Durante incontri e carnevali i due giovani dovranno stare a casa dei genitori. L'avvocato del Lugano: "La Curva Nord ha dimostrato distacco da ogni atteggiamento violento"
LUGANO – Oltre ad essere stati severamente condannati - il 21enne K.G. a 3 anni, di cui 24 mesi sospesi, e il 20enne N.C. a due anni e mezzo di cui 21 mesi sospesi – i due giovani ultras dell’Hockey Club Lugano dovranno subire la dantesca “legge del contrappasso”. Per cinque anni, durata del periodo di prova, non potranno accedere agli stadi per seguire partite di hockey, né dell’Ambrì né del Lugano, né in casa né in trasferta. E durante le partite – due ore prima fino a due ore dopo – dovranno rimanere a casa dei loro genitori. Per cinque anni non potranno inoltre partecipare a carnevali, di rito ambrosiano o romano. Pena la revoca della condizionale.
Il processo per il “derby della follia” ha acceso i riflettori anche sul ruolo delle società sportive – non solo il Lugano, ma anche l’Ambrì – e delle curve. L’avvocato Marco Bertoli ha rappresentato l’HCL nel procedimento penale. Gli abbiamo chiesto come replica alle critiche, più o meno velate, mosse al Club sia dal giudice Mauro Ermani sia dalla difesa degli imputati.
“Per la precisione – dice Bertoli -, il giudice Ermani non ha parlato solo del Lugano ma in generale delle società che organizzano questi eventi. Il tema di un’accentuata responsabilizzazione dei club è reale, ma non va solo riferito al Lugano. Va anche ricordato che la Resega appartiene alla Città, e che l’HCL ne diventa responsabile per la sicurezza interna a partire da un paio d’ore prima di ogni partita. Quanto succede prima e dopo gli incontri non compete al Club. Quindi, il discorso sulla sicurezza va affrontato ad ampio raggio, con tutti gli attori coinvolti”.
Al processo si è anche parlato della chiave della famosa baracca degli ultras, che nessuno ha rivendicato. La chiave trovata in tasca a uno dei due giovani arrestati…
“È un problema squisitamente giuridico: la chiave non appartiene all’HCL, perché la baracca non era dell’HCL. La chiave è quindi stata riconsegnata al legale del fondo su cui la baracca risiedeva. Quella struttura era adibita a deposito per gli striscioni dei tifosi. Preciso che, comunque, il materiale rinvenuto nella baracca non è stato considerato determinante ai fini dell’inchiesta”.
In questi mesi si è rischiato di associare l’hooliganismo alla Curva Nord. Ci sono state connivenze?
“L’hooliganismo, per quanto riguarda Lugano, si limita a un manipolo di persone che hanno avuto e hanno questi atteggiamenti. Ma gli altri 1'200 tifosi della Curva non hanno nulla a che fare con questo fenomeno. Il giudice ha detto: ‘Bisogna fare un po’ più di attenzione su certi tifosi’. Condivido, ma aggiungo che la sicurezza e la prevenzione passano da un coordinamento costante tra autorità comunali, polizia e club, in modo da evitare che certi individui si possano avvicinare alle piste”.
Ma è pur vero che la Curva, dopo il derby del 24 settembre, non ha dato grandi segnali…
“La Curva Nord ha preso una posizione fondamentale: quella di non aver in nessun modo manifestato atteggiamenti aggressivi. Se l’aspettativa era uno striscione tipo ‘tutti in galera’, francamente non ce lo si poteva aspettare. La cosa importante è che l’atteggiamento della Curva e di tutti i tifosi sia stato di chiaro distacco da atteggiamenti violenti. In futuro bisognerà evitare che un manipolo di dieci o venti persone reputino di essere titolari di una Curva che intende rispettare i valori fondamentali dello sport”.
emmebi