L’invito a non comportarsi in modo incivile diventa un decalogo del bon-ton da tenere negli altri paesi. Fra i moniti: “non sputate in strada e non fate pipì nelle bottiglie di plastica in pubblico”
PECHINO – Ogni popolo ha i suoi costumi e si sa, l’incontro con quelli degli altri è spesso più uno scontro. Così il turista quando si muove si fa involontariamente ambasciatore del suo paese rischiando di diffondere per il globo un’immagine negativa della sua nazione. Ma quando a muoversi sono migliaia di turisti cinesi, il danno d’immagine per il Paese può esser veramente enorme. E lo è. L’anno scorso si sono messi in viaggio 83 milioni di cinesi che, spendendo 102 miliardi di dollari, hanno conquistato sì il record di primo mercato per l’industria internazionale delle vacanze, ma anche quello per la maleducazione.
L’effetto “gruppone selvaggio” però è anche dovuto al sistema nazionale delle vacanze. In Cina sono concentrate in poco più di due settimane: una in inverno durante il Capodanno lunare e l’altra per la Festa nazionale del primo ottobre. In queste due occasioni il Paese “intero” è in ferie e decine di milioni di persone si mettono in viaggio diffondendo l’immagine, spesso negativa, della Cina nel mondo. Per le autorità di Pechino è ora fondamentale impegnarsi per rendere i propri compatrioti turisti dei degni ambasciatori della loro plurimillenaria civiltà.
Infatti con cifre del genere il problema diventa serio, tanto che a inizio estate Wang Yang, vicepremier di Pechino, ha sentito l’esigenza di richiamare all’ordine i propri compatrioti invitandoli a “non comportarsi in modo incivile all’estero” perché proiettano un’immagine negativa su tutto il paese. Il monito però non è bastato e ora l’Amministrazione nazionale del turismo di Pechino corre ai ripari pubblicando una “Guida al viaggio civile all’estero”.
Sessantaquattro pagine di moniti anti-maleducazione, con raccomandazioni come “non sputare in pubblico, non fare pipì nelle bottiglie di plastica all’aperto, non mettersi le dita nel naso” e consigli specifici sul galateo da seguire nei vari Paesi visitati. Consigli istruttivi forse, ma un po’ singolari. Si raccomanda, per esempio, di non offrire crisantemi o fiori gialli in Francia; di non regalare fazzoletti agli italiani perché vuol dire augurare lacrime; di non chiedere ai riservati inglesi se hanno mangiato (che è invece una normale forma di saluto in Cina); di non richiamare l’attenzione di qualcuno schioccando le dita in Germania, perché così lì si richiamano i cani; di non chiamare i cittadini “negri” o “neri” in Africa.
E ce n’è anche per l’abitudine di portarsi via singolari souvenir: “Soprattutto, non portatevi via il giubbotto di salvataggio dell’aereo. In caso di emergenza qualche passeggero in seguito si troverebbe sprovvisto.” Infine anche qualche avvertimento per evitare di incappare in guai seri violando i costumi degli altri paesi: “non chiedete carne di porco nei Paesi islamici” e “non parlate mai male della famiglia reale thailandese”, un vilipendio secondo la legge di Bangkok.
Proprio in Thailandia i turisti cinesi causano non poche rimostranze. Non piace che “parlino in sala da pranzo con il volume che si usa per litigare all’aperto” e che “mangino i noodles risucchiando”. Ma in generale molte lamentele arrivano dall’Asia, sempre più terra di conquista dei nuovi globe trotter. In Giappone per esempio i vicini cinesi sono disprezzati perché sputano rumorosamente in strada, fumano nei negozi, parlano con un volume troppo alto e soprattutto non sanno fare la fila, abitudine importata a Hong Kong dai colonizzatori britannici.
Dal canto loro però, anche i turisti cinesi hanno di che lamentarsi. Gli albergatori infatti fanno spesso ben poco per adeguarsi ai loro usi, anzi. Alle Maldive per esempio qualche hotel ha tolto dalle stanze i bollitori per l’acqua stufi del fatto che gli ospiti cinesi li usassero per cuocere i noodles.
Ma la maleducazione del turista cinese crea problemi anche in patria. Il primo di ottobre a Tienanmen per l’alzabandiera in piazza sono arrivati in 110mila, lasciando cinque tonnellate di rifiuti. “Una vergogna antipatriottica” l’ha definita la stampa di Pechino. Anche se i più positivi hanno fatto notare che le tonnellate di spazzatura l’anno precedente erano state otto, forse qualche segno di miglioramento c’è.