CRONACA
Fondazione Agire, parla un imprenditore: “I soldi sono ben spesi e rimangono sul territorio, favorendo l’innovazione”
A colloquio con Ryan Vannin, titolare di Plastical, azienda di consulenza responsabile del Tecnopolo di Chiasso, e di Nearbos, start up nel circuito della fondazione, per conoscere meglio questa realtà spesso criticata dalla Lega dei Ticinesi

CHIASSO – Una fondazione che fa discutere, soprattutto in Via Monte Boglia. Stiamo parlando della fondazione Agire, fondazione deputata dalla politica al rilancio economico e alla promozione di idee imprenditoriali innovative attraverso il sostegno, finanziario e infrastrutturale, a queste nuove start up locali con l’obbiettivo di garantire uno sviluppo economico e professionale ad alto valore aggiunto. Ma non tutti la pensano così e, ancora la scorsa settimana, il domenicale leghista è tornato ad attaccare Agire, ipotizzando il favoritismo ad aziende italiane “camuffate da svizzere per ottenere i finanziamenti” e il clientelarismo operato da una cerchia ristretta di ricercatori italiani della Supsi, ma criticando anche lo “sperpero” di denaro pubblico in affitti.

Insomma un compito, quello del promovimento economico, che secondo la Lega non dovrebbe essere svolto dal Cantone, che anzi va a favorire aziende nemiche, ma dal mercato stesso. 

Per vederci più chiaro abbiamo raggiunto Ryan Vannin, imprenditore ticinese e titolare di Plastical, azienda di consulenza aziendale responsabile del Tecnopolo della fondazione a Chiasso, e di Nearbos, start up innovativa nel circuito della fondazione. 

La premessa

Prima delle domande Vannin ha voluto fare un’utile e breve premessa per meglio contestualizzare la questione: “Innanzitutto vale la pena di spiegare brevemente come e perché nasce la fondazione: si trattava di prendere il posto del vecchio Ufficio del promovimento economico, che non era più al passo con i tempi e tendeva a favorire solo l’industria, la produttività e i processi e, anche se in passato molte aziende ne hanno approfittato, con l’avvento della crisi, la scarsità di terreni e la crisi dello “storico” terziario ci si è resi conto che questa strada non era più percorribile, anche perché riempire il territorio di capannoni senza valore aggiunto, con dipendenti che provengono prevalentemente da oltreconfine, non è proprio un gran risultato. Da qui l’esigenza di fare qualcosa di diverso e la nascita della fondazione, che si prefigge di mettere in rete le persone con uno spirito imprenditoriale, di favorire il trasferimento della tecnologia del sapere tra tutti gli attori coinvolti e di favorire l’innovazione ad alto valore aggiunto.”

Fatta la premessa iniziamo con le domande.

Ryan Vannin, innanzitutto, di cosa vi occupate voi insieme alla Fondazione Agire a Chiasso con la vostra Plastical? 

“Noi siamo i responsabili del Tecnopolo di Chiasso, una nuova realtà dove può proliferare l’humus favorevole all’innovazione. Con la nostra azienda creiamo una serie di eventi, di incontri e di scambi tra gli attori coinvolti nel circuito della fondazione, così da incentivare maggiormente un modo di pensare più vicino a quello della Silicon Valley, ovvero senza aspettarsi sempre tutto dallo Stato o da chi per esso, ma muovendosi con le proprie gambe. Un piccolo esempio per far meglio capire: io azienda ho un bravissimo programmatore, ma al momento non ho lavoro per lui: nella rete Agire mi viene segnalata l’esigenza di un’altra azienda proprio di un programmatore; ci troviamo e invece che licenziare l’informatico magari semplicemente lo farò lavorare temporaneamente per l’altra azienda. E questo è solo uno dei possibili esempi.”

La Lega ha attaccato più volte la fondazione Agire, in particolare con l’accusa di favorire start up italiane. Riscontra anche lei, che lavora a contatto con le aziende, questo problema? 

