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Secondo Me
04.11.2015 - 17:090
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

L’imprenditoria e lo studio IRE. Albertoni: “Surreale campagna denigratoria. Peccato, lo sviluppo del Cantone non sembra essere la priorità di certa parte politica”

SECONDO ME: “Aver fatto a pezzi lo studio ancora prima di poterne discuterne è un’ulteriore occasione persa per affrontare in maniera approfondita uno dei temi più delicati della nostra realtà economica e sociale”

di Luca Albertoni*

La recentissima assemblea generale ordinaria della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (Cc-Ti) è stata l’occasione per il passaggio di consegne alla presidenza da Franco Ambrosetti a Glauco Martinetti.

Immutata resta la linea di difesa delle libertà, quella imprenditoriale in particolare, essenziale per il benessere e lo sviluppo del Cantone. La linea per i prossimi anni è chiara: conferma della nostra indipendenza e impegno ancora più strenuo a tutela della parte sana dell’imprenditoria cantonale, che è chiaramente prevalente su chi mira a non rispettare le regole. Peccato che lo sviluppo del cantone non sembri essere una priorità di alcune parti della politica, affaccendate piuttosto in continue polemiche e ripicche da campagna elettorale.

Dal canto suo, il Dipartimento finanze ed economia si sta impegnando per focalizzare l’attenzione sui settori trainanti del Cantone e su come affrontare le molte sfide che attendono la Svizzera e il Ticino. L’approccio è giusto e fornisce basi di discussioni utili per cercare di costruire qualcosa, sebbene molte delle informazioni che emergono dai vari studi siano in parte già note a chi opera per e nell’economia.

E’ un vero peccato in questo senso che lo studio dell’Istituto di ricerche economiche (IRE) dell’Università della svizzera italiana sul mercato del lavoro ticinese dopo l’introduzione degli Accordi bilaterali Svizzera-Unione europea sia stato fatto a pezzi ancora prima di poterne discuterne. E’ un’ulteriore occasione persa per affrontare in maniera approfondita uno dei temi più delicati della nostra realtà economica e sociale. La surreale campagna denigratoria condotta immediatamente dopo la pubblicazione (o meglio, la fuga di notizie sullo studio) getta e getterà inevitabilmente una luce negativa su tutti gli studi che potranno essere presentati sul tema o che, in generale, non soddisfano le aspettative di una o dell’altra parte politica.

Non mi esprimo nel merito dello studio in questione, che può e deve essere messo in discussione, ma trovo che il metodo di giudicare senza leggere né approfondire, sia ormai diventato usuale. E questo non può certo favorire la discussione sui contenuti e su possibili tracce di soluzione per questioni presenti e future.

Per il mondo aziendale, al di là delle gazzarre politiche e mediatiche, è importante poter contare su basi istituzionali e legislative solide e prevedibili, che permettano agli imprenditori di fare il loro mestiere e di creare quella ricchezza che molti sono bravi a distribuire, ma più distratti quando si tratta di porre le basi per crearla.

Sarebbe un delitto gettare alle ortiche con leggerezza la proverbiale capacità di dialogo svizzera, senza porsi qualche domanda sul funzionamento del sistema. Che avrà sicuramente qualche difetto da correggere, ma che non può essere smontato a piacimento come fosse una composizione di Lego costruita e ricostruita in qualche minuto.

L’auspicio degli imprenditori è quello di un confronto anche duro, ma sereno e nel limite del possibile oggettivo, dove tutti possano far valere le rispettive preoccupazioni, ma senza isterismi né accuse gratuite sparate a destra e a manca. Con i tempi che corrono, forse è chiedere troppo. Purtroppo. Ma nell’interesse del paese e dell’economia, abbiamo comunque ancora voglia di farlo. Sperando che tutti capiscano che è facile e forse pagante in termini di immagine prendersela sempre e comunque con l’economia organizzata, ma che senza dialogo costruttivo è impossibile crescere.

*Direttore Cc-Ti

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