Tanti slogan per raccontare la frustrazione dei funzionari pubblici – insegnanti, infermieri, poliziotti - che hanno protestato contro il previsto taglio del 20% delle rendite a partire dal 2024
BELLINZONA - Oltre tremila persone sono scese in piazza nel tardo pomeriggio di ieri, mercoledì 28 settembre, a Bellinzona per protestare contro il taglio del 20% alle rendite pensionistiche. Un corteo che si è ingrossato come un fiume fino a giungere in piazza Governo. “Più che un pilastro è un grissino“, “Giù le mani dalle pensioni”, “Secondo disastro”, “Vado a scuola tutti i giorni… da grande farò il barbone?”, “In pensione come Fantozzi”...
Tanti slogan per raccontare la frustrazione dei funzionari pubblici – insegnanti, infermieri, poliziotti - che hanno protestato contro il previsto taglio del 20% delle rendite a partire dal 2024. Un taglio che si aggiunge alla riduzione del 20% già subita dagli affiliati all’Istituto di previdenza del Canton Ticino nel 2013. Parliamo di 16'000 persone, il 7% della forza lavoro ticinese.
“Bisogna smettere di denigrare i funzionari e il servizio pubblico”, ha detto il capitano della Polizia cantonale Giovanni Capoferri, che ha aperto i discorsi. I dipendenti pubblici non voglio pagare “un conto che non è il nostro”. Insomma, il risanamento della Cassa pensioni non fa finanziato sulle spalle dei funzionari.
Ieri la Rete per la difesa delle pensioni (ErreDiPi) e i sindacati hanno riempito le piazze come in Ticino non accadeva da molti anni. Alessandro Frigeri, docente liceale a Lugano, che fa parte della Rete nata quest’estate è uno degli artefici del successo della protesta: “Siamo riusciti a coinvolgere lavoratori di diversi settori, innescando una dinamica ‘dal basso’ che ha mobilitato anche i sindacati”.
La protesta è iniziata già in giornata in diversi luoghi di lavoro, come le scuole. Ma è soprattutto dalla piazza gremita che è venuto un chiaro segnale politico. La piazza, afferma il sindacalista Giorgio Fonio, che è anche vicepresidente del Centro (PPD), esprime l’esasperazione di una classe di lavoratori e di lavoratrici che non vuole più essere lo strumento per il risanamento delle casse cantonali. E Fonio non esclude uno sciopero del personale pubblico se non si troverà un accordo con il Governo.