aumento dei produttori è un buon indicatore del fatto che la richiesta c’è. Parliamo e ci limitiamo però a numeri relativamente modesti, anche perché il settore vuole rimanere concentrato sulla produzione che ci ha resi famosi: i grandi vini rossi. I nostri Merlot, che molti ci invidiano, rimarranno anche in futuro il fulcro della nostra viticoltura”.

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