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Politica e Potere
15.05.2018 - 07:540
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Verso un nuovo blocco? I ristorni dei frontalieri irrompono di nuovo nell'agenda della politica cantonale. Il Governo ne parlerà domani, oggi il Parlamento

In tutto questo va ricordato che in Italia prosegue la paralisi post elezioni. E senza un Governo a Roma non esiste un interlocutore con cui avviare, o proseguire, qualsiasi tipo di trattativa

BELLINZONA - Il tema dei ristorni torna prepotentemente d’attualità nell’agenda della politica ticinese. Il Consiglio di Stato, infatti, si chinerà domani sulla proposta di Claudio Zali: il neo presidente ha infatti avanzato l’idea di vincolare il versamento all’Italia di una parte dell’imposta alla fonte dei frontalieri, alla conclusione di alcune opere infrastrutturali e di interventi ambientali. Il Governo ha tempo fino al 30 di maggio per prendere una decisione.

 

Sulla tematica, però, è pronto a intervenire anche il Gran Consiglio. Secondo quanto riferisce il Corriere del Ticino, infatti, la Commissione della Gestione, già questa mattina, potrebbe prendere una posizione. L’assist per una decisione, infatti, è offerta da una mozione del PPD che chiede al Consiglio di Stato di avviare delle trattative con le autorità italiane affinché i ritorni vengano utilizzati per il finanziamento di opere in favore della mobilità transfrontaliera. Una proposta non dissimile da quella di Zali.

 

Sulla mozione ci sono due rapporti. Uno favorevole, redatto dal presidente del PPD Fiorenzo Dadò, con probabile appoggio da parte della Lega, e uno contrario, del deputato PLR Matteo Quadranti, che dovrebbe trovare il sostegno dei socialisti.

 

Per Quadranti, riferisce sempre il CdT, “si tratta di uscire dalla situazione di stallo ma questo lo si potrà ottenere molto più probabilmente in un rapporto bilaterale di negoziato e non sulla base di atti di forza e unilaterali come il blocco dei ristorni, le disdette o le cause giudiziarie per asserite violazioni dell’accordo che dovrebbero restare le ultime ratio sempre che vi sia un tornaconto chiaro e immediato per i ticinesi”.

 

Dadò, dal canto suo, evidenzia che “la situazione relativa all’accordo sulla fiscalità dei frontalieri è tutt’altro che chiara ed è quindi ipotizzabile che – almeno nel breve-medio periodo – la questione continuerà ad essere retta dall’attuale accordo del 1974 e il sistema dei ristorni continuerà quindi a sopravvivere almeno per qualche anno”. Di conseguenza “in questo contesto bene si giustifica quindi la richiesta al Consiglio di Stato, per mitigare le conseguenze negative – per l’ambiente per la mobilità – dell’afflusso massiccio di manodopera frontaliera in Ticino”.


In tutto questo va ricordato che in Italia prosegue la paralisi post elezioni. E senza un Governo a Roma non esiste un interlocutore con cui avviare, o proseguire, qualsiasi tipo di trattativa. 

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