Il presidente della DISTI fa i conti in tasca al commercio dell'anno che sta per chiudersi. "Siamo sotto del 3/5%, quindi negli ultimi tre, quattro anni abbiamo perso il 20. E sono posti di lavoro e non solo cifra d'affari"
LUGANO – Domani, domenica 23 dicembre, negozi aperti in tutto il Ticino. È la seconda apertura natalizia. La terza è stata “mangiata” da sabato 8 dicembre, festa dell’Immacolata. I commerci sono rimasti aperti quel giorno ma chiusi domenica 9. L’anno prossimo, invece, l’Immacolata cadrà di domenica e le aperture natalizie saranno tre.
Com’è andata la prima apertura, Enzo Lucibello?
“La domenica, il 16 dicembre – dice il direttore di Mediamarkt e presidente della Disti, l’associazione dei grandi distributori ticinesi - era un po’ sottotono. Ma domani secondo me andrà molto bene, è una delle ultime possibilità che hanno i ritardatari per fare regali e prepararsi al Natale”.
Insomma, parafrasando Fabio Concato, una 'domenica bestiale'... Quanto conta dicembre per voi commercianti?
“Dicembre conta al minimo il doppio rispetto agli altri mesi. E le domeniche di dicembre contano il doppio rispetto ai giorni infrasettimanali”.
Due (o tre quando va bene) domeniche a dicembre sono poche?
“Dipende. Ma il mio concetto è molto chiaro: le aperture straordinarie devono essere puntuali e non generalizzate; finalizzate ad attirare turisti e clienti con lo scopo di mantenere la cifra d’affari e i posti di lavoro nel settore del commercio”.
Ma non le piacerebbe un programma di aperture domenicali più esteso? Per esempio, le ultime domeniche di ottobre e novembre, oltre a quelle che precedono il Natale?
“Direi di sì, sarebbe un bel passo avanti. Ma bisogna pensare a un concetto quando si fanno queste proposte, altrimenti si finisce per spalmare su sette giorni la cifra che si fa su sei. La domenica devi attirare una tipologia di clienti diversa. Perché altrimenti i costi sono eccessivi e il santo non vale la candela”.
Un concetto in che senso?
“Guardi, quando facevamo Emozioni Ticino, per esempio, quelle domeniche erano importanti e attiravano clienti anche da fuori cantone. Quest’anno ci sono mancate. Abbiamo dovuto abbandonare un concetto di marketing comune, che stava affermandosi, perché due anni fa due privati si sono opposti alle aperture e il Tribunale ha dato loro ragione. Allora, se siamo a questo livello, il Ticino non merita che i commercianti si impegnino in operazioni del genere. Continueremo a perdere cifra d’affari e di conseguenza posti di lavoro. Ma si vede che va bene così”.
Che bilancio si può tracciare per il commercio in Ticino nel 2012?
“Quest’anno abbiamo perso dal 3 al 5%. Non è tantissimo, certo, ma è il terzo anno che perdiamo e in tutto fa il 20%, il che significa un calo della cifra d’affari di diverse centinaia di milioni. Per fortuna negli ultimi mesi la situazione si è stabilizzata".
Oltre la crisi, non vi ha aiutato il cambio sfavorevole franco/euro che ha incentivato il pendolarismo degli acquisti...
"Certo, ma credo sia importante insistere sulla sensibilizzazione dei ticinesi, farli riflettere sulle conseguenze che ha sulla nostra economia andare a fare la spesa in Italia. È quello che stiamo cercando di fare”.
emmebi