“L’azienda agricola e il suo travaglio”, anche i Verdi si schierano in favore della famiglia Arcioni

LOCARNO – Anche i Verdi del Locarnese si esprimono sulla vicenda che vede protagonista la famiglia Arcioni, da dieci anni attiva con la propria azienda agricola a Bosco Gurin, che rischia ora lo sfratto delle sue cento capre.

E lo fanno senza mezzi termini, criticando aspramente una ‘burocrazia a compartimenti stagni’ che dimentica che dietro ai nomi di questo tipo di aziende ci sono famiglie, animali e un’economia locale da proteggere. Ecco quindi, in quanto segue, la presa di posizione inviata dai Verdi del Locarnese.

“La vicenda che vede la famiglia di contadini alle prese con la burocrazia e la giustizia fa rabbrividire non certo per la probabile ingenuità dei primi nel credere in questo sistema presunto civile, ma per la totale mancanza di visione globale e costruttiva che il mondo agricolo e suoi attori hanno messo in scena.

La perplessità sull’equa valutazione del caso da parte delle autorità competenti, è dovuta. Un iter di così lunga durata senza alcuna risoluzione attiva, forse lo si potrebbe anche pensare per economie allo sbando: il Canton Ticino è a questo punto? In cinque anni non c’è stata la possibilità di mettere insieme i tasselli per la sopravvivenza di un’azienda agricola di montagna? Possibile che si voglia ostinatamente lavorare in compartimenti stagni, senza un minimo di visione pratica, continuando a travolgere la forza lavoro attiva del Cantone fino a renderla così debole da dover essere sbattuta sulla strada? In tutto questo bel groviglio di risoluzioni, sfratto esecutivo e burocrazia esasperante a qualcuno è passato per la testa che dietro a un nome di un azienda agricola ci sono persone, famiglie, animali e un’economia locale?

Tanto si parla di mantenimento del territorio agricolo nelle valli, dello spopolamento dei paesi, ma quando si deve analizzare un caso nella concreta realtà ci si nasconde dietro regolamentazioni e leggi. La sventura della famiglia Arcioni non può assolutamente terminare con risoluzioni che sono un insulto alla dignità di chi lavora, per garantire in maniera formale una proprietà privata che tanto privata non è, visto che l’immobile in oggetto è stato presumibilmente sussidiato anche dal cantone.

Nel caso specifico aleggia altresì il dubbio che ci si sia accaniti per motivi puramente personali, e che lo sfratto in oggetto sia figlio di una ripicchia per un “torto” subito. Ricordiamoci che stiamo parlando di un’immobile agricolo che per valenza e funzione, è da considerarsi anche patrimonio della comunità oltre che del singolo proprietario. Siamo altresì dell’idea che il cittadino senza laurea in giurisprudenza, ed è la stragrande maggioranza della popolazione, debba essere comunque tutelato da un sistema che possa aiutare piuttosto che bloccare. Oggi il mondo agricolo è lasciato allo sbando e conseguentemente funzionari e quadri, in mancanza di visioni chiare date dalla politica, si limitano ad applicare rigidamente le leggi senza partecipare con il cuore ai progetti di vita di famiglie che decidono d’imboccare questa via.

Non vorremmo che di tutta questa faccenda ci si ricordasse solo delle dispute da Clan, preferiremmo di gran lunga che l’atteggiamento di Agrifutura venisse preso ad esempio, un associazione privata che scende in campo per tutelare gli interessi della categoria e della natura. Sarebbe auspicabile che la politica si attivi per far sedere attorno a un tavolo tutte le parti in causa, per trovare una soluzione che oltre all’urgenza, possa veramente risolvere i problemi e ridare slancio ad un’iniziativa lodevole che in una regione come Bosco Gurin, è da considerarsi parte di un sistema economico sano! Noi ci siamo”.