“No, tutte le aziende che beneficiano degli aiuti sono assolutamente ticinesi, nessun aiuto va ad aziende italiane, dopodiché se nelle aziende ticinesi ci sono fondatori o membri di Cda italiani questo non posso verificarlo, ma l’importante è che vengano favorite le aziende del territorio. C’è anche da dire che da noi manca un po’ la mentalità imprenditoriale e gli italiani, più naturalmente e culturalmente votati all’impresa, colgono spesso prima di noi le opportunità. È necessario un cambio di mentalità, ed è proprio quello che la fondazione si prefigge di fare. Su 14 start up finora finanziate al massimo 2-3 sono riconducibili a titolari italiani, ma anche queste garantiscono comunque grande innovazione e posti di lavoro ad alto valore aggiunto sul territorio”

Dunque respinge, anche se lei non parla direttamente per Agire, le accuse a mezzo stampa della Lega di favorire le aziende italiane? E dei rapporti con la Supsi e dei paventati favoritismi a una cerchia ristretta di ricercatori italiani cosa può dirmi? 

“Sì, assolutamente, anche quando gli imprenditori sono italiani, sono aziende locali ad alto valore aggiunto e innovativo. Su 14 star up finora finanziate al massimo 2-3 sono riconducibili a titolari italiani, ma che garantiscono comunque grande innovazione e posti di lavoro ad alto valore aggiunto sul territorio. Va anche detto che su 10 idee interessanti e innovative che arrivano, 9 provengono dall’Italia, è dunque normale che le loro possibilità di riuscita siano più alte. Per quanto riguarda la ‘cerchia’ Supsi non mi risulta assolutamente, anzi diversi progetti sono nati in ambito Usi. Dopodiché è chiaro che se abbiamo le competenze sul territorio, volute con la fondazione dell’Usi e della Supsi, credo sia scontato che le idee e le risorse spesso vengano da lì. Se poi i professori sono italiani è un fatto che non riguarda più la fondazione, ma sono scelte delle scuole, credo condizionate da elementi molto diversi, ma non è questa la sede per discuterli .”

E il costo dei finanziamenti crede che sia ponderato? 

“Credo proprio di sì, dalla sua nascita la fondazione Agire ha finanziato 14 progetti spendendo circa 6 milioni, grazie a questo investimento si sono potuti raccogliere, perché un altro scopo dell’associazione è dare credibilità a un progetto aiutandolo a trovare finanziamenti privati, ben 17 milioni di finanziamenti privati, che hanno contribuito a creare gli 80 posti di lavoro che le 14 start up offrono al momento. Dunque con un volano di fattore tre, ovvero per ogni franco ‘pubblico’ immesso se ne sono raccolti tre da privati, e 80 posti di lavoro creati direi proprio che i soldi siano stati ben spesi, anche tenendo conto che la maggior parte di queste attività essendo innovative hanno degli alti costi di ricerca e sviluppo.”

Che cos’ha che non va la mentalità ticinese? 

“Diciamo che per motivi culturali, storici ed economici in Ticino non si è mai sviluppata una vera e propria mentalità imprenditoriale. Siamo cresciuti pensando al posto in banca, al posto fisso garantito, con una avversione naturale al rischio, spesso giudicato dall’opinione comune azzardato, e con una vergogna per il fallimento, quando invece nella cultura americana o nordeuropea viene vissuto come un passaggio naturale e anzi a volte celebrato. Questo ha ovviamente spinto chi ha più fame di noi, o anche solo è più avvezzo al rischio, a “conquistarci”, in particolare dalla vicina Italia, basta andarsi a guardare da chi sono composti i Cda di tante imprese nostrane. Ecco, Agire vorrebbe invertire questo trend, favorendo uno spirito industriale locale e innovativo, anche perché il Ticino ha un potenziale enorme e anche i soldi ci sarebbero, grazie agli ottimi periodi passati, ma manca un po’ il coraggio, anche di investire.”

Ancora una domanda su un punto che la Lega contesta, la spesa per gli affitti. Crede sia ingiustificata? 

“Come già detto credo sia giusto che il Cantone si faccia promotore di azioni come quella di Agire e, se un’iniziativa viene fatta, è normale che abbia dei costi per i locali in uso. C’è anche da dire che ad esempio per Chiasso è stato un processo lungo l’identificazione del posto, perché spesso quando ci si presenta con alle spalle il Cantone stranamente i prezzi di un po’ tutte le offerte quadruplicano magicamente, ma proprio per non buttare via soldi abbiamo cercato di evitare queste logiche.”

Concludendo dunque nessuna critica ad Agire? 

“No, anzi una piccola critica andrebbe mossa: la comunicazione. La fondazione secondo me non comunica ancora abbastanza efficacemente i suoi risultati, esponendosi così agli attacchi di chi non vede risultati. Dovrebbe riuscire a farlo meglio pubblicizzando maggiormente i risultati raggiunti, perché 80 posti di lavoro creati in soli due anni non sono proprio niente.”

dielle

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