CRONACA
Matteo Cheda si autodenuncia al Ministero pubblico per usura. Al centro del caso la sua 'Scuola di giornalismo', che secondo il sindacato OCST è finanziata tramite un sistema di 'caporalato'. "Ho agito nell'interesse pubblico per aiutare i giovani disoccu
"In seguito a una segnalazione ricevuta dal sindacato Ocst, Matteo Cheda, fondatore della Scuola di giornalismo di Bellinzona, si è autodenunciato presso il Ministero pubblico ticinese per “caporalato” che secondo la legge svizzera corrisponde ai reati di usura e concorrenza sleale"
Foto: TiPress/Tatiana Scolari
BELLINZONA – “In seguito a una segnalazione ricevuta dal sindacato Ocst, Matteo Cheda, fondatore della Scuola di giornalismo di Bellinzona, si è autodenunciato presso il Ministero pubblico ticinese per “caporalato” che secondo la legge svizzera corrisponde ai reati di usura e concorrenza sleale. Secondo l’articolo 157 del codice penale, se il colpevole fa mestiere dell’usura è punibile con una pena detentiva fino a dieci anni. L’inchiesta è condotta dalla procuratrice Raffaella Rigamonti”.

Lo scrive in un comunicato stampa lo stesso Matteo Cheda, giornalista di lungo corso, editore di ‘Spendere meglio’, de ‘L’inchiesta’ e promotore della ‘Scuola di giornalismo’. Si tratta chiaramente di una provocazione plateale in risposta alla posizione del sindacato.

“La Scuola di giornalismo, nata nel 2015, è non profit e la frequenza è gratuita. Ogni allievo riceve una piccola retribuzione per 12 mesi più l’abbonamento ai mezzi pubblici – spiega Cheda -. L’importo è identico, indipendentemente se l’allievo va a scuola o se lavora a titolo volontario. I datori di lavoro versano alla scuola il valore della prestazione fornita dagli allievi.

Gli allievi che durante i 12 mesi lavorano a titolo volontario finanziano quindi il salario e la formazione agli altri allievi. Un sistema simile a quello della cassa malati dove i sani pagano di più di quello che ricevono mentre per i malati vale l’opposto.

Secondo l’Ocst, tale metodo di finanziamento è illegale ed equivale a “caporalato”. Matteo Cheda ritiene di non aver commesso alcun reato ma di aver agito nell’interesse pubblico allo scopo di aiutare giovani disoccupati a formarsi gratuitamente e a trovare lavoro in poco tempo”.

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