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22.06.2017 - 12:490
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il pasticciaccio Argo 1 tra sapevamo e non sapevamo, tra versioni poco convincenti e ritrattazioni... Una giungla di dubbi che getta ombre sulla conduzione politica e amministrativa del Dipartimento di Beltraminelli. Dopo il 'contrordine compagni' di Sche

Ricapitoliamo la vicenda del mandato all’agenzia di sicurezza Argo 1, finita nei mesi scorsi nella bufera giudiziaria che ha fatto emergere le irregolarità amministrative. È un esercizio di memoria fondamentale per capire gli ultimi sviluppi del caso. Le domande sono ovvie: per quale motivo Scheurer ha cambiato versione? E qual è la verità?

di Marco Bazzi

Questa storia della ritrattazione di Renato Scheurer, responsabile dell'Ufficio del sostegno sociale, sul mandato alla Argo 1 (leggi qui), non è affatto convincente. Anzi! Getta ulteriore fumo su una vicenda già a dir poco nebulosa.

L’improvviso ‘contrordine compagni!’ di Scheurer sembra una scena fantozziana, tanto è clamorosa e poco credibile. Ma c’è poco da ridere o da sorridere, perché qui stiamo parlando di un caso politico molto serio, per non dire grave.

Ricapitoliamo brevemente la vicenda del mandato all’agenzia di sicurezza Argo 1, agenzia finita nei mesi scorsi nella bufera giudiziaria che ha fatto emergere le irregolarità amministrative. È un esercizio di memoria fondamentale per capire gli ultimi sviluppi del caso.

Il mandato diretto alla Argo 1 riguardava la gestione della sicurezza nei centri rifugiati sottoposti al Cantone. Il Dipartimento socialità, come ha spiegato in marzo in Parlamento il ministro Paolo Beltraminelli, aveva stipulato un contratto di prova per verificare l’idoneità della Argo 1, valido dal 27 luglio al 31 dicembre 2014.

“Il contratto – ha detto Beltraminelli – è stato firmato da me e dal capo della Divisione dell’azione sociale Claudio Blotti. L’esperienza è stata positiva, e il mandato è stato dunque confermato agli stessi prezzi iniziali”.

Il ministro ha aggiunto che l’accordo “é stato continuato in modo tacito, ma è mancato un feed back nei miei confronti. La Divisione ha provveduto a rinnovi taciti. Del resto non si trattava di un compito nuovo, che qualcuno si era inventato, ma dell’estensione di un compito attribuito al DSS”.

Quindi si è andati avanti così, fino a sfiorare in circa tre anni la ragguardevole cifra di tre milioni e mezzo di franchi. Superando dunque ampiamente il tetto previsto dalla legge per i mandati diretti (150'000 franchi), anche quando la clausola dell’urgenza (che si poteva invocare nei primi mesi, di fronte all’emergenza rifugiati) era ragionevolmente venuta a cadere.

In altre parole, quello che si sarebbe dovuto fare era assegnare provvisoriamente il mandato alla Argo 1 (se proprio si voleva puntare su quell’agenzia), e poi, qualche mese dopo aprire un concorso pubblico e regolarizzare la situazione. In ogni caso, quel mandato avrebbe dovuto ottenere la ratifica del Consiglio di Stato e non solo del Dipartimento interessato, che non aveva la delega per firmarlo.

Beltraminelli ha giustificato il mandato non solo con l’emergenza rifugiati, ma anche con il principio dell’uso parsimonioso del denaro pubblico: la Argo 1 praticava infatti tariffe nettamente inferiori a quelle della concorrenza: “Con le tariffe applicate dalla precedente agenzia avremmo speso circa un milione in più”, ha spiegato il ministro.

Ma seri dubbi sorgono anche sull’opportunità di assegnare un compito di tale portata, e di tale importanza, a un’agenzia che allora aveva soltanto tre dipendenti e che aveva appena subito un cambiamento di ragione sociale. Diciamo dunque che anche i criteri di idoneità (che sono un pilastro nella legge sulle commesse pubbliche) sono stati valutati decisamente alla leggera…

Per di più, il mandato alla Argo 1 non è stato inserito nella lista sulle commesse pubbliche ad aggiudicazione diretta che il Cantone pubblica ogni anno, anche perché superava di gran lunga la soglia finanziaria fissata dalla legge.

