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15.10.2014 - 07:390
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Parla il negoziatore italiano: "Frontalieri? Dalla Svizzera serve coerenza...."

Il Corriere del Ticino intervista Vieri Ceriani che fa il punto sulla trattativa tra Svizzera e Italia: "Incide anche la votazione sul 9 febbraio"

ROMA/BERNA/BELLINZONA - Tante volte ci siamo chiesti quale sia la posizione dell'Italia in merito ad alcuni punti cruciali della trattativa fiscale in corso ormai da anni tra Roma e la Svizzera. E a parte qualche mezza frase strappata ai vari ministri dell'economia che si sono succeduti negli ultimi tempi, non ci era noto il pensiero italiano su i nodi che ad esempio stanno più a cuore al Ticino: primo fra tutti quello dei frontalieri.

Da oggi ne sappiamo un po' di più. Il Corriere del Ticino ha infatti intervistato Vieri Ceriani, l'uomo che in qualità di capo delegazione della parte italiana segue la trattativa sin dalla sua origine. E nella lunga chiacchierata con il quotidiano ticinese Ceriani entra nel merito di molte questioni spinose. Di seguito ne riassumiamo alcune. 

"Sorpresi dalle ultime richieste della Svizzera

"Di veri punti di attrito nella trattativa non ce ne sono, nel senso che c'è un accordo sul modo di procedere e sui contenuti da definire. Il fatto è che negli ultimi giorni da parte svizzera si è proposto di fare un negoziato bilaterale sullo scambio automatico di informazioni, un tema che da tempo, è stato detto, dovrà essere oggetto di un negoziato con l'UE. Aprire una trattativa bilaterale ci sembra del tutto improprio. Ricevere una proposta in tal senso, negli scorsi giorni, ha suscitato sorpresa. Stiamo discutendo un pacchetto che riguarda i frontalieri, la questione dei capitali non dichiarati detenuti in Svizzera da cittadini italiani, la revisione del trattato contro la doppia imposizione per recepire l'ultimo standard OCSE sullo scambio automatico di informazioni a richiesta, le black list, Campione d'Italia. È chiaro che se si apre un altro punto, il tutto rischia di diventare un barcone che affonda sotto il suo stesso peso".

"I nodi sulla tassazione dei frontalieri"

"Sulla questione dei frontalieri restano aperti aspetti importanti. Stiamo lavorando ad un cambiamento del sistema d'imposizione, che prevede la reciprocità e la divisione dei diritti di tassazione. Una parte del salario verrebbe tassata in Svizzera, l'altra in Italia.Bisogna intendersi sulle aliquote e sulle detrazioni. C'è anche una questione di non unicità dell'aliquota: in Svizzera c'è un imposta federale, una cantonale e una comunale; in Italia l'imposta è statale, con addizionali regionali e comunali. Il frontaliere svizzero che lavorerà in Italia sarà assoggettato all'Irpef per la parte statale, ma le addizionali regionali e comunali quali saranno? Resta ancora da definire".

"Più soldi al Ticino? Serve coerenza..."

"Da un punto di vista economico l'unica sua giustificazione è che aumentando il numero dei frontalieri il costo dei servizi aumenta più che proporzionalmente. Tecnicamente questo è un po' da dimostrare. Su un piano politico invece il discorso è diverso. Ma ci deve anche essere una coerenza di posizione. Da un lato si chiede di più perché i frontalieri sono aumentati, dall'altro si sta cercando di limitarne il numero a livello legislativo introducendo un sistema di contingenti e di tetti massimi, che annulla la libera circolazione. Questo mette in difficoltà l'Italia, che ha necessità di tutelare 60 mila frontalieri con le loro famiglie e 400 Comuni".

"Il 9 febbraio..."

"Incide in primo luogo sui rapporti con l'Unione europea, perché rischia di cambiare il quadro generale. L'applicazione del mandato costituzionale non è ancora stata definita, ma ci sono aspetti tecnici e politici che dobbiamo prendere in considerazione già oggi per non avere sorprese domani. Ad esempio, la materia previdenziale tra Svizzera e Italia è regolata da un regolamento comunitario, recepito dal trattato UE-Svizzera sulla libera circolazione. Se, sventuratamente, saltasse il trattato, occorre prefigurare una soluzione".

"Se la Svizzera disdice l'accordo...salta la trattativa"

Significherebbe in effetti la fine del negoziato a 360 gradi. Disdire unilateralmente questo accordo nell'ambito di una rinegoziazione è come, nell'ambito di un contesto diplomatico diverso, la minaccia di utilizzare l'arma atomica. D'altra parte, da negoziatore non capirei nemmeno la ragione di un simile passo. Perché di passi avanti, lo ripeto, ne abbiamo fatti.

"Siamo ottimisti: si può chiudere in tempi brevi"

"Se c'è la volontà di chiudere si può effettivamente arrivare ad un'intesa in poco tempo. Ma se questa trattativa si carica di troppe varianti legate anche al dibattito politico interno alla Svizzera le cose si complicano. Ritengo comunque possibile trovare un soddisfacente punto di mediazione sia dal punto di vista tecnico, sia politico, restando nei tempi che ci eravamo dati".

 

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