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Cronaca
16.09.2014 - 10:350
Aggiornamento: 03.10.2018 - 16:25

Se potessi avere mille franchi al mese... Il degrado del lavoro: le cifre e le testimonianze della vergogna e del dumping

Gli esempi concreti pubblicati dall'OCST: salari in euro, tempi parziali fittizi, lavoro temporeneo e su chiamata. Un degrado a macchia d'olio: imprese, call center, benzinai, logistica, fiduciarie, privati...

LUGANO – Pubblichiamo integralmente gli allegati al documento dell’OCST sul lavoro presentato questa mattina. In questo rapporto sono indicati esempi concreti, testimonianze, salari da fame (fino a 1'000 franchi lordi al mese per un tempo pieno!), pagati in Ticino a lavoratori (prevalentemente stranieri) in diversi settori di aittività. 

Le indagini

Particolarmente indicative sono alcune indagini effettuate dall’Ispettorato del lavoro su incarico della Commissione tripartita per la libera circolazione in rami professionalmente qualificati, che possono costituire uno sbocco particolarmente interessante e attrattivo per la manodopera locale (a condizione che i livelli salariali siano confacenti al costo della vita e non si immettano – come sta purtroppo diventando il caso – su una traiettoria discendente).

Impiegati di commercio nelle fiduciarie

-    nel 37,8% dei casi i lavoratori frontalieri assunti negli ultimi due anni percepiscono un salario inferiore al minimo di riferimento (fr. 3'180.- mensili per 13 mensilità).

(Rapporto 06.06.2014)

Informatici

-    il 30,7% degli informatici frontalieri assunti negli ultimi due anni attesta un salario inferiore al minimo di riferimento degli impiegati di commercio (fr. 3'180.- mensili per 13 mensilità)
-    il salario medio da loro percepito è pari a fr. 2'199.- mensili

(Rapporto 13.09.2013)

Ingegneri e architetti

-    il 18,4% degli ingeneri e architetti frontalieri percepisce un salario inferiore al minimo contrattuale di un disegnatore nel primo anno di attività (fr. 3'579.- mensili per 13 mensilità)
-    la percentuale sale al 29,1% se si fa riferimento al salario minimo di un disegnatore nel terzo anno di attività (fr. 4'137.- mensili per 13 mensilità).

(Rapporto 10.09.2012)

Le testimonianze

Testimonianza 1 (ricostruzione salariale a ritroso)

“Lavoro presso la SSS dal 01.02.2014. Ho riscontrato che le retribuzioni non corrispondevano. Me ne sono accorta verso i primi di maggio in quanto i conteggi delle buste paga mi venivano negati. Alla fine (17 aprile), dopo innumerevoli insistenze verbali e per messaggistica whatsapp, mi vengono inviati i conteggi tramite la mia e-mail e scopro che mi vengono fatti i conteggi su un numero di ore inferiore a quelle che comunico ogni fine del mese. Mi sono decurtate da 12 a 22 ore mensili. Attualmente non dispongo del conteggio busta paga di maggio in quanto mi viene negato se non lo firmo ma il fatto è che non posso firmare per accettazione un conteggio falso. Ma dispongo dell’attestazione di versamento sul mio conto postale presso la posta di Mendrisio. (…) I miei datori di lavoro fanno il conteggio seguente: le ore che io comunico vengono moltiplicate per 10 Euro (valuta italiana) dopo di che l’importo viene tramutato in franchi svizzeri e il risultato viene a sua volta diviso per la paga oraria di fr. 15,50 giungendo a definire il numero delle ore. Ho avuto un colloquio con il datore di lavoro che ha usato parolacce e ha alzato la voce in quanto sostiene che io verbalmente avrei accettato una simile proposta ma non è così visto che ho voluto spiegazioni dalla ditta che mi ha assunta e ora mi sto rivolgendo alle autorità.”

