Oggi le "opere", diciamo così, dedicate al sesso maschile sono quasi 300. La collezione comprende infatti complessivamente circa 286 esemplari: oltre ai quattro peni umani (quelli di un islandese, un tedesco, un inglese e un americano), ci sono quelli di ventidue varietà di balene, sette foche, venti tipi di mammiferi islandesi, dai topi alle capre, e trentacinque mammiferi non autoctoni
REYKJAVIK - Alla fine di quest'anno raggiungerà i 50'000 visitatori. Non proprio un traguardo da nulla per un museo del centro di Reykjavik, in Islanda, che non espone alcuna opera griffata dal pennello di uno grande artista.
Anzi, al Phallological Museum, come si intuisce pur senza aver studiato latino, l'esposizione ha un unico soggetto: il pene. Da quasi 20 anni questo spazio espositivo cresce e macina visitatori. Tanto che il magazine dell'Economist gli ha dedicato un servizio per celebrarne la storia.
Oggi le "opere", diciamo così, dedicate al sesso maschile sono quasi 300. La collezione comprende infatti complessivamente circa 286 esemplari: oltre ai quattro peni umani (quelli di un islandese, un tedesco, un inglese e un americano), ci sono quelli di ventidue varietà di balene, sette foche, venti tipi di mammiferi islandesi, dai topi alle capre, e trentacinque mammiferi non autoctoni.
Ma tutto nasce nel 1974 quando a un allora preside di scuole medie, Sigurður Hjartarson,venne regalato il pene di un toro, da utilizzare come una frusta. E da quel momento gli altri abitanti e amici del Paese in cui viveva il maestro, cominciarono a fargli regali simili. Hjartarson decise di collezionarli e nel 1997 aprì il museo.
Nel corso della sua vita l'uomo si dedicò a studi scientifici sul pene. Un lavoro che oggi, insieme al museo, viene gestito dagli eredi: il figlio, la moglie e il nipote.