Il nostro articolo di ieri ha suscitato l'immediata reazione di alcuni pescatori dilettanti che spiegano cosa non va sui laghi: "Troppi studi nel cassetto e l'inutile Commissione italo-svizzera"
LOCARNO - In seguito all'articolo pubblicato ieri la redazione di Liberatv ha ricevuto una lettera aperta di un gruppo di pescatori dilettanti. Lettera che pubblichiamo qui integralmente.
In riferimento all’articolo dal titolo “Va bene combattere i danni della selvaggina, ma i guardiapesca devono tornare sui laghi. E la pesca a reti va ripensata”, apparso lunedì 22 settembre sul portale liberatv, intendiamo con questa lettera aperta proporre le riflessioni di un gruppo di pescatori “dilettanti”. Certi di rappresentare molti appassionati di questa disciplina. L’articolista ha centrato diversi punti importanti che ci stanno a cuore.
Premettiamo che la differenza di pescato sui laghi Verbano e Ceresio è notevole, in quanto il primo è avaro di catture per noi dilettanti. Forse per le acque troppo pulite (sembra un paradosso, ma in qualche modo è così), forse per i continui spurghi dei bacini idroelettrici, che muovono enormi quantità di limo sul fondale.
Questa tendenza sembra confermata anche da uno studio commissionato dal Cantone insieme alla Commissione Italo Svizzera che si occupa dei problemi della pesca.
Le domande che poniamo all’Ufficio caccia e pesca sono le seguenti: com’è possibile, anche dopo i risultati di studi costati fiori di soldi, continuare a rinnovare le patenti per pescatori semiprofessionisti, che sono per lo più pensionati, e che alla fine esercitano una pressione di pesca addirittura superiore a quella dei professionisti?
Questi ultimi, almeno, hanno un commercio di pesce, e quindi vivono della loro attività. Visto che si vuole a tutti i costi proteggere un’attività che fa parte delle nostre tradizioni lacustri, non sarebbe forse il caso, però, di eliminare i semiprofessionisti (che sono molti soprattutto sul Ceresio) e dare magari la possibilità a qualche giovane di avvicinarsi all’attività commerciale della pesca?
Ma torniamo al Verbano, dove abbiamo un sesto delle acque in territorio elvetico, un fazzoletto di bandita di pesca, e oltre 10 pescatori a rete, tra professionisti e semiprofessionisti. Mentre su tutto il versante italiano del Verbano i pescatori a rete sono meno di 10! Una follia.
Siccome noi abbiamo un grande rispetto per i nostri laghi e i nostri fiumi, ci dedichiamo al ripristino degli ambienti per favorire la riproduzione dei pesci, con la posa di alberelli per i persici, per esempio, sostenendo anche spese non indifferenti che solo in parte vengono compensate dai fondi dell’Ufficio caccia e pesca, mentre i soldi si trovano sempre per pagare studi che poi finiscono in qualche cassetto. Vedi quello sulla reintroduzione della trota marmorata, costato pare più di 80'000 franchi e commissionato tra l’altro a una ditta estera. O quello a cui accennavamo prima sulla pescosità dei laghi, che ha evidenziato una carenza di pesce nel Verbano, commissionato a una società olandese.
Ma perché allora, se il pesce diminuisce, non si riduce anche il numero dei pescatori a rete, eliminando i semiprofessionisti e riducendo al limite anche i professionisti? I quali tra l’altro, a differenza di quanto avviene nella Svizzera tedesca, non spendono un franco per il ripopolamento ittico! Almeno i professionisti del Ceresio collaborano alla “semine” con le società di pesca.
Il Ceresio sta un po’ meglio, però che il signor Ezio Merlo si permetta di dire che c’è pesce per tutti e che si potrebbe quindi aumentare ulteriormente il numero dei pescatori semiprofessionisti ci pare fuori luogo. Perché non fa un’uscita in barca con noi, munito di canna, dalla mattina all’alba alla sera? Così magari trarrà conclusioni diverse.
Sembra che noi dilettanti, che ogni anno paghiamo la nostra bella patente contribuendo con diverse centinaia di migliaia di franchi all’anno alle casse cantonali, non abbiamo alcun diritto. Perché, per esempio, non vietare la pesca a reti almeno dal venerdì alla domenica sera?
È diventato quasi impossibile fare un’uscita in barca con il cane o la tirlindana nel fine settimana perché ci sono reti che attraversano il lago un po’ ovunque. In fondo tutti hanno diritto a un po’ di risposo… Va anche osservato che le reti a monofilo che si usano oggi fanno vere e proprie stragi al passaggio dei branchi di pesce, in quanto a differenza delle vecchie reti di cotone sono invisibili.
Altra domande: come mai è stata aumentata la zona di bandita, delimitata dalle boe alla foce del Ticino, ma in certi periodi dell’anno c’è chi posa ancora le reti in quell’area? E non diteci che c’è ancora quella vecchia convenzione che permette la cattura del pesce bianco, perché gli unici pesci bianchi che si prendono lì sono il coregone, il persico e il luccioperca.
Infine, come mai in inverno, quando il persico è in protezione, le reti vengono posate a riva facendo incetta di questo pesce?
Una novità della prossima stagione, per i pescatori dilettanti, sarà il divieto della “spaderna”. Motivazione: la cosiddetta linea fa soffrire i pesci che vi abboccano. E nelle reti invece non soffrono? In più, buona parte delle regole sulla pesca sono decise dalla Commissione italo-svizzera. Ha ancora senso? Secondo noi no. Separiamoci e decidiamo da soli il destino dei nostri laghi.
Per non dire della discriminazione a cui sono sottoposti i pescatori ticinesi, costretti con le loro barche, se non hanno la patente nautica, a usare motori con una potenza massima di 8 cavalli. Mentre i pescatori italiani che entrano nei bacini svizzeri arrivano, senza obbligo di patente nautica, con i loro 40 cavalli. Meditate gente, meditate.
Lettera firmata da persone note alla redazione