Testimonianza 2    (pressioni e sfruttamento)

Sara, 32 anni di Varese. Ha molta esperienza nella ristorazione una formazione come cameriera e ristoratrice, ha gestito un albergo che purtroppo ha chiuso. Non trovando nel suo campo cerca un po’ di tutto. A settembre va in prova in una società che gestisce chioschi, pompe di benzina e cambiovalute.
Dopo 10 giorni di prova (gratuita) viene confermata. Lo stipendio iniziale è di 3'000 franchi lordi senza tredicesima, ma le viene garantito che poi ci saranno adeguamenti se lavora bene e “non ci sono problemi”.
Subito nota un clima assurdo: tra colleghe non si parlano, sono continuamente in tensione per paura di essere riprese e sgridate. Chi non va a genio viene isolata nella cabina del cambio o sballottata tra le varie filiali, con cambi continui di turni (chiamava la sera e diceva: domani vai a … invece che a …, senza che ci fossero particolari motivi..). In 4 mesi vede cambiare 3-4 dipendenti tutte licenziate da un giorno all’altro o scappate. Tutte italiane, solo ogni tanto qualche ragazza svizzera, ma solo con contratti a ore, a chiamata. Le dipendenti frontaliere invece hanno retribuzione fissa a 3’000 franchi con conteggio delle ore supplementari e straordinarie registrate, ma mai pagate con frasi tipo “poi vedremo”, “faremo i conti più avanti”.
Al di la dell’aspetto salariale, lascia impressionati il racconto della gestione del personale: controllo continuo e ossessivo, minacce e aggressioni verbali dei superiori, nessuna possibilità di discussione perché il capo ha sempre ragione, mentre quello che fanno le dipendenti va sempre male.
Primo esempio: una volta ha chiamato una sua collega di un’altra filiale per un consiglio sul lavoro. Dopo appena un minuto riceve sul cellulare la chiamata di richiamo della superiora: aveva visto dalla telecamera “di sicurezza” che entrambe parlavano al telefono e le ha riprese perchè non devono parlare tra di loro: se c’è un problema devono sentire la capa e basta!
Secondo esempio: un cliente ha fatto benzina ed è scappato senza pagare. Lei se ne è accorta dal monitor, ha chiamato la polizia per segnalare, ma purtroppo non aveva numero di targa e non ha riconosciuto il modello dell’auto. La sera il capo si è presentato arrabbiatissimo, l’ha chiusa nell’ufficio, e non ha voluto sentire ragioni: o paghi tu l’importo o non esci da questa stanza. Stranamente anche le registrazioni delle telecamere erano sparite e danneggiate, mancando proprio quelle di quel pomeriggio e non c’era modo di discutere con il capo. Impaurita e completamente sconvolta dalle accuse rivolte ha pagato, ma lì ha deciso che il vaso era colmo.
Anche se non aveva un altro lavoro, ha capito che 4 mesi in quel posto li erano fin troppi, e che se andava avanti a sopportare quel clima si sarebbe ridotta come le colleghe che resistono, ma che sono psicologicamente e fisicamente devastate, e questo le avrebbe pian piano levato l’energia per cercare una nuova occupazione, più in linea con le sue capacità.
Al telefono conclude dicendo “tanti miei colleghi sopportano di tutto pur di non perdere il lavoro e dunque lo stipendio, ma credo che bisogna ribaltare la questione: val la pena perdere tutto (serenità, salute, allegria,..) per lo stipendio?” .

Testimonianza 3 (trattamento abusivo)

Manuela: per me è stato mobbing vero e proprio. Una volta il mio datore di lavoro si è pure alzato per colpirmi. Non ci si rende conto di cadere nell’intreccio di certe maglie. È stato un crescendo di cattiverie. Il mio datore di lavoro è stato molto abile: mi faceva passare le cattiverie, che erano sempre più scempi, come delle prove che io avrei dovuto superare, per dimostrare di essere la persona giusta per il lavoro. Si trattava di un contesto in cui le cattiverie erano un valore aggiunto e mi si faceva capire che avrei avuto più successo quanto più sarei riuscita a sopportare queste cattiverie e quanto più cattiva sarei stata io stessa. La mia supervisore, di giorno seguiva il mio capo e durante gli orari notturni e nel fine settimana mi contattava telefonicamente, completando quella sorta di stalkeraggio che già subivo dal mio capo. Venivo chiamata anche il sabato per svolgere del lavoro aggiuntivo, oltre a lavorare in un ufficio che gestivo da sola dalle 8:20 fino alle 18:00 circa. Io facevo in modo che persone e anche aziende e istituti di credito svizzeri avessero fiducia nel mio datore di lavoro. Sarò anche riuscita a recuperare il mio stipendio, ma sto ancora pagando le conseguenze dei danni morali di questo mio lavoro. 

