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Politica e Potere
12.11.2016 - 13:570
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Quando è Trump è troppo! Giuliano Ferrara non esulta per la vittoria di The Donald: "Un tipo che piace al Ku Klux Klan. Una parte della società americana si è vendicata malamente con uno sfregio disperato"

Il giornalista e politico italiano, tra i più accaniti sostenitori di Berlusconi e Bush, va controcorrente sull'elezione del miliardario repubblicano alla Casa Bianca: "Un castigo di Dio che il paese della più antica democrazia costituzionale (scritta) del mondo si è inflitto per antiche frustrazioni, per una nuovissima rivolta contro la cultura del piagnisteo politicamente corretto, ma interpretata da un uomo cinico e fraudolento"


ROMA - È stato un accanito sostenitore di Silvio Berlusconi e di George W Bush. E lo è ancora oggi. Ma Giuliano Ferrara si smarca dall'euforia di una parte della destra europea per la vittoria di Donald Trumo. A lui il neo presidente degli Stati Uniti proprio non piace.

 

Lo ha scritto in un articolo pubblicato sul Foglio, il giornale che ha fondato e diretto fino a poco tempo fa.  Il presidente dei linciatori, prodotto di quella ugly America che provoca nausea in tanta gente oggi umiliata e disfatta - scrive Ferrara - è un tizio che comprò una pagina di giornale per chiedere l'esecuzione sommaria di cinque ragazzi afroamericani accusati di stupro in Central Park, e che dopo la loro assoluzione via Dna seguita a molti anni di prigione e a una condanna ingiusta, ha ribadito per piacionismo di serie B che erano colpevoli appena due settimane fa, uno che mette la colpa prima del giudizio ed è anche capace di cancellare il verdetto garantista, uno che usa la sua celebrity billionaire come elemento sufficiente per sforzare e offendere la dignità femminile nel più osceno dei linguaggi e comportamenti, uno che ho visto lodare in tv a New York, alle tre di notte, lo spirito di servizio di Hillary Clinton contro la quale aveva scatenato il grido "Lock Her Up!", in galera, nel corso di tutta la campagna elettorale.

 

 

Secondo il giornalista e politico italiano, la vittoria di Trump "è stata una cosa serissima, urtante, un castigo di Dio che il paese della più antica democrazia costituzionale (scritta) del mondo si è inflitto per antiche frustrazioni, per una nuovissima rivolta contro la cultura del piagnisteo politicamente corretto, ma interpretata da un uomo cinico e fraudolento. Qui non si hanno pregiudizi contro gli oustider, è noto, a patto che abbiano una natura liberale e sorridente. Qui il pol. corr. non ha mai avuto sostenitori, anzi nemici agguerriti in nome della libertà di pensare, di dire, di sentire fuori dalla corrente dominante e dai comportamenti obbligati. Qui le storie libertine divertono, non indignano, anche negli uomini pubblici, e il rettorato di Harvard che esclude dal campionato ragazzi che parlano delle ragazze nello spogliatoio per noi meriterebbe il premio Ilda la Rossa. Ma essere scippati nel ruolo da un tipo che piace al Ku Klux Klan è troppo anche per dei realisti che non hanno mai avuto paura di sporcarsi le mani e la reputazione nel confronto con la realtà e le sue dure repliche".

 

"Per decenni - conclude Ferrara - università, gruppi intellettuali, case editrici, politici corrivi, star liberal e premi Nobel vari, hanno diffuso misofilia, omofilia, islamofilia, riluttanza in politica estera, tutta una "deferenza" verso le vittime della storia da riabilitare in una stupida e colossale affirmative action globale, mettendo in discussione la diversità di genere perfino nell' uso dei cessi pubblici in nome di una diversità come somma delle minoranze di tutti i generi, e si sono scordati di un pezzo della società che ora si è malamente vendicato con uno sfregio disperato. Hanno considerato criminali le guerre culturali e le guerre difensive e libertarie dei conservatori con la testa sulle spalle, di chi avvertiva che non si può trattare come una pezza da piede la vita umana nascente, che l' accoglienza ha dei normali limiti sociali e politici, che l'islam è politico, è radicale e guerresco, egemonista e sempre potenzialmente jihadista. Bene, anzi male. Ora Obama e Michelle con il suo orto lasceranno un' eredità privata e retorica, ma il lascito pubblico e politico di otto anni dell' èra post Bush, accoppiata alla scomparsa virtuale e adesso reale del Grand Old Party, si chiama The Donald. Ben scavato, vecchia talpa".

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