“I mandati – ha spiegato sempre in Parlamento Beltraminelli - non sono stati pubblicati nella lista delle commesse pubbliche per un semplice motivo: per la conseguenza automatica dell’assenza di una ratifica formale da parte del Governo. Ma nell’elenco 2016 quel mandato figurerà”.

Ricapitoliamo adesso gli sviluppi recenti del caso, tornando alla ritrattazione di Scheuer. Durante le audizioni di fronte alla Sottocomissione parlamentare di vigilanza, coordinata dal deputato Alex Farinelli, i due funzionari che hanno gestito il mandato alla Argo 1, Scheuer e Blotti, appunto, hanno fornito due versioni diametralmente opposte.

L’ex direttore della Divisione dell'azione sociale, Blotti, che ora dirige l’azienda di trasporti FART a Locarno, ha affermato che non ci si era accorti che mancava la risoluzione governativa per il mandato. Mentre il responsabile dell'Ufficio del sostegno sociale, Scheurer, ha detto che già dal 2015 ci si era resi conto dell’errore, ma ciò nonostante non si è posto rimedio.

Per la precisione, ha dichiarato di fronte ai parlamentari: "Si è ritenuto che si sarebbe dovuto fare, ma non si è fatto perché eravamo troppo presi dall'attività. In quel momento non conducevamo, ma facevamo andare avanti i lavori. Eravamo troppo coinvolti nell'attività. Ripeto. Siamo consapevoli di aver sbagliato".

Ma qui ci sorge un altro dubbio: si continua a parlare soltanto della ‘risoluzione governativa’. Lo ha fatto Beltraminelli in Parlamento, lo hanno fatto i due funzionari durante le audizioni. Ma si trascura il fatto che, passata la fase di emergenza, questo servizio andava messo a concorso, come il Governo ha fatto recentemente per la gestione del centro migranti di Rancate.

Vale anche la pena di ricordare cosa ha scritto nel suo rapporto al Gran Consiglio la Sottocommissione vigilanza: "Tenuto conto che il capodivisione (ndr: ex capodivisione) Blotti è noto per essere molto preciso e, rispettivamente, aveva dimestichezza con gli aspetti procedurali risulta difficile credere che non si fosse mai accorto di quanto stava accadendo all’interno del suo Ufficio. La discordanza tra le due versioni, quella di Blotti che afferma di non essersi mai accorto di nulla e quella di Scheurer che non solo afferma che vi fu consapevolezza già a partire dal 2015 che si stavano violando le procedure, ma anche che il tema fu affrontato più volte con lo stesso Blotti, sollevano più di un punto interrogativo”.

Insomma, i deputati hanno messo in dubbio la versione di Blotti. Ora però, ed è notizia di oggi, Scheurer ha ritrattato la sua versione. In una mail inviata a Farinelli, seguita ad ad una telefonata al deputato e capogruppo del PLR,  Scheurer sostiene di non essersi mai reso conto della mancanza di una risoluzione governativa e quindi di non aver mai suggerito al suo superiore Blotti di redigerla per sistemare dal profilo amministrativo l’attribuzione del mandato.

Se, come scrive la Sottocommissione nel suo rapporto, “è difficile credere che Blotti non si fosse mai accorto di quanto stava accadendo all’interno del suo Ufficio”, è altrettanto impossibile credere che Scheurer non avesse capito la domanda che gli era stata posta durante l’audizione. Perché dell’errore procedurale (gestione di un mandato senza ratifica governativa) ha parlato più volte e tutto quel che ha detto è stato registrato e verbalizzato. Le domande sono ovvie: per quale motivo Scheurer ha cambiato versione? E qual è la verità?

A questo punto, il caso Argo 1 diventa una giungla di dubbi che vanno sciolti e chiariti, anche per le implicazioni e le ombre che gettano sulla conduzione politica e amministrativa del Dipartimento. Nel senso: la menzogne in questa vicenda non si possono accettare. Anche se, alla fine, si accertasse che è stata tutta una catena di leggerezze… Perché le leggerezze possono diventare sabbie mobili.

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