POLITICA E POTERE
L'analisi del voto de La Regione e Corriere: a Lugano è passato uno tsunami leghista
Le analisi dei direttori dei due principali quotidiani concordano sull'effetto deflagrante della vittoria leghista a Lugano, e ora ci si interroga sulle mosse di Giudici e dei partiti per il futuro

LUGANO - "L'onda lunga che travolge quasi tutto", in una parola a Lugano e di riflesso nel cantone, c'è stato uno "tsunami". Le analisi dei due principali quotidiani ticinesi, Corriere del Ticino e Regione, concordano sulla valutazione del voto luganese. Il direttore de LaRegione Matteo Caratti, scrive:  "Finisce un’era (quella del PLR, ndr). Nella grande Lugano il ciclone Lega ha infatti saputo far molto meglio (+7%) grazie soprattutto a due fattori: primo, la locomotiva Marco Borradori, leghista assai atipico, considerato più liberale che leghista (...) secondo: la morte, a poche settimane dal voto, del presidente a vita Bignasca (eletto terzo benché defunto!)". 

Per Caratti la Lega ha così goduto di una "combinazione eccezionale che ha permesso di segnare un nuovo risultato storico, da aggiungere alla riuscita doppietta in governo di due anni fa con la maggioranza relativa strappata al Plr. Così l’ex partitone, dopo che la creatura di Bignasca nei primi due decenni di vita aveva pescato con la dinamite nel vivaio Ppd, si ritrova superato dal Carroccio nostrano anche a livello locale e addirittura nella sua principale roccaforte, la Lugano di Giudici. Chi l’avrebbe mai detto? Lugano era Giudici, Giudici era Lugano. Ora non più". 

Per il direttore del giornale bellinzonese dalle urne è scaturito un dato importante: la Lega, con l'avanzata anche a Mendrisio a scapito del PPD, ha dimostrato di avere gli uomini capaci di scalare gli esecutivi comunali. La sconfitta di Giudici pone ora alcuni interrogativi. Per Caratti  potrebbe farsi largo l'ipotesi di un abbandono dell'ex sindaco a favore del delfino Michele Bertini. Ma l'altro interrogativo posto dal direttore riguarda la gestione di importanti cantieri, primo fra tutti i LAC tanto odiato dalla Lega. 

"E non da ultimo, visto che la Lega è un movimento luganocentrico, come si muoverà la nuova maggioranza nei suoi rapporti col cantone? Pigerà o meno sull’acceleratore sulle richieste di Lugano a statuto speciale? Quanto al Plr è ora giunto il momento delle scelte più difficili: se Giudici avesse vinto o perlomeno pareggiato, sarebbe stato lui con pochi altri colonnelli a tracciare il corso del Plr cantonale. Invece la costola, lasciata crescere con troppi ammiccamenti, oggi ha definitivamente banchettato mangiandosi l’intero costato. Da dove ripartirà ora il Plr di Cattaneo, un partito che in pochi anni, dopo l’uscita di scena di Merlini, ha dilapidato il ‘patrimonio di famiglia’?" si chiede Caratti.   

Fabio Pontiggia, condirettore del Corriere del Ticino, sottolinea la crisi dei partiti storici, in particolare PLE e PPD, che cedono alla lega nelle loro roccaforti.  "I liberali radicali, dopo aver perso la capitale politica per la fuoriusci­ta di Brenno Martignoni e non averla saputa riconquistare quan­do il sindaco ribelle è stato estro­messo dal Municipio, perdono ora la capitale economica. Il PPD dice addio alla maggioranza assoluta nel polo mendrisiense (acciuffata quattro anni fa per un pugno di schede) e soprattutto viene retro­cesso a quarto partito, alle spalle del PS, a Lugano, con una forte, sorprendente perdita di consensi".

"Il conto più pesante è tuttavia quello che le urne hanno presen­tato ai liberali radicali. La sconfitta di Giorgio Giudici a Lugano è bru­ciante e gravida di implicazioni non solo sul piano cittadino. Quasi 1.500 voti di distacco da Marco Borradori sono molti, quasi due punti percentuali in termini di schede nella corsa per l'Esecutivo pure; il minivantaggio nella ripar­tizione dei seggi in Consiglio co­munale è una magra consolazio­ne. A parte le roccaforti storiche (Besso da un lato e i quartieri be­nestanti dall'altro), la base dei consensi all'ex partitone è franata, in particolare negli ex Comuni della cintura e a Molino Nuovo" scrive Pontiggia.

Ma quali le chiavi di lettura sula debacle liberale a Lugano? Per Pontiggia "La prima. Giudici è stato un grande sindaco, ma è stato sindaco troppo a lungo. È stato veramente l'archi­tetto della Nuova Lugano: ha attua­to una politica fatta di idee, progetti e realizzazioni e non solo o non tanto di proclami, tagli di nastri e apparizioni televisive. Ma 29 anni al potere quale (ottimo) sindaco (34 quale municipale) sono tanti, secondo non pochi cittadini sono troppi, per i rischi che questa lunga, quasi interminabile gestione del potere comporta, al di là del dinamismo e della capacità di visioni moderne che Giudici ha dimostrato di possedere intatti".

"Secondo aspetto - scrive il condirettore del CdT - finora poco considerato. La politica della concretezza, dei fatti, delle realizzazioni, in alternativa alla politichetta delle chiacchiere e dell'apparenza, è un valore inestimabile in democrazia. A una condizione: che poggi su solide basi finanziarie, che venga cioè supportata dalla disponibilità delle necessarie risorse. Negli ultimi anni questa condizione è venuta progressivamente a mancare: Lugano ha progettato, costruito e quindi speso troppo, più di quanto i principi di una corretta gestione della cosa pubblica - fondamentali nell'ottica liberale - permettessero. Non si possono fare le cose in grande, come sta facendo la Città, con un gap di 15 punti tra il moltiplicatore d'imposta aritmetico (che misura la realtà) e il moltiplicatore d'imposta politico (che esprime i desideri di chi siede nell'Esecutivo e nel Legislativo). Sui deficit e sui debiti lo ricordava il liberale Einaudi - non si costruisce nulla per il futuro. E Lugano oggi sta costruendo sui deficit e sui debiti". 

"La realtà presenterà il conto, molto pesante, nella nuova legislatura. E su questo fronte - vale a Lugano come vale sul piano cantonale - il ruolo guida e quindi la responsabilità spettano al Partito liberale radicale: se il PLR manca di lucidità e coerenza quanto a sostenibilità finanziaria delle politiche dei progetti e delle realizzazioni, prima o poi l'elettorato lo punisce" sostiene Fabio Pontiggia secondo il quale non c'è stato un effetto Bignasca, "in realtà su Palazzo Civico c'è stato soltanto un effetto Borradori. Il Nano è risultato sì terzo, davanti a Foletti, ma da morto ha preso gli stessi voti complessivi che aveva preso cinque anni fa da vivo (9.001 contro 8.990, con un corpo elettorale allargato). Senza Borradori in lista, l'ondata emotiva per la scomparsa del leader leghista non si sarebbe tradotta nell'ondata di consensi che invece c'è stata e che è stata determinante per il ribaltone in Municipio. La Lega, oggi più che mai, è Borradori. Lo sarà ancor più domani, tanto a Lugano quanto, di riflesso, in Ticino. E una Lega educata potrebbe dare ancor più filo da torcere agli altri partiti". 

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