SECONDO ME
Tre anni e mezzo di carcere per il mortale di Grancia: "È stata davvero fatta giustizia?"
La lettera di una lettrice al Corriere del Ticino: "Difficile anche capire, e lo dico da ticinese DOC, se l’inchiesta e l’aula siano state influenzate in qualche modo dal cognome dell’imputato"
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Di Caterina Allegra Soncini (lettera pubblicata sul Corriere del Ticino)

Non posso immaginare quanto sia immenso il dolore dei familiari della giovane scomparsa nel tragico incidente di Grancia avvenuto nel 2021. È altrettanto difficile concepire la complessità dei sentimenti di un giovane catapultato davanti a un giudice, con la stampa e il pubblico alle spalle, dopo aver commesso un grave errore con esiti letali. A maggior ragione, nel corso di un’unica giornata processuale. Il processo penale è un momento in cui le parti giocano la loro partita, con il giudice al centro che ascolta le argomentazioni e cerca di pervenire a una sintesi equa e ponderata.

Ho conosciuto questo ragazzo introverso finito sotto processo al liceo. Un compagno non sempre facile da comprendere, ma che abbiamo gradualmente conosciuto, aiutandolo anche a schiudersi. Ora, 3 anni e mezzo di carcere lo attendono, a causa del suo «ego», della sua «cafonaggine» e del suo «egoismo», anche per aver speso soldi per una perizia da presentare in tribunale, come avrebbe detto il giudice. L’immagine dipinta durante il processo non corrisponde a quella che mi sono fatta dopo la disgrazia e ancora quando la sua giovane mamma è mancata in circostanze tragiche. Non vorrei che il suo essere introverso, quasi misantropo, lo abbia penalizzato.

Il giudice ha affermato di non aver visto in lui alcun pentimento (voleva solo «riottenere la patente»). Io stessa, però, ho conosciuto un giovane disperato per l’accaduto. Giudicare è difficile (e poi si sa, le sentenze si rispettano) e non vorrei mancare di rispetto alle vittime.

Tuttavia, mi sorgono dei dubbi, soprattutto considerando il panorama degli incidenti e degli omicidi colposi, dove forse si osserva una maggiore prudenza giudicante. Casi con meno clamore mediatico ma dove una riduzione della pena, in assenza di aggravanti, attraverso l’applicazione della sospensione condizionale, è sembrata la scelta più sensata. Mi domando se si sia davvero fatta giustizia, trovando una punizione adeguata per garantire che il colpevole non nuoccia più, educando allo stesso tempo chi osserva per prevenire il ripetersi di errori così gravi. Difficile anche capire, e lo dico da ticinese DOC, se l’inchiesta e l’aula siano state influenzate in qualche modo dal cognome dell’imputato.

Solo il tempo risponderà alle domande cruciali: il dolore di chi ha perso una figlia si attenuerà? Il carcere avrà un impatto positivo sul giovane? Speriamo di sì, altrimenti, resterebbero solo i dubbi.

Una situazione triste per tutte le parti coinvolte.

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