Ecco gli incredibili retroscena della vicenda del neonato abbandonato dalla madre nell'auto e salvato dalla Polizia
di Marco Bazzi
LUGANO – È una storia triste. Dolorosa. Incredibile. Un vero e proprio dramma che solo per miracolo non si è trasformato in tragedia. Si potrebbe dire che è la storia di un bambino mai nato. Un bambino tenuto nascosto, fino al punto da metterne a repentaglio la vita. Ha solo tre settimane, quel piccolo, nato non si sa dove e in quali condizioni.
La madre ha 27 anni, è di nazionalità svizzera ma di origine straniera. In Ticino ha i genitori, che vivono nel Luganese. E lei, la ragazza, da inizio dicembre, aveva trovato un monolocale in un casermone di piccoli appartamenti in cima alla salita di via Montarinetta, a due passi dal crocevia di Besso. Mercoledì scorso era una giornata glaciale. Eppure la 27enne ha deciso di lasciare suo figlio sul sedile della sua Golf, posteggiata davanti al condominio.
Un condominio dove non vivono bambini
Nessun inquilino ha chiamato la polizia, mercoledì pomeriggio. Nessuno ha sentito i lamenti del neonato, abbandonato in auto avvolto in un sacchetto della spesa. La polizia comunale di Lugano è arrivata per un controllo, perché alcuni inquilini del condominio sentivano da giorni il pianto di un bambino, e si sono insospettiti. E poi, in quel casermone non è permesso tenere bambini. Nel senso che i monolocali sono troppo piccoli. E nessuno, là dentro, ha dei bimbi.
C’era insomma qualcosa che non quadrava, che bisognava capire. Non è chiaro se la giovane madre abbia nascosto il neonato nell’auto sospettando che, quel pomeriggio sarebbe arrivata la polizia, o se faceva così regolarmente, per impedire che qualcuno sentisse il pianto del piccolo. Ma è difficile immaginare che un neonato possa sopravvivere in auto per alcune ore ogni giorno, col freddo che fa.
L'arrivo della polizia: "Signora, ma lei ha un bambino?"
Sia come sia, quando mercoledì pomeriggio gli agenti hanno bussato alla sua porta, al quinto piano, nel monolocale c’era solo lei. Le hanno chiesto se per caso aveva un bimbo. La ragazza ha risposto di no. L’hanno portata alla centrale, per maggiori verifiche. Hanno intuito che qualcosa non quadrava. E lì, in centrale, la giovane ha ammesso: “È vero, ho un figlio, l’ho lasciato in macchina – ha detto ai poliziotti -, perché in quel monolocale non ci si può stare in due”.
Così, mentre la madre è rimasta in polizia una pattuglia si è precipitata a sirene spiegate in via Montarinetta con le chiavi dell’auto, sperando che non fosse troppo tardi. Gli agenti hanno preso la borsa con dentro il neonato e l’hanno portato all’interno del palazzo, avvolgendolo in una coperta, in attesa che arrivasse l’ambulanza. Il piccolo era già in stato di ipotermia. È stato salvato per miracolo. E ora è fuori pericolo. Mentre la ragazza è agli arresti. Diranno gli psichiatri e gli assistenti sociali come andrà gestito il suo caso. Non è da carcere, sicuramente. Probabilmente non è nemmeno giudicabile con gli strumenti del diritto penale.
Una gravidanza nascosta al mondo: ipotesi su un gesto disperato
Non si sa quanto siano state le regole condominiali, che aveva accettato, già sapendo che presto avrebbe partorito, o se nella sua testa è saltato qualcosa dopo la nascita del bambino. Non si sa che rapporti la ventisettenne abbia con la sua famiglia. Non si sa chi sia il padre del bimbo. Forse, il dramma ha le sue radici anche nella cerchia e nelle dinamiche affettive dalla giovane madre.
Un bambino nascosto anche ai suoi datori di lavoro: lei doveva essere in maternità, ma ogni mattina, andava in fabbrica. Come se nulla fosse accaduto. E in fabbrica nessuno sapeva che aveva partorito tre settimane fa. Nemmeno nel condominio nessuno si era accorto che fosse incinta, perché indossava sempre un piumone lungo fino alle ginocchia. Un bambino nascosto. Un bambino mai nato. Di cui pochi sapevano. Forse, soltanto i medici che l’hanno fatto nascere. Ammesso che sia nato in ospedale o in una clinica.
Eppure sarebbe bastato dirlo: di sicuro non l’avrebbero buttata fuori di casa. Avrebbe avuto tutte le garanzie sociali, la possibilità di accudirlo. A due passi dal casermone di via Montarinetta c’è la Casa Santa Elisabetta, che si occupa di bimbi di ogni età, anche neonati. Non si sa. Forse, durante il giorno, suo figlio lo lasciava lì. Ci sono ancora molte zone grigie nella storia di questo bambino mai nato. E si intrecciano così profondamente con la drammatica vicenda personale di questa ragazza madre che forse è bene che rimangano grigie, e che non siano raccontate da nessuno.