LUGANO – Questa è una storia vera (ma quante ce ne saranno di simili?). Una storia di ordinaria disonestà. Provata e documentata. Già segnalata al Ministero pubblico. Il reato sarà probabilmente truffa alle assicurazioni sociali. Ma la protagonista non è una donna straniera. È una ticinese DOC, di quelle che poi magari inveiscono sui social e nei blog contro “i taglian che ci rubano il lavoro”! La raccontiamo preservando l’anonimato di questa “onesta lavoratrice” e del suo datore di lavoro ingannato, come noi tutti contribuenti.
Una ditta assume un’impiegata d'ufficio al 100% con un contratto di lavoro a tempo indeterminato e salario di 4'300 franchi al mese (mica male, no?).
L'impiegata era in disoccupazione, ma non notifica al suo collocatore di aver trovato lavoro. Continua a mandare richieste di impiego come se nulla fosse, in modo da poter continuare a percepire le rendite. Dopo qualche tempo (mentre sta già lavorando ma figura senza lavoro) fa sapere alla disoccupazione di aver trovato lavoro e invia il contratto di assunzione, ma lo modifica falsificando la data di inizio di qualche mese. Così può continuare a percepire la disoccupazione.
Nel frattempo chiede anche alla disoccupazione un sussidio per le spese di trasferta, sostenendo che in precedenza guadagnava di più e quindi ne avrebbe diritto. Ma non è finita! Dopo qualche settimana si confeziona un ulteriore contratto di lavoro falso e lo invia al sindacato, con richiesta di trasmetterlo alla disoccupazione, asserendo che il datore di lavoro le ha ridotto il tempo al 70% e chiede che la disoccupazione le versi il 30% mancante.
L’Ufficio di collocamento le invia il documento da far compilare al datore di lavoro per attestare il lavoro ridotto. E lei che fa? Lo firma di proprio pugno e lo rispedisce. L'azienda è ovviamente all'oscuro di tutto, fino a che la truffa viene casualmente scoperta. Perché, come dice il proverbio, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi…
Marco Bazzi