Il vice direttore del Corriere del Ticino: "Se dovessi fare una scommessa oggi sull'alleanza con l'UDC, direi che il banco salterà e Zali sarà ancora della partita
Gianni Righinetti, che giudizio dai dei primi 100 giorni di Daniele Piccaluga alla testa della Lega?
“Sono stati 100 giorni intensi con il neo-coordinatore della Lega che si è gettato anima e corpo nella nuova missione. Passione, entusiasmo, qualche scivolata da neofita, ma tanta buona volontà. Se la Lega aveva bisogno di mostrarsi viva, con Piccaluga ha già raggiunto l’obiettivo. Per contro ho notato un repentino imborghesimento da parte dell’uomo scelto da Norman Gobbi: dalle sparate in dialetto dei primi giorni alle frasi compassate, finanche al cloroformio e in stretto politichese degli ultimi giorni, il passo è stato breve. Due le ipotesi di quella che, ad oggi, appare una metamorfosi: la repentina perdita di velocità rispetto all’obiettivo (irrealistico) di rigenerare nel 2025 la Lega degli anni Novanta. Oppure l’intervento dei moderati della Lega che non hanno gradito la partenza a razzo di Piccaluga. Sta di fatto che oggi, con Piccaluga a presidiare il fortino leghista l’ambivalenza politica del partito entra in una nuova, e decisiva, fase”.
Il nodo principale da sciogliere nei prossimi mesi sarà l'alleanza con l'UDC. Secondo te come va a finire e quanto inciderà Piccaluga sulla decisione finale?
“Piccaluga credo debba mettersi il cuore in pace e limitarsi a gestire (amministrate) la situazione, non credo che lui solo possa incidere. Penso che l’alleanza, anche dopo la performance tra Lega e UDC negli studi de La domenica del Corriere a Teleticino, sia destinata al fallimento. A decidere saranno i due partiti, o forse a smarcarsi sarà l’UDC che non intende attendere troppo a lungo. Ma a determinare i destini dell’unione a destra sarà un uomo, un consigliere di Stato: Claudio Zali. La sua decisione, di correre nuovamente o meno per il Governo, come pure la tempistica con la quale scioglierà quello che ad oggi è ancora un dubbio, peserà come un macigno sui destini dell’intesa (elettorale e non politica) tra Lega e UDC. Se dovessi fare una scommessa oggi, direi che il banco salterà e Zali sarà ancora della partita. È lo scenario più stuzzicante anche per altre forze politiche, in primis il PLR. E non va sottovalutato l’effetto domino del possibile strappo sulle elezioni federali prima e comunali poi. Con potenziali sorprese per entrambi gli appuntamenti. A livello locale penso in particolare a Lugano”.
La Lega sembra volersi riorientare sulla politica del doppio binario, di governo o di opposizione, come fanno l'UDC e il PS a livello nazionale e come faceva il Movimento stesso in passato. Ti sembra una strada percorribile?
“La Lega ha da sempre il piede in due scarpe, fin da quando nel 1995 ha eletto in Governo Marco Borradori usando il volto buono del movimento come alibi per fare giochi d’opposizione e finanche “disobbedienza”, ma rigorosamente altrove, lontano dalla stanza del Governo. Vien da dire, nulla di nuovo sotto il cielo del Ticino. La strada non è solo percorribile, ma ormai percorsa e ripercorsa. Ora il 4x4 della politica leghista, Norman Gobbi, ha detto voler abbattere il “dipartimentalismo” ed è fin paradossale visto come è stato forgiato negli anni il Dipartimento delle istituzioni diretto da Gobbi. Ma dire che si vuole farla finita con il “dipartimentalismo” significa riconoscerne l’esistenza nella realtà contemporanea. Tutto il resto sarà storia dei prossimi mesi e anni. Lasciamoci stupire”.