Sono stati colleghi e si sono conosciuti bene. Intervista a Jacques Ducry che traccia un ritratto della magistrata che ha chieso sei anni di carcere per Silvio Berlusconi al processo sul Bunga bunga
MIlLANO - Ilda Boccassini è senza dubbio il magistrato più famoso d'Italia. E nelle ultime settimane lo è stata ancora di più dopo che ha chiesto la condanna a sei anni di carcere per Silvio Berlusconi, nell'ambito del processo Ruby.
Un magistrato tanto sotto i riflettori quanto schiva. Le sue dichiarazioni fuori dalle aule di giustizia si contano sulle dita di una mano. Chi è dunque questa donna con la toga? In Ticino una persona che l'ha conosciuta piuttosto bene, c'è. Perché insieme hanno lavorato ai tempi delle grandi inchieste sulla mafia. Parliamo di Jacques Ducry, ex procuratore pubblico ticinese.
Lei che la conosce che tipo è Ilda Boccassini?
"È una super caparbia, galattica direi, che non guarda in faccia a nessuno. Ha un pessimo carattere, spigoloso, impegnativo ma interessante: di cuore e anima. Avrebbe potuto scegliere di ritirarsi in posti ben più tranquilli ma, dopo le inchieste in Sicilia dove andò a indagare sulla strage che uccise il suo amico Giovanni Falcone, ha scelto di tornare a Milano".
Quando vi siete conosciuti?
"All'inizio degli anni 90. Ci siamo frequentati sia per lavoro che in privato. A Lugano, a Palermo… e ricordo anche una splendida due giorni in Engadina. Caratterialmente è in pubblico come in privato. Dipende come va la luna: se è storta è silenziosa, altrimenti è molto vivace. Ormai non la vedo da qualche annetto. L'ho sentita forse due tre anni fa al telefono per un saluto veloce".
La Boccassini è soprannominata "Ilda la rossa": per come l'ha conosciuta è una persona di sinistra?
"Ben venga Ilda la Rossa e i magistrati rossi, se questo significa perseguire, nella ricerca della verità, i più alti poteri dello Stato o della criminalità organizzata. Ma la verità è che la politica non c'entra per chi fa le indagini in scienza e coscienza. Borsellino, per dire, era uno di destra, Falcone era più di sinistra. Tutte e due hanno perso la vita per combattere Cosa Nostra. Ilda mi è sempre sembrata una persona di centro, per altro non molto interessata alla politica, come Carla Del Ponte".
Che idea si è fatto del polverone mediatico-politico-giudiziario in cui è al centro la Boccassini?
"Per fortuna ci sono magistrati come lei che non si tirano indietro davanti a nessuno. Ha fatto l'inchiesta perché c'erano gli elmetti per farla e perché doveva farla, nel rispetto dei suoi compiti. Non se l'è mica inventata di notte…Poi decideranno i giudici se le sue accuse reggono o non reggono. Questa è vera giustizia. Come accade in tutti gli altri Paesi, salvo in Italia. Berlusconi condiziona il benessere di un Paese, e la vita dei suoi 60 milioni di abitanti, a causa dei processi mentre dovrebbe essere un cittadino come tutti gli altri. È questa la vera ingiustizia. Io sto dalla parte della mia ex collega, che ho conosciuto piuttosto bene, e che ha rischiato e rischia la vita per i procedimenti che vive e ha vissuto. Al mille per cento. È una donna che non ha mai fatto carrierismo, non è mai scappata".
Secondo lei, per quel che la conosce, come vive questa enorme pressione sul processo Ruby?
"Una persona che è arrivata al punto dove è arrivata lei, penso che viva in modo del tutto sereno la situazione. Ha uno spiccato senso del giusto e della ricerca della verità. E poi la Corte deciderà".
Molti hanno criticato la sua requisitoria un po' sopra le righe…soprattutto quando ha definito Ruby "una ragazza di furbizia orientale".
"È il suo carattere. Non è una fredda glaciale. È di Napoli, insomma. Quanto alla furbizia orientale, benché il Marocco non sia in oriente, si è trattato di un giudizio cromosomico. Non è razzismo. E poi, scusi, al di là dell'orientale, una ragazza che a neanche 18 anni arriva a partecipare dal nulla alle feste a casa di Berlusconi, oltre che bella è anche un po' furba, no?".
Secondo lei in Ticino si sarebbe mai svolto un processo, con tutti i suoi risvolti mediatici, come quello sul bunga bugna?
"Sicuramente sì. Come accade negli altri paesi del Mondo. Solo per citare un esempio: l'ex presidente di Israele è stato condannato per violenza carnale".
Insomma, se lei fosse stato al posto della Boccassini, avrebbe fatto l'inchiesta sul bunga bunga.
"E ci mancherebbe altro, altrimenti non sarei stato al mio posto".
Secondo lei, premesso che non le sono note le carte, come finirà il processo?
"Vedendolo da fuori è possibile che regga il reato di concussione, più difficile il reato di induzione alla prostituzione minorile. Ma è normale: i reati relativi alla sfera sessuale sono molto più difficili da provare, senza le confessioni".
La Boccassini è nota anche per gli scontri avuti con alcuni suoi colleghi. Ci fu una polemica furibonda quando Ingroia fece un parallelismo fra lui e Falcone, e la Boccassini lo stroncò dicendo che non valeva un decimo del magistrato siciliano.
"Quando assisto a questi scontri mi dico… peccato. Ingroia, che non conosco personalmente, in uno slancio per promuovere la sua candidatura e il suo partito, ha fatto quel parallelismo infelice. È chiaro che Ilda, così coinvolta, avendo avuto rapporti di profonda amicizia con Falcone, ha avuto una reazione comprensibile benché sopra le righe. Ma peccato. Come gli attacchi di Ingroia a Piero Grasso. È triste quando il fronte de magistrati impegnati da sempre sulla stessa linea si lacera così. Fa male ad uno come me che ci ha sempre creduto e ci crede ancora".
Fra due giorni, il 23 di maggio, si ricorda la strage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie, e gli uomini della scorta. E fra una settimana si apre il processo sulla trattativa stato-mafia a oltre vent'anni da quelle stragi. Che effetto le fa tutto questo, per lei che quegli anni li ha vissuti?
"Ricordo sempre con dolore e affetto il sacrificio di Giovanni. Nell'ambito della strage di Capaci, con Ilda ci siamo conosciuti meglio, sia per ragioni di inchiesta, che per le commemorazioni a cui abbiamo assistito insieme a Palermo. Quanto alla trattativa…come alcuni inquirenti hanno sempre sospettato, il terzo livello esiste. Ma quello che si apre la prossima settimana non deve essere un processo alla politica ma a quei politici che hanno commesso dei reati o che hanno permesso che fossero compiuti certi crimini. Era ora, mi dico. Ma poi rifletto: se i giornalisti non raccontano frottole, sono spariti diverse prove importanti, dall'agenda rossa di Paolo Borsellino alla borsa del Generale Dalla Chiesa. Perché? Spero solo che si riesca a trovare una piccola luce , soprattutto per rispetto ai morti di quell'assurda stagione".
AELLE