La prima puntata della serie, firmata dal criminologo Massimo Picozzi, dedicata alle morti misteriose di alcuni VIP si apre con la storia di un mito del cinema, il protagonista di Gioventù bruciata
Iniziamo oggi una nuova serie di "pezzi" firmati dal criminologo Massimo Picozzi. Dopo i "grandi delitti" - storia di killer e della loro sconfitta -, Picozzi racconta la morte di personaggi famosi e il mistero da cui è stata velata. La prima puntata è dedicata a un mito del cinema: James Dean.
di Massimo Picozzi
Quando scrive di lui nel 1984, Kenneth Anger non ci va troppo per il sottile: “…La sua tomba a Fairmont nell’Indiana porta inciso il suo nome e due date: “1931 – 1955”. Si potrebbe aggiungere un conciso epitaffio: “un bel troione”. Eppure, se Richard Gere o Matt Dillon - o qualsiasi altra recluta del monotono reggimento di jamesdeanini clonati da Francis Ford Coppola per il film I ragazzi della 56° strada – facessero oggi la fine di James Dean, diventerebbero un mito? I suoi fan si ucciderebbero per lui? E fra trent’anni gli spedirebbero ancora letterine adoranti ? Non credo. Jimmy aveva le piattole, ma aveva anche un carisma immortale”
La storia delle piattole era nata sul set di Gioventù bruciata, quando il ragazzo approfittava di ogni pausa per grattarsi energicamente, fregandosene degli sguardi allibiti di Natalie Wood e Sal Mineo. E la cosa era andata avanti fino a quando Nicholas Ray, il regista del film, gli aveva procurato un flacone di polvere per far fuori i parassiti che si era beccato in un bar gay di Holliwood, specialità sado-maso.
James Dean nasce a Marion, nell’Indiana, l’8 febbraio del 1931, e ha solo nove anni quando sua madre, Mildred, muore di cancro. Il padre lo spedisce allora a vivere da alcuni parenti a Fairmont, dove resta fino al ’49, prendendosi pure il diploma. Poi torna a stare con il papà, a quel tempo in California, e lì s’iscrive al college di Santa Monica, quindi all’Università di Stato, a Los Angeles.
Bello di una bellezza fragile e ambigua, riesce a schivare il servizio militare in Corea dichiarando le sue inclinazioni omosessuali alla visita di leva, inclinazioni che mette poi in pratica per riuscire a campare, facendosi mantenere da Roger Brackett, un vecchio regista televisivo.
In lui la passione per la recitazione nasce presto, sui banchi di scuola, ma il vero esordio arriva che ha vent’anni, con uno spot pubblicitario per la Pepsi Cola. Gli capitano poi dei ruoli non proprio esaltanti in quattro film: I figli della gloria del 1951, Attente ai marinai e Il capitalista del ‘52, e L’irresistibile Mr. Jones, che esce nelle sale l’anno dopo.
James Dean ormai è lanciato, e fa in tempo a godere del suo primo successo, La valle dell’Eden, che esce nelle sale mentre sta recitando Gioventù bruciata.
Il giorno in cui al cinema danno la prima de Il Gigante, nel 1956, lui è già morto e sepolto da un pezzo. Si è schiantato a bordo di una Porsche color argento, il 30 settembre del 1955.
Lo hanno tirano fuori a fatica dai rottami dell’auto, e per lui non c’è più niente da fare. Appena il coroner comincia l’autopsia, una delle prime cose che nota è un mucchio di cicatrici tondeggianti al petto. Qualcosa di strano, ma è un mistero presto svelato, perchè si scopre che quand’era ubriaco, James chiedeva ai suoi compagni di giochi un po’ estremi, di spegnergli le sigarette sulla pelle, usandolo a mò di portacenere.
Se proprio si vuol parlare di mistero, è piuttosto è la dinamica dell’incidente a non convincere tutti. Forse James Dean non ha corteggiato la morte fino a restarci, ma qualcuno lo ha aiutato a salutare il mondo con una spettacolare uscita di scena. Certo è strano che appena un mese prima abbia deciso di offrirsi per un messaggio pubblicitario dove ammoniva i ragazzi ad andar piano in auto, a guidare con prudenza. E poi, per quanto se ne fregasse delle regole, si ubriacasse spesso e fosse un patito delle canne, non ha mai avuto un incidente serio in tutta la sua vita. Almeno fino alle sei di quel caldo pomeriggio di fine estate.
Non sta andando forte Jimmy, lungo la statale 466 della California, in direzione di Salinas. Una novantina di chilometri all’ora, e accanto a lui c’è Rolph Wütherich, ventinove anni, di professione meccanico. All’altezza dell’incrocio di Paso Robles, tra la 466 e la 41, Dean scorge una grossa Ford Tudor bianco e nera che sta arrivando dalla direzione opposta. Al volante c’è Donald Turnupseed, uno studente di ventiquattro anni. Girerà poi la voce che era appena uscito da un cinema di Salinas, dov’era andato a vedere Gioventù bruciata. Forse un’invenzione, ma quello che è certo è che Donald cambia di corsia per curvare, e finisce per tagliare la strada alla Porsche.
Uno schianto terribile, e l’auto di James Dean ha la peggio, andando letteralmente in pezzi, come in pezzi va il collo di Jimmy, mentre Rolph se la cava con qualche frattura e Donald resta praticamente illeso.
Fin qui la ricostruzione ufficiale, quella che si conclude senza colpevoli, nemmeno Donald Turnupseed, che viene assolto dall'accusa d'omicidio colposo.
Ma c’è un tizio che non ci crede: si chiama Charles Adams e passa mesi e mesi a rivedere i verbali, ispezionare i luoghi, esaminare le foto. Non si capisce bene a quale titolo, perché non è un poliziotto, e nemmeno un tecnico della compagnia d’assicurazione. Certo deve avere le conoscenze giuste, altrimenti non potrebbe avere accesso a tutto quel materiale riservato. Alla fine si presenta dal padre di James Dean e gli consegna una relazione. Secondo Charles c’è qualcosa che non quadra, e lui lo ha capito ricostruendo l’impatto, e da lì la velocità delle due auto coinvolte. Andavano molto più lente di quello che stava scritto nel rapporto della Stradale, e l’urto non poteva essere mortale. La teoria di Charles Adams è semplice: qualcuno ha inscenato un incidente per far fuori James Dean. Ma sono pochi a credergli, e lui non porta vere prove.
“Hanno ucciso Jimmy” diventa così una specie di leggenda, come quella che pian piano comincia a circolare sulla sua Porsche argento. Perché la “piccola bastarda”, così la chiamava James Dean, si conquista presto la fama di macchina infernale, come la Christine del racconto di Stephen King.
Ormai ridotta a rottame, viene rimorchiata via dal luogo dell’incidente da un camion, ma durante le manovre il cavo di traino si spezza, investendo un meccanico e fratturandogli le gambe. Va peggio ad un pilota dilettante che ne compra il motore per piazzarlo sulla sua vettura da competizione. Durante una gara perde il controllo dell’auto, che travolge e uccide un commissario di gara. Stessa sorte capita ad altri due sfortunati che acquistano un semiasse e le gomme tolte dal cadavere di “little bastard”, e finiscono dritti in ospedale.
Sono passati più di cinquant’anni dalla morte di James Dean, e ancora c’è chi perde tempo a sostenere che sia diventato un mito che non accenna a sbiadire ma che non fosse capace di recitare.
In fondo Anger c’era già arrivato nel 1984. Jimmy aveva le piattole, ma aveva anche un carisma immortale.