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Cronaca
18.12.2013 - 15:100
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Camera di Commercio: “L’assunzione di manodopera estera è un campanello d’allarme sul nostro sistema formativo”

Dall’inchiesta congiunturale per il 2013/2014 emerge infatti che il 39% delle ditte ticinesi fa capo a personale estero, soprattutto europeo, perché meglio formato o con competenze introvabili in Svizzera

LUGANO – Le aziende ticinesi hanno registrato per il 2013 un “sensibile miglioramento dopo le difficoltà degli ultimi anni. Previsioni sostanzialmente positive anche per il 2014, in linea con la tendenza rilevata a livello svizzero. Preoccupazioni invece per una certa stagnazione degli investimenti dovuti alle incertezze indotte dall’estero e create all’interno della Svizzera e per i dati sul reclutamento di manodopera proveniente dall’Unione europea che pongono interrogativi sul nostro sistema formativo”.

Queste le conclusioni dell’inchiesta congiunturale 2013/2014 svolta dalla Camera di Commercio del Canton Ticino che ha coinvolto 305 aziende commerciali, industriali, artigianali e dei servizi, in rappresentanza di 20'771 di lavoro in Ticino.

Novità dell’inchiesta di quest’anno era appunto l’introduzione di domande concernenti la presenza e i motivi di assunzione di manodopera estera, proveniente in particolari dai paesi dell’Unione europea. Le risposte non forniscono quindi dati in merito all’aumento o alla diminuzione dell’impiego di personale estero, i risultati però costituiscono “un campanello d’allarme sul nostro sistema formativo.”

L’83% delle aziende ha rilevato di impiegare manodopera proveniente dall’Unione europea. Di queste, nel 40% dei casi, la proporzione di lavoratori provenienti dall’UE supera il 50% del totale del personale. Situazione che si verifica (per il 53% delle aziende) soprattutto nel ramo dell’industria/artigianato, mentre per i servizi/commercio il valore si attesta al 31%. Dati che dimostrano “la forte dipendenza delle nostre aziende da manodopera proveniente dall’Unione europea”.

Il dato preoccupante però lo si evince dalle motivazioni di queste assunzioni: “Il 50% delle aziende rileva che la manodopera locale è quantitativamente insufficiente, il che non rappresenta una sorpresa particolare, considerando la scarsità di manodopera indigena in taluni settori come l’edilizia o parti dell’industria. Più preoccupante è il 26% di risposte che sottolineano come la manodopera straniera sia meglio formata e il 13% che rileva come talune competenze in Svizzera siano totalmente inesistenti. Infine, l’11% delle aziende ammette di far capo a manodopera estera perché meno costosa”.

“Comportamento legittimo, ma che non possiamo considerare soddisfacente, anche se una percentuale di questo tipo è probabilmente sistematica, benché chiaramente superiore ai valori fatti registrare da Vaud, Ginevra e Neuchâtel. I nostri sforzi saranno pertanto concentrati soprattutto nel tentativo di correggere le due percentuali menzionate in precedenza e che coinvolgono direttamente le nostre strutture formative e quindi il bagaglio di competenze e la capacità concorrenziale di lavoratrici e lavoratori indigeni. Un 39% che non ci lascia indifferenti e su cui stiamo già lavorando, un esempio su tutti è la creazione di un specifico programma formativo nel settore del commercio delle materie prime”, aggiungono dalla Camera di Commercio a commento di questi dati.

Preoccupante rimane poi una certa stagnazione degli investimenti. A operare investimenti sono state il 46% delle aziende, dato, nonostante il miglioramento della situazione, in linea con lo scorso anno e che quindi “non può essere considerato esaltante. Questo è senza dubbio legato all’erosione dei margini, ma anche e soprattutto alla situazione di instabilità creata dagli attacchi alla Svizzera provenienti dall’estero e dalle continue sollecitazioni interne volte al cambiamento del sistema elvetico che hanno creato e creano incertezze sulla stabilità giuridica del nostro paese. Questo porta evidentemente le aziende a ponderare con maggiore prudenza le decisioni relative agli investimenti”.

Per il 2014 il livello generale di investimenti previsto (41%) conferma questa tendenza alla prudenza malgrado il quadro generalmente più positivo. La propensione delle aziende ticinesi “resta comunque superiore a quella degli altri cantoni che hanno partecipato all’inchiesta. Il Ticino precede Neuchâtel (38%), Vaud (35%) e Ginevra (30%)”.

La posizione attendista che sembra emergere è quindi da riportare, secondo lo studio, alla necessità per le aziende di “verificare se i vari tentativi di abbattere alcuni capisaldi del sistema svizzero avranno successo in consultazione popolare. Basti pensare, dopo le turbolenze legate all’iniziativa 1:12, alla proposta di introduzione di un’imposta di successione federale, alla votazione sul reddito minimo a livello federale di 4'000 franchi o all’introduzione di un reddito di cittadinanza garantito. Questa incertezze minano alla base non solo l’attrattività della Svizzera nel contesto internazionale, bensì anche la propensione all’investimento delle aziende già presenti sul territorio, il che stride con il dato positivo sull’andamento degli affari. Queste preoccupazioni sono condivise anche negli altri cantoni e non a caso, i dati del 2013 e le previsioni per il 2014 sono, come negli anni precedenti, in linea con quanto rilevato dai nostri colleghi romandi”.

“Dal punto di vista occupazionale, è stata registrata una stabilità dell’effettivo per il 61% delle aziende, mentre il 23% ha aumentato il personale e il 16% lo ha ridotto, con valori sostanzialmente in linea con quanto le aziende avevano previsto alla fine del 2012. Rispetto allo scorso anno vi è però una leggera tendenza al miglioramento”. In questo contesto il settore servizi/commercio rimane maggiormente stabile rispetto a quello dell’industria/artigianato che ha registrato “valori leggermente peggiori dello scorso anno, senza dubbio legati alle difficoltà legate al contesto internazionale e alle incertezze politico-strutturali interne, soprattutto per le aziende molto votate all’export”.

L’Andamento degli affari è giudicato soddisfacente (43%) dalla maggior parte delle aziende. Ma, globalmente, aumenta anche la percentuale di ditte per cui il 2013 è stata un’annata buona o eccellente (32%, nel 2012 era il 27%). “La situazione può quindi essere considerata sostanzialmente migliore rispetto al 2012 e anche le prospettive per l’anno prossimo sono contraddistinte dalla positività sia a breve (primo semestre) sia a lungo termine. I dati indubbiamente migliori rispetto agli scorsi anni permettono di guardare con una certa fiducia agli sviluppi nel prossimo futuro. Importante da questo punto di vista è anche il dato sull’auto-finanziamento delle aziende che si conferma su buoni livelli e comunque ancora migliori rispetto allo scorso anno”.

Per quanto riguarda l’evoluzione salariale media all’inizio del 2013, “tutti i valori rilevati nel contesto dell’evoluzione salariale sono migliori rispetto al 2012 e chiaramente superiori ai dati rilevati dagli altri Cantoni. Solo il 5% delle aziende non ha fatto registrare aumenti, mentre il 76% delle aziende ha concesso aumenti varianti fra l’1 e il 6%. Per il 2014, il 3% delle imprese non prevede aumenti, mentre la percentuale delle imprese con aumenti medi previsti dall’1 al 6% è dell’84%”.

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