Testimonianza 4 (nelle pieghe di un trasferimento d’azienda)

Ero stata da poco assunta come giovane designer per uno studio di grafica a Cantù (CO). Dopo pochi mesi di lavoro il proprietario si decide per il trasferimento in Svizzera. Mi viene proposto di seguire l’azienda presso la nuova sede con la promessa di un adeguamento salariale e di nuove prospettive di lavoro. Titubante accetto (in fondo il salario promesso era migliore di quanto già prendessi standomene in Italia).
Tuttavia per i primi due mesi vengo costretta a lavorare secondo una bozza di contratto comunicata solo a voce, ricevendo un compenso netto di 1’600 €. Mi viene assicurato che non si tratta di un lavoro in nero e che la mia posizione è assolutamente regolare. Mi vengono inoltre fornite informazioni sbagliate sui permessi di lavoro (mi viene ovvero detto che il permesso è da richiedere entro sei mesi) e sui miei oneri fiscali nei confronti dell’Italia (vivo infatti in Brianza, fuori dalla fascia di frontiera).
Grazie all’incontro col sindacato OCST apprendo la verità circa la mia posizione previdenziale e fiscale: nessuno sta pagando i contributi, dovrò pagare parecchie tasse in Italia (con il risultato di un salario netto inferiore al passato!) e soprattutto sono completamente fuori regola non avendo alcun permesso di lavoro.
Sollecito immediatamente l’azienda a regolarizzare la mia posizione. Ecco che dopo un mese circa il datore di lavoro mi consegna il permesso di lavoro G.
Riprendo contatto col sindacato e scopro che per poter richiedere il permesso di lavoro era necessario depositare presso l’Ufficio degli stranieri un contratto di lavoro vidimato dalla mia firma e da quella del datore di lavoro…ma io non avevo mai visto nessun contratto!
Il sindacato riesce a farsene mandare una copia dall’Ufficio degli stranieri. Cosa salta fuori? L’azienda aveva falsificato la mia firma facendomi così accettare un salario da fame (1’200 CHF lordi mensili)…il gioco era chiaro: pagare bassi contributi e stipendiarmi la parte mancante in nero.
Vengo quindi liquidata dal rapporto di lavoro con una magra buonuscita.

Testimonianza 5 (una presa in giro)

Manuela è stata assunta e ha cominciato a lavorare in Ticino in una società fiduciaria, che ancora non esisteva, senza contratto, in un ruolo polivalente di segretaria personale del proprietario e di addetta alla comunicazione e alla ricerca di fondi per questa società. 
M: Sono laureata in lettere classiche, però essendo di una famiglia di commercianti, sono più una comunicatrice. La mia mansione nel mio posto di lavoro all’università in Italia era quella di una fundraiser, quindi cercare di creare delle mission e delle Onlus (organizzazioni non lucrative di utilità sociale) affinché dessero il loro contributo per i progetti. Quindi creare campagna e razionalizzare il tutto era il mio compito. È stato proprio all’università che ho conosciuto il mio futuro datore di lavoro, poiché lui era proprio uno dei donatori. Questo signore mi aveva contattata molto prima della fine del mio lavoro in università, dicendomi di essere fortunato ad avermi trovata, viste le mie grandi capacità e mi ha poi offerto un lavoro nel doppio ruolo di fundraiser e assistente personale nella fondazione che avrebbe fondato a breve in Italia. In realtà questa fondazione non è mai nata, perché il progetto si era arenato. Al momento dell’inizio del mio lavoro sono quindi stata “riciclata” in un’altra società, questa volta a Lugano. Ero perciò stata assunta con le funzioni di assistente personale, non soltanto del mio capo ma anche degli altri soci fondatori, responsabile del back office, addetta alle comunicazioni e fundraiser. Dal lato pratico questo si è tradotto per me in un’opera molto diversa: ho effettuato il trasloco di colleghi di lavoro che non ho mai conosciuto, mettendoci il mio lavoro fisico e i miei soldi. Sì, perché sono stata pagata soltanto un mese dopo il mio licenziamento, dopo avere lavorato per tre mesi senza stipendio. Lavoravo nell’ufficio da sola, figuravo sempre io come responsabile di tutto e non avevo nessuno a cui riferirmi. Ho dovuto risolvere tutti i problemi da sola e accogliere tutte le lamentele delle persone, senza conoscere il territorio di Lugano e il contesto che comportava. 

