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29.11.2015 - 10:150
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il Mattino si scaglia contro la decisione del Governo a maggioranza leghista. Quadri: “Una calata di braghe incomprensibile quella sul certificato dei carichi pendenti”

Dure critiche dal direttore del domenicale alla decisione governativa, che definisce “una capitolazione inutile ed infausta”. Ma la decisione è stata presa all’unanimità

BELLINZONA – “La decisione del Consiglio di Stato di calare le braghe sulla richiesta del certificato dei carichi penali pendenti provoca quanto meno sorpresa: proprio non si vede quale disegno (ammesso che ce ne sia uno) stia dietro a quella che appare a tutti gli effetti come una capitolazione; fortunatamente solo parziale, ma sempre capitolazione”. Parola di Lorenzo Quadri.

Il direttore del Mattino si scaglia quest’oggi dalle colonne del domenicale contro una delle decisioni governative che più ha tenuto banco questa settimana: la rinuncia alla richiesta di presentazione del certificato dei carichi pendenti per i permessi B e G. Quadri parla quindi di una “capitolazione inutile ed infausta”, accusando il Consiglio di Stato di aver calato, nuovamente, le braghe.

La decisione è stata però presa dal Consiglio di Stato all’unanimità, due ministri leghisti compresi. L’accusa, politicamente, è quindi non da poco.

Quadri ricorda i motivi, la sicurezza, che avevano spinto Gobbi a introdurre il giro di vite e gli elementi che rendono valida la richiesta anche dei carichi pendenti. “Au­torizzare un cittadino straniero a risiedere in Ticino non è cosa da prendere alla leggera. Tanto più che sappiamo be­nissimo che un permesso, una volta rilasciato, diventa poi molto difficile non solo da revocare, ma anche da non rinnovare alla sua scadenza. C’è sempre il leguleio o il tribunale di turno che si mette in mezzo”.

E’ evidente, aggiunge, “che la sicurezza dei citta­dini ticinesi deve avere la priorità. Di conseguenza, è normale ed anzi do­veroso raccogliere tutte le informa­zioni a disposizione prima di rilasciare un permesso di dimora a chicchessia”. Nonostante l’estratto dei carichi pendenti non sia un oracolo (non contiene le condanne cresciute in giudicato e vale pur sempre la presunzione di innocenza), “le informazioni che vi si trovano sono interessanti. So­prattutto coi tempi che corrono. Sa­pere che un aspirante permesso B è, tanto per fare un esempio, sospettato di connivenza con l’ISIS, è sicura­mente un’informazione di cui vale la pena disporre. Di conseguenza, non si capisce proprio dove voglia andare a parare il Consiglio di Stato: prima si dota di uno strumento per disporre di più informazioni, e poi rinuncia?”

Dove intende andare, o meglio, parare, il Governo lo ha chiarito nella lettera inviata al capo della Segreteria di Stato per le questioni internazionali Jacques De Wattewille (vedi suggeriti). Il Consiglio di Stato ha voluto lanciare il guanto di sfida ai negoziatori dei rapporti italo-svizzeri: noi vi leviamo di mezzo quello che voi giudicavate un intralcio per la buona conclusione delle trattative, ma ora non avete più scuse per portare a casa un risultato migliore di quello che avete fin qui ottenuto, è in buona sostanza il messaggio dato.

Ma, ribatte Quadri, “la tesi della rinuncia alla richiesta del casellario per spianare la strada alle trattative con l’Italia, è chiaro, non sta in piedi. Per vari motivi”.

Il direttore del Mattino ricorda quindi come andarono gli ultimi incontri tra la Deputazione ticinese alle Camere federali, la ministra Widmer-Schlumpf e De Watteville, dove è stato indicato più volte che le criticità nelle trattative con l’Italia sono tre: la richiesta dell’estratto del casellario giudiziale, la richiesta del certificato dei carichi pendenti, e il moltiplica­tore d’imposta dei frontalieri.

Quindi, scrive Quadri, “non è toglien­do una sola di queste presunte pietre d’in­ciampo che la strada si spiana. Ma il bello è che non si spiane­rebbe nemmeno to­gliendole tutte. Infatti, questi impedi­menti sono, semplice­mente, dei pretesti. Scuse del Belpaese per non arrivare alla conclusione di ac­cordi per cui non ha più alcun interesse: ha già ottenuto gratis lo scambio au­tomatico d’informazioni. Quindi, non ha motivi per fare concessioni agli svizzerotti. I quali, grazie alla ministra del 4%, hanno malamente sprecato le carte in loro possesso”.

“Non possiamo credere che il governo pensi seriamente che la calata di bra­ghe sul certificato dei carichi pen­denti possa portare a qualcosa”, incalza Quadri ricordando come andarono le cose con lo sblocco dei ristorni. “Non facciamoci dunque illusioni sul fatto che, in caso di rea­zione “insoddisfacente” da parte ita­liana, si potrà fare retromarcia e quindi rimettere in vigore la richiesta del certificato dei carichi penali”.

Quadri punta quindi il dito sulla reazione avuta da parte italiana e le dichiarazioni del governatore della Lombardia Roberto Maroni, “che per l’ennesima volta ha sputato nella mano tesa ticinese”: “Non solo ha detto che, in sostanza, della retromarcia com­piuta se ne fa un baffo, ma si è anche permesso di tornare a suonare la manfrina dei rapporti di buon vici­nato e – massimo della tolla! – di mi­nacciare i ticinesotti”.

Già solo la reazione di Maroni, conclude, “avrebbe più che giustificato la rein­troduzione immediata della misura incautamente sacrificata. Ma pur­troppo il Consiglio di Stato ha calato le braghe senza motivo e senza pro­spettive, toppando alla grande”.

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