Nella lente degli inquirenti anche insegnanti e compagni del 14enne vittima di bullismo. Sequestrati i cellulari dei compagni di classe
LATINA – La Procura dei minori di Roma ha aperto un’indagine per istigazione e aiuto al suicidio dopo la morte di Paolo Mendico, 14 anni (leggi qui). Gli occhi degli inquirenti sono puntati sui compagni di scuola che lo avrebbero insultato e vessato per mesi. Ma sotto accusa finiscono anche gli insegnanti, accusati dalla famiglia di aver sottovalutato ciò che stava accadendo tra i banchi del “Pacinotti”.
La direttrice dell’istituto scolastico frequentato dal ragazzo non ha nascosto i problemi, mentre per altri docenti – compresa la vicepreside – “non si trattava di episodi tali da spingere Paolo a togliersi la vita”. Neppure la psicologa a cui il ragazzo si era rivolto avrebbe rilevato situazioni così gravi.
Dopo il clamore mediatico dei primi giorni, i genitori e la famiglia del 14enne si sono trincerati nel silenzio. Sui social, intanto, continuano le testimonianze di affetto ma anche le accuse verso un sistema che non ha saputo riconoscere i segnali d’allarme. “Buon viaggio Paolo”, recita la cartolina che circola in rete. Sotto la lente, però, anche alcune frasi dei compagni di classe. Un 15enne – racconta un testimone – avrebbe commentato con cinismo: “Ormai è morto e ci cag**o il ca**o”.
I genitori denunciano di aver segnalato più volte, invano, gli episodi di bullismo. A sostegno, portano le chat con i professori e con gli altri genitori. Nei colloqui con carabinieri e ispettori ministeriali hanno fatto nomi e cognomi dei presunti bulli. Da qui il sequestro dei cellulari dei ragazzi coinvolti e l’analisi dei tabulati. Sotto esame anche i device di Paolo, compresa la consolle Xbox, attraverso la quale il 14enne si collegava online e scambiava messaggi.
In quelle conversazioni, secondo gli inquirenti, potrebbe esserci la prova delle persecuzioni e del clima d’odio che hanno soffocato la vita di “Paoletto”.