Esempi in briciole

Strozzinaggio salariale

-    ditta che crea software offre a segretaria commerciale e amministrativa un salario di fr. 1'600.- lordi mensili (tempo pieno);

-    ditta nel campo della comunicazione offre a impiegata fr. 1'000.- lordi mensili (tempo pieno);

-    ditta nel campo della comunicazione offre un salario di 1'200 Euro netti mensili (circa 1'700 franchi);

-    ad assistente di direzione viene offerto uno stipendio di fr. 1'000.- lordi per un impiego a metà tempo;

-    impiegate amministrative in un call center sono retribuite 1'350.- franchi al mese per 12 mensilità;

-    impiegata in una ditta operante nel settore delle comunicazioni percepisce uno stipendio di fr. 1'000.- lavorando a metà tempo;

-    segretaria in una ditta che si occupa della gestione di un marchio della moda viene retribuita fr. 1'000.- mensili;

-    consulente aziendale nelle aree di revisione organizzativa, di revisione dei processi, di disegno funzionale e di sviluppo informatico presso la sede in Ticino di una società italiana viene retribuita 2'600.- franchi lordi mensili (tempo pieno);

-    analista del credito presso una ditta del Luganese percepisce 1'600.- franchi mensili (tempo pieno); 

-    impiegata presso una fiduciaria del Luganese chiede, avendo raggiunto tre anni di esperienza dopo il tirocinio una rivalutazione dello stipendio; viene portata a fr. 2'750.- (per 13 mensilità) asserendo che le colleghe frontaliere (anche laureate) prendono questo importo e non è perciò possibile retribuirla diversamente;

-    venditrice frontaliera pagata da una boutique 1'300.- franchi mensili per un tempo pieno (in netto contrasto con il salario minimo fissato dal contratto normale di lavoro della categoria);

-    educatrice d’asilo frontaliera viene assunta da un asilo di Lugano con la mansione di vicedirettrice per un salario lordo di 3'200 franchi lordi mensili (senza tredicesima e a tempo pieno).

Salari in Euro

-    nella causa intentata dall’OCST contro una ditta del Luganese il tasso di cambio applicato ammontava a 1,42 quando nella realtà oscillava attorno a 1,20;

-    in un call center è stato rilevato un tasso di cambio di 1,52 quando nella realtà ammontava a circa 1,20.

Il raggiro delle qualifiche e del profilo

-    operatori di un call center, per i quali dovrebbe valere il salario fissato dal relativo contratto normale, vengono fatti figurare come impiegati per potere essere liberi di retribuirli con un salario inferiore (fr. 13.- all’ora invece di fr. 19,50 orari);

-    tendono ad aumentare le imprese che annoverano un gruppo molto ampio e prevalente di personale non qualificato per attività che esigono al contrario un buon livello di professionalità. Il caso è particolarmente rilevabile nell’artigianato;

-    una parrucchiera frontaliera viene retribuita con un salario di fr. 1'000.- mensili pur avendo una formazione triennale in Italia ed un anno aggiuntivo di specializzazione. Il contratto collettivo nazionale ha tuttora la lacuna del salario minimo per chi ha una formazione estera.

Prestazioni non retribuite

-    un salone di parrucchiere occupa due lavoratrici frontaliere. Vengono retribuite al 30% ma devono rimanere in negozio molte più ore. La loro retribuzione corrisponde mediamente al tempo effettivo di  presenza di clienti. Il rischio aziendale dei tempi morti viene scaricati sulle dipendenti;

-    un contratto di lavoro contiene esplicitamente la clausola seguente: “Il lavoro straordinario non è retribuito né può essere recuperato”;

-    ditta di prodotti alimentari del Sopraceneri chiede sistematicamente prestazioni supplementari senza conteggiarle né retribuirle;

-    una dipendente di una ditta di pulizie lavora mezz’ora aggiuntiva al giorno senza essere retribuita. L’azienda richiede un elevato livello qualitativo del servizio senza concedere il tempo necessario e inducendo la dipendente, per timore di perdere il posto, a fornire prestazioni gratuite.

