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22.10.2015 - 06:230
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Studio IRE, parla Rico Maggi: “Col cavolo che abbiamo colpe. Questa è la realtà, non le storielle di chi pensa di sapere già tutto sui frontalieri che rubano il lavoro ai ticinesi”

Le bordate del direttore dell’IRE dopo le critiche alla ricerca sul lavoro

LUGANO – “Col cavolo che abbiamo delle colpe. Questo Cantone ancora dopo vent’anni non è pronto ad accettare il ruolo dell’Università e della ricerca scientifica”. Dopo la bufera scatenata dalle conclusioni del “suo” studio, il direttore dell’IRE, Rico Maggi, interviene oggi in due interviste su Corriere del Ticino e LaRegione. Ed è un Maggi che non le manda certo a dire: difende le conclusioni del rapporto (“che è concluso”), ribatte alle polemiche e critica poi critica poi la Lega, Sergio Savoia e il presidente del Gran Consiglio Luca Pagani, del cui comportamento si dice sorpreso.

“Lunedì scorso – racconta –, durante la riunione di presentazione, avevo manifestato la mia disponibilità a rispondere a tutte le domande. Il presidente del Gran Consiglio ha interpretato male, come se si trattasse di un lavoro parziale. A questo punto spero che il Gran Consiglio mi faccia tutte le domande che ritiene”.

Per Maggi “è antipatico notare che s’inizia a fare polemica perché i risultati non sono quelli desiderati”. Ma non è del tutto sorpreso. “Che i contenuti non sarebbero stati apprezzati era chiaro e ne eravamo coscienti". Critiche con cui Maggi afferma di poter convivere, quello che il direttore dell’IRE non può accettare però è che “si spari su tutto l'istituto, sui suoi collaboratori e anche sull'USI. In questo senso sono molto amareggiato e pure arrabbiato: alcuni attacchi sono stati pura diffamazione. È incredibile come si possa ancora dire che se uno è italiano non lavora in modo serio”.

Le conclusioni dello studio relativo agli effetti della libera circolazione in Ticino, che sostiene, in sostanza, che non il fenomeno della sostituzione della manodopera non è provato e i candidati frontalieri vengono scelti perché hanno profili migliori, sono quindi queste: piacciano o meno. “La ricerca scientifica non si fa condizionare dalle polemiche politiche”, incalza Maggi. "Quello realizzato è uno studio scientifico che segue tutte le regole della professione e della serietà accademica. Perché dovremmo avere delle colpe dunque? Il nostro lavoro ricalca lo standard di come si fanno le cose in questo ambito e per il nostro concetto di ricerca scientifica sono state dette le cose in modo veritiero. Se poi il Ticino non vuole accettare una realtà, questa è un'altra storia, che non ha nulla a che vedere con la credibilità del nostro lavoro".

Insomma, se c’è qualcosa che rispecchia la realtà di questo Cantone, per Maggi, sono proprio i dati rappresentativi utilizzati e “non di certo le storielle di singole persone che pensano di sapere già tutto sui frontalieri che rubano il lavoro ai ticinesi. E qui mi chiedo perché si commissioni uno studio se poi non si accettano i suoi risultati”.

Proprio sulla commissione dello studio Maggi, che sulla Regione illustra il metodo utilizzato, muove due ultimi appunti. Il primo riguarda il modo in cui i risultati sono emersi. “La Seco – spiega – voleva presentare il lavoro con una conferenza stampa dove si sarebbe potuto rispondere a tutte le domande e a tutti i dubbi. Non s’è voluto e poi la cosa è uscita lo stesso sui media... Va beh!”

Il secondo, riguarda il DFE. Maggi si aspetta che “esca dal suo silenzio perché alla fine i nostri committenti sono la Seco e il Dfe, che hanno firmato il contratto. Nell’interesse dell’economia cantonale. Ma sono fiducioso”.

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