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15.03.2018 - 14:370
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Maria di Magdala: esce nelle sale ticinesi il controverso film dedicato al rapporto tra Cristo e la Maddalena! Uno sguardo tutto al femminile che usa un pretesto religioso per parlare dei fatti e dei bisogni di oggi

La recensione: il film sottolinea il bisogno di rendere alla donna un ruolo rilevante all’interno di una delle più importanti epopee della storia. Una vera e propria battaglia per la parità di genere che usa una vicenda vecchia di duemila anni per parlare al pubblico di oggi e ricordargli il valore profondo del rispetto e dell’uguaglianza. Il pericolo del giudizio e della paura. Bizzarro se pensiamo che il film è prodotto dalla compagnia di Harvey Weinstein....

di Roberta Nicolò*

 

La storia di Cristo è tra le più rappresentate al mondo. La letteratura, il teatro e non da ultimo il cinema, ne hanno narrato la vita. Come riuscire dunque a rendere l’ennesima pellicola su Gesù qualcosa di nuovo e soprattutto contemporaneo?

 

La risposta del regista Garth Davis è dare alla narrazione uno sguardo tutto al femminile che usa un pretesto religioso per parlare dei fatti e dei bisogni di oggi. Maria di Magdala, affascinante figura della nascita del cristianesimo, è il fulcro intorno al quale ruota questo film che, con un linguaggio delicato, suggerisce inclinazioni, desideri velati e fragilità psicologiche.

 

La trama racconta l’incontro di Maria Maddalena, alla quale presta il volto l’attrice Rooney Mara, con Gesù (interpretato da Joaquin Phoenix) e la scelta coraggiosa della donna di seguirlo negli ultimi anni di vita, dalla predicazione ai miracoli. Dalla Pasqua a Gerusalemme alla crocifissione e per finire la resurrezione.

 

Nella Palestina di 2000 anni fa il destino di una donna era chiaro e predestinato. Doveva essere moglie e madre. Ma Maria non vuole sottostare alle regole sociali, vuole essere libera di scegliere per se stessa. Libera di essere una donna non convenzionale. Di non essere moglie. Di non essere madre. L’accusa, per lei, è quella di vestire panni maschili nelle ambizioni. E in parte è così. Ma non come insinua il fratello maggiore Daniele, suggerendo un’omosessualità latente, piuttosto nella forza delle idee e nella determinazione con la quale spezza ogni legame familiare scegliendo di costruire da sola il proprio destino.

 

In una società patriarcale nella quale il ruolo della donna è ridotto a proprietà dell’uomo, la figura già di per se stessa rivoluzionaria di Gesù Cristo, attraverso Maria Maddalena, acquista una valenza femminista.

 

Il film di Davis sottolinea il bisogno di rendere alla donna un ruolo rilevante all’interno di una delle più importanti epopee della storia. Una vera e propria battaglia per la parità di genere che usa una vicenda vecchia di duemila anni per parlare al pubblico di oggi e ricordargli il valore profondo del rispetto e dell’uguaglianza. Il pericolo del giudizio e della paura. Bizzarro se pensiamo che il film è prodotto dalla compagnia di Harvey Weinstein.

 

Un film che di religioso non ha solo i personaggi. Gli apostoli, emblematiche figure che accompagnano il Messia, restano sullo sfondo appena tratteggiati. Emergono solo Pietro (Chiwetel Ejiofort) e Giuda (Tahar Rahim), profondamente diversi e squisitamente umani. Il primo volutamente nero e desideroso di affermare un potere terreno che non si discosta di molto da quello della società nella quale vive. È timoroso del giudizio comune e senza dubbio diffidente e geloso del ruolo di Maria. Il secondo fragile e provato dalla voglia di riabbracciare la moglie e la figlia morte è schiavo delle proprie nostalgie che lo rendono ingenuo. Entrambi riflesso di Maria che, delicata e forte al tempo stesso, riesce, attraverso l’interpretazione di Rooney Mara, a catturare l’attenzione del Maestro e dimostrare come sia possibile intraprendere un percorso di crescita ascoltando la propria interiorità e accogliendo in seno a sé stessi la forza di rompere gli schemi per seguire un’ideale.

 

Gesù resta mistico. Staccato dal mondo che lo circonda, una figura che fluttua, già proiettato verso il martirio che lo attende. Un Gesù più adatto alla filosofia spirituale, non certo a quella del dogma cristiano e lontano dalle passioni mostrate in pellicole come “L’ultima tentazione di Cristo” di Scorzese, che tanto aveva fatto discutere.

 

Solo per un attimo il Cristo di Davis incontra un fremito viscerale che ripone nella carezza sul viso data alla sua Maria, che più di chiunque altra, ha saputo leggergli il cuore «nessuno mi ha mai chiesto cosa si sente…» le dice commosso.

 

Maria Maddalena è tra i discepoli colei che sa comprendere l’anima stessa delle parole del guaritore Gesù di Nazareth: dobbiamo cambiare noi stessi per cambiare il mondo. Occorre accogliere l’idea del perdono, lasciare la rabbia fuori dal nostro cuore per accogliere un cambiamento sostanziale nella nostra vita. È questo il regno che Maria fa suo e che i suoi compagni di viaggio, invece, non riescono o non vogliono vedere.

 

Il film, scritto da Helen Edmundson e Philippa Goslett, non ha enfasi religiosa ma piuttosto una dimensione spirituale e soprattutto politica e ideologica che si evince dalla costruzione stessa del racconto, scevro di molti dei riferimenti più classici.

 

Un film che negli intenti si accorda alla perfezione con la figura di Maria Maddalena. Una donna tra gli uomini. Una donna che rifiuta di non avere voce. Una donna che sceglie di essere libera anche nell’anima. Un film che, dal canto suo, scopre il fianco alle critiche.

 

*giornalista - www.cinemany.ch

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