Una scappatoia meschina

-    alcuni negozi nel ramo dei parrucchieri, allo scopo di aggirare le nuove disposizioni del contratto collettivo di categoria hanno modificato lo statuto dei dipendenti passandoli dalla precedente condizione di lavoratori a tempo parziale (percentuale fissa e duratura) a lavoratori su chiamata.

Il raggiro dello stage

-    un giovane architetto frontaliere con laurea viene assunto come architetto junior con una retribuzione di fr. 2'000.- mensili (per 12 mensilità). Essendo l’unico dipendente svolge tutte le attività in modo autonomo. Nel ramo degli ingegneri e degli architetti lo stratagemma dello stage sembra particolarmente diffuso senza che la categoria contrasti questo fenomeno che sta intaccando il prestigio delle professioni ed è in contrasto con l’impegno profuso dall’ente pubblico per avere in Ticino curricoli formativi di grado accademico (USI e SUPSI);

-    laureata in architettura (in Italia) accetta uno stipendio di 800.- franchi in uno studio del Luganese;

-    una giovane lavoratrice frontaliera, laureata in giurisprudenza, era stata assunta nell’ottobre del 2013 da una fiduciaria di Lugano come “Stagista-impiegata”. Il contratto era a tempo determinato con una retribuzione di 2’000 fr. lordi mensili. Nel gennaio 2014 le fanno sottoscrivere un nuovo contratto identico nei contenuti.     Nel mese di giugno viene firmato un terzo contratto con il medesimo inquadramento professionale. Lo stipendio viene aumentato a 2’200 fr. lordi mensili. Tutte e tre i contratti contengono la clausola che recita: “Il lavoro straordinario non è retribuito né può essere recuperato”. Nonostante essere stata classificata come stagista, la giovane ha svolto le mansioni di una normale impiegata, coprendo persino lavori di particolare responsabilità giuridica grazie alla formazione accademica nel campo del diritto. La posizione di questa dipendente non rispecchia per nulla i criteri che definiscono lo stage (si veda la lista di criteri utilizzata dall’Ispettorato del lavoro). La giovane ha ora deciso di disdire il rapporto di lavoro.

Apprendisti adulti

-    hanno assunto una dimensione non trascurabile i casi di giovani frontalieri ultraventenni con una concreta esperienza professionale alle spalle, che vengono assunti in Ticino quali apprendisti soprattutto in alcune professioni artigianali. Gli interrogativi che solleva non sono insignificanti. E’ in primo luogo tangibile il pericolo che le ditte più spregiudicate utilizzino questo espediente per avere a disposizione manodopera dotata di una certa conoscenza del mestiere ma, figurando quale apprendista, retribuita per alcuni anni in misura molto inferiore ai salari minimi contrattuali. Possono inoltre ritrovarsi sfavoriti i giovani locali che al termine della scolarità desiderino intraprendere un tirocinio in queste professioni. Si troverebbero penalizzati dalla diretta concorrenza di giovani che dispongono già di una parziale esperienza  professionale;

-    un architetto frontaliere con formazione accademica viene assunto e sottoposto ad un apprendistato di due anni con un salario che passa da fr. 1'800.- a fr. 3'600.- nell’arco del “tirocinio”;

-    un operaio di una ditta di ricupero materiale viene assunto con la denominazione “operario/apprendista” a 1'500.- franchi mensili. Non segue nessun tirocinio.

Indipendenti impropri

-    l’Associazione ticinese dei parrucchieri aveva segnalato che in alcuni saloni si era iniziato ad affittare le poltrone a parrucchieri in modo da renderli prestatori di lavoro indipendenti. Il salone scarica in tal modo all’esterno il rischio aziendale dei tempi morti. Questo escamotage non è tuttavia legale; la giurisprudenza considera questi lavoratori come salariati;

-    ditta del Mendrisiotto nel campo dell’informatica impiega persone che lavorano da casa in Italia con il principio della “libera collaborazione”. Li considera perciò liberi professionisti pur operando solo per la ditta che fornisce il mandato. 

