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Cronaca
14.10.2018 - 15:300
Aggiornamento: 16:44

Dalla SUPSI a New York e Berlino. "I miei scatti su grandi testate e dieci minuti di terrore"

Fabiana Sala, classe 1988, dopo aver studiato a Lugano e aver fatto esperienza nella Grande Mela, ora è in Germania. "Non ringrazierò mai abbastanza i docenti"

LUGANO - Fabiana Sala, classe 1988, ha conseguito un Bachelor in Comunicazione visiva SUPSI e attualmente è Photo editor & Visual Lead ad EyeEm a Berlino e parte del corpo docenti all’International Centre of Photography di New York.

Quale percorso di formazione hai frequentato in SUPSI? E com’è nato il tuo interesse verso questo ambito?

"Durante gli ultimi anni di liceo artistico ho maturato un interesse per la grafica, il video e la fotografia. Arrivata alla SUPSI, ho frequentato il corso di Visual Communication e ho avuto la possibilità di esplorare ed approfondire queste discipline. Ho avuto il piacere di incontrare docenti che sono stati di fondamentale importanza per la mia crescita professionale: sono stati in grado di ispirarmi, motivarmi e trasmettermi passione per il mio lavoro; non li ringrazierò mai abbastanza per questo".

In seguito al conseguimento del Bachelor sei partita per gli Stati Uniti, dove hai maturato 5 anni di esperienza internazionale. Quando hai deciso di voler intraprendere questa sfida? E quali sono le differenze che hai riscontrato, rispetto al contesto svizzero, nel lavorare e vivere in una città così frenetica e competitiva? 

"Ho deciso di partire l’anno dopo il diploma alla SUPSI. Un mix di eventi personali e professionali mi hanno portato a prendere questa decisione. L’idea iniziale era stare via solo un anno ma poi ne sono passati 5. Le differenze sono moltissime, soprattutto per quanto riguarda la qualità della vita, la frenesia e la competizione. All’inizio è stato difficile adattarsi ma mi è servito moltissimo: sono cresciuta sia personalmente che professionalmente. Ho vissuto in un ambiente artisticamente molto fervido e ho avuto occasione di collaborare con grandi professionisti come Bruce Gilden o Jen Davis, fotografi che sono stati per me grande fonte di ispirazione e per i quali ho sempre nutrito grande stima sin dai banchi di scuola".

Quest’anno sei rientrata in Europa, destinazione Berlino, Germania. Che cosa ti ha spinta a cambiare nazione e quali sono le nuove sfide che stai affrontando?

"L’anno scorso sono stata presa per una residenza d’artista a Berlino e ho avuto l’occasione di vivere lì per qualche mese. Tornata a New York ho ricevuto un’offerta di lavoro e ho pensato potesse essere una nuova, interessante sfida. Avevo voglia di cambiare e mettermi di nuovo alla prova. La prima sfida è sicuramente la lingua: non parlo tedesco e sto iniziando solo ora a studiarlo".

Quali sono secondo te i trend che stanno subentrando o che subentreranno nei prossimi anni nel settore della fotografia?

"Mi incuriosisce il trend “Unconventional beauty/natural look” e mi intriga vedere un numero sempre maggiore di fotografi approcciarsi al tema. Uno tra tanti l’inglese BrockElbank che sta lavorando molto sulla vitiligine o la una bellissima campagna di Billie, un noto marchio americano di prodotti per la cura del corpo femminile, che con il suo progetto body hair mostra finalmente quello che per anni è stato tabù".

Dal tuo profilo LinkedInho notato che hai collaborato con grandi testate quali ad esempio Vogue e BuzzFeed. Com’è stato vedere i tuoi scatti pubblicati da questi grandi player della comunicazione?

"Ero lusingata ma allo stesso tempo mi ha fatto realizzare la potenza della diffusione attraverso i social network o le pubblicazioni online. Ricordo che quando “About Love” è stato pubblicato su BuzzFeed ho passato una notte intera a leggere i commenti degli haters. D’altro canto mi ha fatto molto piacere ricevere email di persone che hanno apprezzato il mio lavoro e che hanno voluto condividere la loro storia personale con me, una completa sconosciuta".

Raccontaci un aneddoto che ricordi con piacere della tua esperienza oltreoceano.

"Ricordo con il sorriso il giorno in cui una fotografa, che ho sempre stimato moltissimo e che seguivo ancora prima di trasferirmi a New York, mi ha chiesto di presentare il mio lavoro ad una delle sue classi. I primi dieci minuti? Puro terrore".

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