CRONACA
Appartamenti a luci rosse, giro di vite anche a Locarno: ‘Trenta giorni per cessare l’attività o apponiamo i sigilli’
Da un censimento, risultano una ventina le abitazioni in cui si esercita illegalmente la prostituzione, in mano a una decina di proprietari, alcuni dei quali i ‘soliti noti’, a cui il Comune intima ora di riportare la situazione alla normalità

LOCARNO – La prostituzione in appartamento è sempre più al centro di ordinanze e azioni di molti comuni. Mentre a Cadenazzo la popolazione continua a protestare per l’entità del fenomeno nel territorio, Lugano ha di recente dato un giro di vite regolando la richiesta della licenza e rendendo de facto molto più difficile l’esercizio della attività a luci rosse nelle abitazioni private (vedi suggeriti) causando anche preoccupazione nei Comuni limitrofi. A muoversi, come riporta oggi LaRegione, è ora anche Locarno.

Nella città, secondo un censimento del fenomeno effettuato negli scorsi mesi dalla Comunale e dall’Ufficio controllo abitanti, sarebbero al momento non più di una ventina gli appartamenti coinvolti. La metà invece i relativi proprietari, alcuni dei quali, specifica il quotidiano bellinzonese, sarebbero nomi noti che si sono già fatti conoscere altrove nel cantone per la loro attività in quest’ambito.

La raccolta dati ha permesso alla Città di delineare i contorni locarnesi di un fenomeno in espansione nell’intero Cantone, anche a causa di specifici siti internet che permettono di conoscere, sull’intero territorio, l’esatta posizione di questi appartamenti a luci rosse.

Una problematica considerata seria dalla Città che per questo, nelle scorse settimane, ha intimato ai proprietari di ristabilire “una situazione di conformità alla licenza edilizia” negli appartamenti in cui a livello pianificatorio o in base all’Ordinanza comunale l’esercizio della prostituzione non può essere ammesso.

Le raccomandate fissano quindi un termine di 30 giorni per riportare la situazione alla normalità. Passato questo periodo, nonostante eventuali ricorsi al Governo, che non hanno effetto sospensivo, la Polizia è autorizzata a intervenire apponendo i sigilli all’appartamento in questione.

Contattato da LaRegione, il comandante della Polcom Silvano Stern, specifica inoltre che nella gestione di questi appartamenti “il metodo classico è il subaffitto a chi pratica la prostituzione. Parliamo di cifre considerevoli, sui 500 o 600 franchi alla settimana. Il calcolo dei ricavi mensili è subito fatto. Ai proprietari che direttamente o indirettamente ne ricavano indebito profitto intimiamo di fare in modo che gli appartamenti tornino ad essere solo residenziali. In caso contrario abbiamo la facoltà di andare, liberare i locali e mettere i sigilli. Preciso comunque che ogni intervento è effettuato sotto l’egida e in collaborazione con Teseu, il distaccamento specialistico della Polizia cantonale”.

La situazione nel Luganese

Intanto, le misure adottate a Lugano stanno preoccupando i Comuni nella periferia, che temono che il fenomeno possa spostarsi verso le zone in cui non sono ancora presenti direttive specifiche. Un rischio a cui, come si legge oggi sul Corriere del Ticino, molti Municipi della cintura urbana hanno deciso di reagire, iniziando ad elaborare soluzioni simili a quelle adottate da Lugano.

Questo il caso di Massagno, che oggi ha già sul territorio alcuni appartamenti a luci rosse. Il sindaco Giovanni Bruschetti si è infatti detto deciso a seguire la strada intrapresa da Lugano già entro al fine di questa legislatura. “E spero che tutto il Luganese segua questa linea. Se si vuole affrontare con efficacia questo tema è necessario che non ci siano sacche di resistenza”.

Se la zona di Collina d’Oro e Paradiso si dicono relativamente già al sicuro dal fenomeno, Savosa aveva visto invece in passato la presenza di qualche appartamento osé. E anche qui, come ha spiegato al CdT il sindaco Raffaele Schärrer, il problema è stato risolto contattando i proprietari e chiedendo loro di procedere con la domanda di cambio di destinazione dell’appartamento tramite licenza edilizia. Inoltre, ha aggiunto Schärrer, “il nostro piano regolatore, al vaglio del Consiglio di Stato, esclude esplicitamente questo tipo di attività, non solo nelle zone residenziali ma anche in quelle miste artigianali-residenziali”.

 

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