Aziende fantasma

-    negozio di bigiotteria in centro a Chiasso assume via telefono una lavoratrice italiana del sud. Le viene quindi comunicato per fax l’avvenuta assunzione come commessa di cassa per un salario lordo mensile di 1'200 CHF (tempo pieno). La donna si trasferisce al nord, firma il contratto e richiede il permesso di lavoro come frontaliera. Il giorno pattuito per l’inizio dell’attività, alla signora viene chiesto di recarsi a sue spese presso una boutique di Lugano per ritirare le chiavi del negozio! La signora incredula accetta; comincerà così tre mesi di lavoro nei quali avrà la responsabilità di aprire e chiudere il negozio, oltreché vendere la merce. Il salario non arriva e dopo poco tempo riceve persino un avviso di sfratto per il mancato pagamento dell’affitto del locale.

Tempo parziale fittizio

-    una ditta attiva nella commercializzazione di abbonamenti telefonici versa al personale addetto ai contatti telefonici con la clientela un salario di 1'500 franchi al mese (per 12 mensilità) per un impiego di poco inferiore al tempo pieno. Per occultare questo trattamento, la ditta ha pensato bene di fare figurare un rapporto di lavoro a tempo nettamente parziale. Con questo sotterfugio ha messo in atto un tentato raggiro ai danni dell’ispettorato del lavoro, incaricato dei controlli. Essendo catalogata come call center, l’azienda avrebbe dovuto rispettare la retribuzione fissata dal contratto normale di lavoro di questa categoria (fr. 16,95 all’ora nel periodo di prova e fr. 19,50  successivamente). Nel caso concreto avrebbe dovuto corrispondere circa 1'000 franchi in più al mese. Dichiarando che il personale lavorava a tempo parziale, la ditta “ripuliva” sulla carta la sua infrazione e lo sfruttamento del personale.

Il calcolo del gambero

-     una ditta continua a calcolare il salario mensile secondo parametri non conformi al contratto normale della categoria. Per mascherare questa modalità di calcolo e per non essere contestabile dall’Ispettorato del lavoro, divide poi l’importo mensile così ottenuto per il salario orario fissato dal contratto normale ottenendo un numero di ore di lavoro artificiale (diverso da quello effettivamente svolto dal dipendente). Ricostruisce cioè a ritroso il numero di ore lavorative allo scopo di potere esibire il rispetto del salario orario stabilito dal contratto normale e continuare a retribuire il dipendente secondo il contratto iniziale di lavoro anche se in contrasto con le norme del contratto normale.

Il lavoro su chiamata

-    dall’ingresso nel settore “hard discount”, una catena di distribuzione di matrice germanica si è subito fatta notare per il ricorso  a forme di flessibilità oraria estreme.
Nei punti vendita regionali sono presenti un gerente impiegato a tempo pieno, un vice gerente impiegato con un grado di occupazione tra il 70% ed l’80% e il personale di vendita impiegato con un grado di occupazione tra il 30% - 70%.Nei contratti individuali di lavoro, dal personale di vendita ai vice gerenti (occupazione a tempo parziale), non viene fissata una durata minima/massima giornaliera, settimanale, mensile o annuale. Vi è indicata la funzione (es. venditore), il luogo di lavoro e il grado di occupazione. Il dipendente, oltre al contratto di lavoro individuale è chiamato a sottoscrivere una dichiarazione personale (vidimata dalla cancelleria del Comune di domicilio) del seguente tenore “Il sottoscritto xy dichiara sotto la propria personale responsabilità di avere solamente un unico posto di lavoro, e precisamente presso la società di distribuzione”. Ovvero, dipendente a tempo parziale ma a disposizione del datore di lavoro dal lunedì al sabato con orari “à la carte”. Non meraviglia che il personale, indistintamente e a prescindere dal grado di occupazione, presta conseguentemente un numero impressionante di ore straordinarie. Trattasi d’altronde di ore pianificate in modo unilaterale dal singolo gerente. I responsabili della catena di distribuzione sono infatti interessati ad un unico aspetto: fare in modo che, dalle 06.30 alle ore 19.00 (per i gerenti e vice gerenti sino alle ore 20.00), sia presente un numero sufficiente di persone a coprire le esigenze del punto vendita.  Punte giornaliere sino 11 ½  ore (dalle 06.30 alle 19.00, inclusa 1 ora di pausa) e superamenti della durata settimanale stabilita dal regolamento interno (42 ore per tutto il personale risp. 46 ½ per i gerenti e vice gerenti), sono la regola.  Le ore straordinarie sono compensate in pari tempo libero. Le ore straordinarie sono pertanto sistematicamente accantonate e riconosciute con un rapporto “1 a 1” entro 12 mesi al massimo (termine fissato nel regolamento interno aziendale): la compensazione in tempo libero avviene nei periodi pianificati dal gerente in base alle esigenze organizzative contingenti. I piani di lavoro sono resi noti al personale occupato alcuni giorni prima della settimana lavorativa. Ai collaboratori non viene consegnato nemmeno su richiesta il controllo ore settimanale su cui, peraltro, il gerente chiede al personale di apporre la firma. 

