CRONACA
"Capo compra una rosa". Vita e miracoli dei venditori ambulanti
Gallarate. Dicono tutti di stare a Gallarate. Sono decine. Calano la sera a Lugano e nelle altre città ticinesi con mazzi di rose. Adesso vendono anche scimmiette luminose e i mini megafoni

di Marco Bazzi

LUGANO – “Capo compra una rosa”. È uno dei tanti. Dei tanti che passano davanti ai bar di Lugano dopo le otto di sera. Parla italiano a stento. Poche parole. Dice di essere del Bangladesh. Dice che a Lugano ci viene ogni giorno in treno. Nel pomeriggio. Poi, tutta la sera in giro, fino a tardi. Per le strade e nei locali pubblici. A prendere freddo. A sentirsi dire quasi sempre “no”. Ogni tanto “no grazie”. Raramente “ma sì, dammi una rosa”. Una rosa per tre franchi.

“Ma dove vivi?”.

“A Gallarate”.

Gallarate, stanno tutti a Gallarate. E perché proprio lì?

“C’è una casa grande”, dice.

A tarda sera, spesso dopo mezzonotte, i venditori di rose rientrano in Italia: Bellinzona-Luino-Gallarate. Se non ci sono treni li aspettano dormendo in stazione.

“Le rose le compro al mercato”, dice. Aggiunge di non avere padroni, di essere “indipendente”. Di più è difficile capire. Se non che quei fiori sono di scarsa qualità, che appassiscono in un paio di giorni. Gli compriamo una rosa.

“Quanto fa?”.

“Cinque franchi”.

“Te ne do tre”.

Aggiudicato. Ha anche un megafono giocattolo, uno dei tormentoni sfornati ultimamente da qualche fabbrica cinese.

“Va bene, dai, è carino. Lo usiamo per gridare forza Milan”.

“Questo dieci franchi”. Se ne va contento. Gli restano due scimmiette gialle e smilze con gli occhi che si illuminano e ancora una quindicina di rose.

Torna dopo mezz’ora a mani vuote e con la faccia attapirata.

“Che è successo?”.

“Polizia, portato via tutto. Rose, scimmie, soldi…”.

Strano, la polizia non potrebbe effettuare confische dirette, se non dopo una procedura amministrativa. Ma non stiamo a discutere. Consideriamo che potrebbe essere una furbata che presto si diffonderà tra la schiera di venditori ambulanti: indurre compassione nella gente per ottenere qualche franco extra, dopo aver nascosto la merce.

Vabbè, gli diamo altri dieci franchi.

“Usali per il treno. Ma ce l’hai il permesso per vendere le rose?”.

Tira fuori dalla giacca un papiro grande come un tovagliolo avvolto in un involucro di plastica. È il permesso di soggiorno in Italia.

“Con questo non puoi vendere le rose. Rischi di finire nei guai”.

“Grazie capo”. E se ne va.

Sono tutti uguali. Fai fatica a distinguerli, i venditori ambulanti di rose. E la gente sbuffa, non ne può più di vedersi proporre quei fiori rossi o gialli mentre mangia o fa l’aperitivo. Girano in tutti i locali di Lugano, ne passa uno ogni quarto d’ora. Tanto che un esercente di Piazza della Riforma ha vietato loro l’ingresso.

Per Natale vendevano anche gadget in tema. Poi è arrivato il carnevale: li trovavi ovunque, nei capannoni di periferia e al Rabadan. Per le vie di Bellinzona e nelle tendine. Con un campionario aggiornato, oltre alle solite rose: anelli e occhiali lampeggianti, carabattole varie. Sono i nuovi vuccumprà.

La domanda è: ma dietro a questi uomini e ragazzi di colore ci sta un’organizzazione che li rifornisce e li “pilota”, o arrivano davvero da soli, come dicono?

Sta di fatto che nelle città italiane è in atto una vera e propria repressione da parte della polizia urbana. Le notizie si trovano sul web: cinque venditori di rose sanzionati a Varese, uno a Salerno multato con 500 euro di ammenda, a Treviso addirittura una multa da 5'000 euro; centinaia di fiori sequestrati; un ambulante picchiato a Lecce per essere stato troppo insistente, un altro ridotto in fin di vita nel Bresciano. Poi il caso più singolare: un venditore di rose che a Trieste, dopo essere stato sanzionato dai vigili urbani, rilascia le ricevute. E su Facebook c’è chi scrive di essersi dichiarato gay pur di scoraggiare l’ambulante.

E in Ticino? Si applica la disposizione cantonale sul commercio ambulante. Dovrebbero avere un permesso federale rilasciato dal Cantone, e alcuni ce l’hanno (anche se non si capisce come facciano a procurarselo), ma in quel caso possono vendere solo all’interno di luoghi privati (bar, ristoranti, ecc) e non su suolo pubblico, cosa che richiederebbe anche un permesso comunale.

Dopo quattro o cinque volte che la polizia comunale li trova in giro a vendere fiori li consegna alla Cantonale, competente per l’applicazione della procedura amministrativa di rito. Ma loro non si scoraggiano, sono come formiche, e fermarli è difficile. E la polizia ha altro da fare che corrergli dietro.

 

 

 

 

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