“L’estate - scrive Fini -si avvicina minacciosamente. “La vecchiaia inizia quando l’estate invece che una promessa di felicità diventa una preoccupazione” ho scritto nel mio libro Il ribelle dalla A alla Z. (…) Per i vecchi l’estate cambia completamente di segno. Le passioni d’amore, con i loro struggimenti, sono ormai alle spalle da tempo o se qualche traccia ne rimane è talmente affievolita da non avere più nulla a che vedere con l’età in cui le slacciavamo, con dita tremanti, i bottoni della camicetta..
“In Europa - prosegue il giornalista - solo il 3,5 % dei vecchi vive con i propri figli e i propri nipoti. Però d’inverno, e nelle stagioni contigue, i figli, a meno che non si siano avventurati in qualche altra regione del mondo, rimangono in città, ti restano in qualche modo vicini, qualche volta ti permettono di portare i nipotini ai giardini e di non stare perennemente a guardare, come un babbeo, con le mani incrociate dietro la schiena, i ‘lavori in corso’, malvisti dagli operai che hanno il loro daffare. Ma d’estate i figli e i nipoti se la filano in vacanza. Anche i vicini se ne vanno. E la tua casa piomba in un silenzio tombale. Rotto solo dalle sirene delle autoambulanze che si fanno più acute perché anche la città, con meno macchine, è più silenziosa. E i vecchi rabbrividiscono. Perché, per un singolare paradosso, non sentono il caldo, si disidratano e muoiono. Questo lo sanno, cercano di bere anche se non ne sentono l’esigenza, ma a ogni suono di sirena pensano: la prossima volta potrebbe toccare a me”..
“Ma il killer più pericoloso - sottolinea Fini - resta la solitudine. Secondo una recente ricerca la solitudine uccide più di 15 sigarette al giorno. Non si tratta naturalmente della solitudine per scelta che è quella che puoi fare da giovane, traendone anzi un sottile piacere anche perché sai che puoi interromperla in ogni momento. Ma la solitudine dei vecchi non è una scelta, è una condizione sociale”.
Amara e urticante come nel suo stile la conlusione: “Terribile, veramente terribile, è la condizione del vecchio nella società moderna. Un tempo viveva in una famiglia allargata, circondato dall’affetto dei numerosi figli e degli ancora più numerosi nipoti, delle zie rimaste nubili che non mancavano mai e accudito dalle donne di casa per il tempo, fortunatamente breve (la medicina tecnologica non si era ancora inventata l’accanimento terapeutico) in cui non era più in grado di badare a se stesso. (…) Perso da un giorno all’altro il ruolo sociale, per quanto modesto, che aveva avuto nella vita non gli resta che attendere la morte e sollevare così la società da un peso divenuto intollerabile. L’estate provvederà a un salutare sfoltimento dei ranghi".