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Cronaca
19.01.2018 - 11:380
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Criminal minds... La procuratrice federale Rezzonico: "Non banalizziamo le infiltrazioni mafiose e inaspriamo le pene". Gobbi: "Verificare chi sta dietro a certe società...". E sul caso Argo1 rivela: “La Polizia aveva effettuato i controlli e segnalato la

Confronto sulla sicurezza ieri sera a Paradiso. Dounia Rezzonico: “Cinque anni di carcere per chi porta la mafia sul nostro territorio sono troppo pochi". Michele Bertini: “È importante investire nelle banche dati, come in quella del controllo abitanti". Stefano Piazza: "La Svizzera è un hub per terrorismo e mafie". Norman Gobbi: "In Ticino percepiamo in anticipo questi fenomeni perché abbiamo una metropoli alle porte. Ma i colleghi d’oltralpe non lo capiscono..."

di Marco Bazzi

Il titolo era: “In Ticino c’è un allarme sicurezza?”. Ospiti della tavola rotonda organizzata giovedì sera dalla rivista Ticino Welcome al Teatro Multimediale per Eventi Metamorphosis di Paradiso, il ministro Norman Gobbi, la procuratrice Dounia Rezzonico, responsabile della sede ticinese del Ministero pubblico della Confederazione, il vicesindaco di Lugano Michele Bertini e Stefano Piazza, presidente dell’Associazione amici delle forze di polizia.

Gobbi ha spiegato, dati alla mano, che alcuni tra i reati che ci toccano più da vicino, come furti e rapine, nell’ultimo decennio sono nettamente diminuiti. Sul fronte rapine, l’unica regione in controtendenza è il Mendrisiotto, che ha un vasto territorio a contatto diretto con il confine.

Questo, per dire che c’è spesso un evidente divario tra il livello di sicurezza reale e quello percepito dalla gente.

Ma viviamo in una società sempre più complessa, mobile, aperta e multietnica. Dunque, ci sono diversi livelli su cui misurare la sicurezza, come sono diversi i livelli delle minacce e della criminalità, oggettivi o soggettivi che siano.

Ci sono la criminalità comune e la micro-criminalità, che a volte affonda le radici nel tessuto locale e a volte è “di importazione” o transfrontaliera… C’è la criminalità economica, quella informatica, la criminalità internazionale, spesso organizzata… di volta in volta di parla di mafia italiana nelle sue varie declinazioni, di mafia russa o albanese… C’è infine la minaccia terroristica, che è un fenomeno globale.
I moventi che danno vita ai fenomeni criminali sono diversi, ma quasi sempre hanno un fondamento economico. Nel caso del terrorismo il movente è invece ideologico…

Dounia Rezzonico è stata chiara: “Di fronte alla criminalità organizzata non possiamo assolutamente dormire sonni tranquilli. In Ticino non si registrano crimini violenti o fatti di sangue a questo livello. Ma ci sono diversi segnali preoccupanti, che vanno letti e mai sottovalutati. Le organizzazioni criminali hanno ingenti capitali a disposizione e sono in grado di infiltrarsi nel tessuto economico”.

Ma le pene vanno inasprite: “Cinque anni di carcere per chi porta la mafia sul nostro territorio sono troppo pochi. Bisogna cambiare le leggi per rendere più efficace la lotta contro le organizzazioni criminali”.

La procuratrice federale parla di mafia in generale, senza fare distinzioni nazionali o regionali, quando afferma: “Non dobbiamo banalizzare le infiltrazioni mafiose”. È una criminalità che non si vede, e che si rafforza in periodi di crisi economica, quando c’è più fame di denaro.

Questi fenomeni, le ha fatto eco Michele Bertini, vanno monitorati anche a livello locale, “nei contesti urbani. E non possiamo combatterli solo con il lavoro degli inquirenti. Dobbiamo anche alzare la soglia di controllo e di attenzione da parte delle autorità cittadine”.

Il che vale pure per le infiltrazioni nel tessuto sociale di fiancheggiatori del terrorismo. “È importante investire nelle banche dati, come in quella del controllo abitanti, per avere costantemente informazioni il più possibile precise su chi vive nei nostri quartieri”.

Stefano Piazza ha spiegato che la Svizzera è un “hub” importante per lo scambio di materiale di propaganda e di denaro che va a finanziare le organizzazioni terroristiche. E ha portato l’esempio della Germania, che a suo avviso si è “svenduta al terrorismo islamico e alla ‘ndrangheta”.

Un recente rapporto del Governo tedesco sulla sicurezza interna indica che al primo posto, considerati come i più pericolosi, ci sono 299 afghani, seguiti da 190 somali. Segue il contingente siriano, con 162 individui pronti a colpire. Senza contare i 10’600 islamisti salafiti, dei quali almeno 1’600 autodefinitisi pronti all’azione.

Inoltre, secondo il ministero dell’Interno tedesco, dei 562 individui sospettati di appartenere alla criminalità organizzata in Germania, 333 sono affiliati alla mafia calabrese. La ’ndrangheta in Germania si compra tutto: ristoranti, alberghi, hotel, pizzerie e ogni attività florida o in crisi che possa servire a riciclare i proventi del traffico di cocaina, di cui l’organizzazione è leader.

Secondo il ministro Gobbi la mafia non investe solo nel mattone, “ma anche in attività economiche in perdita, ristoranti, commerci… e questo fenomeno porta sul nostro territorio una immigrazione pericolosa, strettamente legata ai clan. In Ticino percepiamo di più e in anticipo questi fenomeni anche perché siamo l’unico cantone che confina con una metropoli, che è Milano, ma i colleghi d’oltralpe non lo capiscono. Finché un fenomeno criminale non ci tocca, non viene percepito”.

Inoltre, secondo il consigliere di Stato, la Svizzera ha un diritto societario molto liberale, “che funziona a meraviglia in un’economia sana ma diventa un problema in un’economia contaminata”.

Bisogna quindi verificare puntualmente, secondo Gobbi, chi sta dietro a determinate società o reti di società, apparentemente pulite.

A proposito del rischio di infiltrazioni di personaggi che fiancheggiano le organizzazioni terroristiche, la procuratrice Rezzonico ha citato l’ottima collaborazione che c’è stata tra inquirenti federali e cantonali nell’inchiesta che ha dato origine al caso Argo1, alla cui base c’era un’indagine su un giovane agente sospettato di legami con il terrorismo di matrice islamica.

Ecco, però - e la palla è tornata a Gobbi - nel caso di Argo1 sarebbe dovuto scattare un campanello d’allarme preventivo, proprio in virtù delle verifiche societarie di cui parlava il ministro. L’agenzia di sicurezza alla quale il Dipartimento socialità ha affidato il mandato diretto poi sfuggito al controllo, in palese violazione della legge sulle commesse pubbliche, era infatti stata costituita pochi mesi prima, e tramite la modifica di una società preesistente che operava in tutt’altro settore…

Questa era la domanda posta al ministro. La risposta è stata: “La Polizia cantonale ha effettuato i controlli e segnalato la mancanza delle necessarie autorizzazioni e di personale adeguatamente formato quando la Argo1 ottenne il primo mandato, per la sorveglianza del centro asilanti di Lumino”.

Però, quelle segnalazioni non sono state considerate da chi ha scelto quell’agenzia, e la Argo1 ha gestito la sicurezza nei centri per rifugiati per circa tre anni, con un mandato mai ratificato dal Governo che, economicamente, ha raggiunto i tre milioni e mezzo.

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