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07.03.2016 - 10:490
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Suicidio assistito nelle case per anziani e negli ospedali, Cavalli: preferite che per suicidarsi gli ammalati si buttino dalla finestra o dalle scale?

Durissimo intervento dell'oncologo contro i deputati della Commissione sanitaria che all'unanimità hanno deciso di respingere la proposta: "Negano un diritto fondamentale. Spero che il Gran Consiglio ribalti la decisione"

BELLINZONA - Suicidio assistito nelle case per anziani e negli ospedali: il dibattito continua. In vista della discussione in Gran Consiglio vi proponiamo l'intervento di Franco Cavalli pubblicato ieri dal Caffé. A differenza della Commissione sanitaria che si è schierata all'unanimità contro a proposta di Michela Delcò Petralli, l'oncologo ticinese appoggia l'iniziativa presentata dalla coordinatrice dei Verdi, attaccando duramente i deputati che la ostacolano.

Di Franco Cavalli*

La Commissione sanitaria del Gran consiglio ha recentemente bocciato l’iniziativa parlamentare dei Verdi, che proponeva di permettere il suicidio assistito negli ospedali e nelle altre istituzioni sanitarie, come è oramai già il caso in diversi cantoni. Questo rifiuto secondo me offende, come vedremo in seguito, un elementare diritto di giustizia, ma ciò non sorprende più di tanto tenuto conto dell’oscurantismo che attualmente prevale in Ticino e di cui il risultato del voto di domenica scorsa sull’iniziativa disumana dell’Udc è stata un’ulteriore prova, dato che abbiamo fatto addirittura ben peggio di quei cantoni che vengono appunto definiti della Svizzera primitiva.

Ma cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sul suicidio assistito. Secondo il codice penale, l’aiuto al suicidio non è punibile, se non nei casi in cui viene fornito per scopi di lucro. Contrariamente poi a quanto generalmente si crede, l’aiuto al suicidio non è punibile non solo nel caso di pazienti terminali, ma anche se viene fornito persono a persone sane, purché naturalmente in pieno possesso delle loro facoltà mentali.

Ogni tentativo di inasprire questa legislazione è sempre stato sonoramente bocciato in ripetute consultazioni popolari. Questa disposizione di legge, che risale a prima ancora della seconda guerra mondiale, riconosce quindi esplicitamente la fondamentalità del diritto al suicidio e questo per ogni persona. Nonostante ciò, in Ticino, per ragioni politiche ed ideologiche, l’assistenza al suicidio non viene permessa negli ospedali e nelle altre istituzioni sanitarie, situazione a cui l’iniziativa dei Verdi vuole ora ovviare. In pratica, quindi, da noi attualmente l’assistenza al suicidio può avvenire solo a domicilio. È da qui che nasce quell’ingiustizia che la Commissione sanitaria del Gran Consiglio vorrebbe perpetuare. Come la mettiamo, difatti, con tutti quei pazienti talmente ammalati da non poter tornare a domicilio o con tutte quelle persone anziane, che del domicilio non hanno più neanche l’ombra? A questo punto forse sarà meglio spiegare al lettore in cosa consiste questo aiuto al suicidio. In pratica il medico deve scrivere una ricetta, seguendo la quale il farmacista prepara un miscuglio di farmaci, che vengono sciolti nell’acqua. La persona che vuole suicidarsi deve quindi bere, senza nessun aiuto esterno (altrimenti saremmo nel campo dell’eutanasia attiva) questo liquido, che nel giro di un paio di minuti lo farà dolcemente e profondamente addormentare, dopodiché alcuni minuti più tardi ci sarà l’arresto cardiaco.

Per tutte queste persone, che non possono recarsi al loro domicilio per bere questa pozione letale, il rifiuto dei gran consiglieri può quindi solo significare che si nega loro un diritto fondamentale, cioè quello al suicidio, a meno, ma non voglio sperare che si arrivi a tanto, che si preferisca piuttosto, se proprio vogliono suicidarsi, che debbano buttarsi dalla finestra o dalle scale. C’è da sperare che in parlamento si riesca a ribaltare la situazione, evitando così che si debba ricorrere magari al lancio di un’iniziativa popolare, che avrebbe comunque ottime probabilità di successo.

*Oncologo

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