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08.08.2017 - 09:040
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Stefano Modenini show! Il direttore di AITI: "Tra i 3'000 e i 3'500: se no più disoccupazione tra i residenti e meno contratti collettivi. Tra i sostenitori del salario minimo c'è chi considera gli imprenditori dei criminali"

Il direttore di AITI entra a gamba tesa nel dibattito: "Due terzi dei beneficiari sarebbero lavoratrici e lavoratori che vivono in Italia e i giornali italiani si sono subito affrettati a propagandare il messaggio che in Ticino presto si guadagneranno almeno 3.000 euro lordi al mese. Per i redditi più base c'è l'aiuto sociale finanziato dai più benestanti"

BELLINZONA - La sentenza del Tribunale Federale sul caso del Canton Neuchâtel, ha inevitabilmente riattizzato anche in Ticino il dibattito politico sul salario minimo.

 

Nel nostro Cantone è ormai pendente da tempo una legge di applicazione per l’iniziativa costituzionale approvata dal popolo “Salviamo il lavoro in Ticino”. E ora che il TF ha fissato alcuni paletti, i promotori (Verdi) e gli altri sostenitori dell’iniziativa (in particolare i socialisti), spingono affinché si proceda spediti verso la meta. Dall’altra parte il mondo dell’economia fa i suoi distinguo e frena.

 

Quest’oggi, dalle colonne del Corriere del Ticino, interviene Stefano Modenini. Il direttore di AITI attacca la controparte accusata di considerare “gli imprenditori ticinesi, dunque molti proprietari d’azienda ma anche artigiani, commercianti e liberi professionisti, degli approfittatori e dei criminali.

 

Modenini, nel suo scritto, sottolinea le differenze fra Ticino e Neuchâtel: “Per intenderci, secondo gli esperti incaricati dal Consiglio di Stato di valutare la situazione, un salario minimo di 3.500 franchi mensili potrebbe comportare una minore occupazione di circa 1.500 persone e costare oltre 200 milioni di franchi di massa salariale aggiuntiva. Due terzi dei beneficiari sarebbero lavoratrici e lavoratori che vivono in Italia e i giornali italiani si sono subito affrettati a propagandare il messaggio che in Ticino presto si guadagneranno almeno 3.000 euro lordi al mese. L’altro pericolo che Governo e Parlamento corrono se non definiranno una soluzione equilibrata è quello dell’abbandono dei contratti collettivi di lavoro”.

 

“Qualora Governo e Parlamento optassero per la soluzione del salario minimo unico - afferma Modenini nel suo pezzo pubblicato sul CdT - dovrebbero trovare una soluzione equilibrata fra i 3.000 franchi mensili che il Consiglio di Stato stesso fissa in diversi contratti normali di lavoro e i 3.500 franchi mensili richiesti dai sindacati”. E ammonisce: “Non crediamo che Consiglio di Stato e Gran Consiglio vogliano scegliere soluzioni che comportino una maggiore disoccupazione fra i residenti.

 

“È evidente - conclude Modenini - che in Ticino vi è un problema di salari bassi, soprattutto all’inizio dell’esperienza lavorativa, così come è doveroso ricordare che per i redditi più bassi esiste l’aiuto sociale finanziato in maniera importante dai redditi dei più benestanti. Il salario da solo non può essere la sola risposta alle esigenze di reddito delle persone legate al costo della vita in Svizzera”.

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