Pressioni occupazionali

-    nel campo degli impiegati di commercio anche nel corso del 2013 le nuove entrate di manodopera frontaliera sono ammontate (da nostre valutazioni) ad almeno 500 unità e in una percentuale copiosa con salari inferiori a 3'000.- franchi mensili. Rimane perciò elevata, in questo settore particolarmente ambito dalla manodopera locale, la contrazione di potenziali sbocchi occupazionali per chi è alla ricerca di un posto di lavoro;

-    con una ditta nel campo della logistica a Stabio si era concordata l’assunzione di una giovane impiegata per un periodo di stage al quale avrebbe fatto seguito un’assunzione in pianta stabile. Dopo essere venuta meno all’impegno di assunzione senza motivi giustificati si è scoperto che la ditta aveva assunto una impiegata frontaliera (presumibilmente per motivi di amicizia con un dirigente);

-    in una industria del luganese il personale locale è stato gradatamente sostituito da collaboratori d’oltre confine poiché considerati troppo costosi dal profilo salariale.  

Il caso dell’edilizia

Nell’arcipelago del lavoro precario, dei distaccati e dei subappalti

Lavoro interinale e impieghi a termine

Una modalità per governare i costi consiste nell’impiegare lavoratori interinali o collaboratori a termine. Il normale organico del personale può così essere compresso; viene completato all’occorrenza da collaborazioni che variano in parallelo all’evoluzione delle ordinazioni. Utilizzando il bacino d’oltre confine si sono così diffusi il lavoro interinale e le assunzioni temporanee. 

Come già richiamato, nel 2013 ci si è assestati grosso modo a circa:
-    1’300 lavoratori frontalieri a termine (max 90 giorni) assunti direttamente da un’impresa ticinese del settore edile tramite notifica;
-    1’000 lavoratori frontalieri a termine (max 90 giorni) assunti da agenzie di collocamento tramite notifica e forniti a imprese del settore edile;
-    1’200  lavoratori frontalieri interinali che dispongono di un permesso di lavoro di lungo termine con un’agenzia di collocamento e che questa fornisce al settore edile.

Tenendo presente che il totale dei lavoratori alle dipendenze dell’edilizia allargata raggiunge circa 15’000 unità si nota facilmente la rilevanza di questo tassello flessibile della manodopera occupata. A pagarne il pedaggio sono i numerosi lavoratori che sono sotto il giogo di condizioni lavorative e di vita particolarmente precarie. Dal profilo salariale sono tutelati da contratti collettivi vincolanti; la transitorietà del loro apporto li espone tuttavia ad un computo meno rigoroso delle qualifiche e competenze effettivamente possedute.

Subappalti e lavoro distaccato

Una modalità ancora più carica di insidie, che è andata gonfiandosi, consiste nell’affidare una parte del mandato ad una ditta esterna e in particolare a imprese d’oltre confine. Si persegue in tal modo un risparmio sui costi, sia perché questi apporti consentono all’impresa locale di ampliarsi e restringersi a dipendenza degli ordinativi, sia perché si ricorre a ditte estere i cui costi generali sono inferiori. Nel corso del 2013 i lavoratori distaccati notificati (dipendenti e indipendenti) sono ammontati a circa 9’000 unità, 3’500 dei quali indipendenti.

La collaborazione con imprese d’oltre confine per il tramite del lavoro distaccato è un terreno sul quale prosperano gli abusi, che risultano peraltro di più difficile rilevamento e sanzionamento. Le imprese estere operano da un lato in una realtà e in un ordinamento molto diverso e, dall’altro, ricorrono talvolta a subappalti a catena che rendono ogni azione di controllo molto ardua. Oltre alle situazioni estreme che hanno richiesto l’intervento della magistratura, sono numerosi i casi di retribuzioni non conformi. Per aggirare gli obblighi salariali è pure lievitato il flusso di lavoratori autonomi.

