POLITICA E POTERE
Orari dei negozi, UNIA: "Siamo delusi". E punta il dito contro l'OCST. Il sindacato crisitano sociale: "Ora il contratto collettivo"
UNIA, promotore del referendum sull'estensione degli orari di apertura, commenta il sì del popolo ticinese e polemizza con i colleghi dell'OCST
BELLINZONA - Il sindacato Unia prende atto con una certa delusione dell'approvazione della nuova legge sugli orari di apertura dei negozi dei negozi da parte della popolazione ticinese. "Con una percentuale di no del 40 per cento - scrive UNIA in un comunicato - si può tuttavia affermare che una fetta importante di ticinesi non condivide il processo di liberalizzazione e deregolamentazione nel settore della vendita, il che dovrà indurre la politica alla prudenza, sia a livello cantonale sia a livello federale. Il risultato di oggi dovrebbe inoltre far riflettere un sindacato come Ocst che, invece di schierarsi dalla parte del personale, ha condotto una campagna a sostegno della legge e dunque degli interessi della grande distribuzione. Un comportamento incomprensibile per il quale Ocst dovrà assumersi tutte le sue responsabilità davanti alle lavoratrici e ai lavoratori che in futuro dovranno fare i conti con giornate di lavoro ancora più pesanti e con un aumento del lavoro festivo e domenicale". "Unia, dal canto suo - prosegue la nota - proseguirà il suo impegno al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori, contro ogni ulteriore estensione degli orari, a salvaguardia delle persone, della famiglia e del territorio. Anzi, alla luce della disponibilità a discutere di un Contratto collettivo di lavoro (Ccl) di obbligatorietà generale per l'intero settore, dichiarata durante la campagna referendaria sia dall'autorità cantonale sia dai vertici delle associazioni padronali, Unia rilancia l'invito alle parti a sedersi attorno a un tavolo per avviare immediatamente un confronto serio per giungere a un Ccl degno di questo nome. Del resto, tenuto conto della situazione difficile in cui versa il settore (testimoniata dai numerosissimi casi di dumping) e della preoccupazione espressa oggi da 4 ticinesi su 10 per le condizioni di lavoro delle venditrici e dei venditori, sarebbe incomprensibile e inaccettabile lavorare a un Ccl che abbia come unico obiettivo quello di garantire una rapida entrata in vigore della legge senza dare risposte ai problemi e alle preoccupazioni del personale". "Unia Ticino - termina il comunicato - auspica infine che il risultato tirato di oggi in Ticino serva da monito ai consiglieri nazionali che proprio domani dovranno esprimersi sulla Legge federale sugli orari di apertura dei negozi che mira a estendere le aperture ben oltre gli orari che erano contenuti nella legge approvata dai ticinesi e cioè dalle 6 del mattino alle 8 di sera in tutto il paese".Il sindacato OCST, dal canto suo, sottolinea come "chi si è recato al voto ha colto l’opportunità unica di vincolare il tema delle aperture dei negozi all’entrata in vigore di un Contratto collettivo di lavoro ed ha impresso al settore del commercio un chiaro indirizzo: grazie ad un emendamento dei deputati cristiano-sociali in Gran Consiglio, i nuovi orari di apertura dei negozi entreranno in vigore solo con la firma di un CCL"."La palla - prosegue il sindacato cristiano sociale - da domani mattina, torna pertanto nel campo dei commercianti: spetta infatti alla Federcommercio - ma in particolare alla grande Distribuzione (DISTI) - sedersi al tavolo delle trattative, senza ostruzionismo ed egoismo consumistico, per concertare con i sindacati una soluzione contrattuale degna di questo nome. Il personale di vendita, i consumatori, il Parlamento e, non certamente da ultimo, il Popolo ticinese pretendono ora dai commercianti un comportamento responsabile, attivo e conseguente per non rendere inutile il voto di oggi. Il fallimento o la riuscita della soluzione legislativa adottata oggi è interamente nella mani dei commercianti: in assenza di un CCL, la Legge votata oggi non entrerà in vigore".
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