Padroncini

Le prestazioni fornite dagli indipendenti (padroncini) sono forse la punta più emblematica dei pericoli che si celano nel lavoro distaccato. La loro attività è comprensibilmente concentrata nei rami artigianali affini all’edilizia. Quali lavoratori autonomi si muovono con grande agilità e flessibilità; non sono tenuti al rispetto dei salari fissati dai contratti collettivi né sono vincolati da orari massimi; operano più facilmente al riparo da sguardi esterni.
L’aumento di notifiche registrato nel 2013 lascia intravvedere dietro la natura del lavoro distaccato indipendente uno strumento per disporre di ancora maggiore libertà di movimento.
Al di là degli aspetti già indicati sorge il sospetto che si utilizzi lo statuto del lavoratore indipendente per sfuggire ulteriormente alle regole vigenti sul territorio cantonale.
Questo tipo di prestazione può avvantaggiare singoli cittadini che vi fanno capo per motivi di risparmio. Nella misura in cui vi fanno appello anche le imprese del settore viene a galla un’ambivalenza palpabile. Da un lato le associazioni di categoria insorgono contro l’afflusso eccessivo di lavoro distaccati e in particolare di padroncini. Dall’altro sono le stesse ditte del ramo a farvi in parte ricorso.

Esempi concreti

o    cantiere NCCL: subappalti a catena, salari pagati in euro, minimi salariali e orari di lavoro non rispettati, reclutamento del personale italiano e spagnolo con metodi da caporalato (sfruttando lo stato di bisogno: lavoratori taglieggiati nel salario, pur di lavorare sul cantiere);
o    ditta attiva nella posa di piastrelle con sede a Lugano: 10 lavoratori, tutti occupati con contratti a tempo parziale 20% ma occupati regolarmente a tempo pieno (rischio aziendale scaricato sulle spalle dei lavoratori);
o    cantiere Kurhaus Cademario: impresa generale di costruzione con sede a Lugano, succursale di una ditta di Cantù, impiega in via quasi esclusiva aziende e lavoratori indipendenti coordinati dalla sede principale italiana e attivi sul cantiere svizzero con salari e condizioni di lavoro (in particolare, orari di lavoro costantemente superati, difficoltà nei controlli, ausilio temporaneo di lavoratori distaccati non notificati);
o    impresa di pulizia con sede in Ticino (facility), impiega lavoratori con condizioni lavorative usuali nel settore della pulizia in attività edile, posa piastrelle e gessatura; 
o    lavoratori interinali (agenzia di prestito attiva in Ticino) che indirizza sistematicamente lavoratori a basso costo (poco meno di fr. 20.- all’ora) verso imprese edili, di gessatura, di posa piastrelle, di falegnameria e di pittura con la qualifica di “addetti allo scarico e carico della merce”; 
o    cantiere a Chiasso: 2 lavoratori, chiamati dal proprietario della casa, intenti a posare lastre di granito a 8 euro all’ora;
o    ditta di gessatura e pittura del cantone Ticino che, in una logica di subappalto selvaggio, impiega nei propri cantieri 5 lavoratori maghrebini con notifica di distacco i quali, a loro volta, dormono nel cantiere;
o    titolare di un negozio del centro commerciale di Grancia che recluta direttamente 5 lavoratori indipendenti italiani per i lavori edili vari, regolarmente notificati, fornisce loro prodotti e attrezzatura e non paga la rispettiva fattura per la prestazione lavorativa effettuata (falsi padroncini che, per organizzazione di un attore ticinese, prestano un’attività e non ricevono nemmeno una contropartita in denaro per la fattura presentata al committente/datore di lavoro);
o    opera pubblica a Bellinzona, intervento di rifacimento in cubotti di pietra di una strada comunale, appalto affidato ad una ditta del luogo che affida (in un appalto che escludeva la possibilità di subappalto) il lavoro ad una seconda ditta con sede in Ticino che a sua volta subappalta il lavoro ad una ditta italiana con lavoratori distaccati.

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