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10.07.2019 - 21:280
Aggiornamento: 12.07.2019 - 09:06

I problemi con la droga, i viaggi per ritrovarsi, la scomparsa e il ritorno a casa. La triste storia di Nathan

Del ragazzino che era scomparso ed oggi è rientrato a Mendrisio si era occupato il programma Le Iene, raccontando in un fortissimo servizio la sua vicenda. "Voglio morire, mi interessa solo la droga". Ma poi...

MORBIO INFERIORE – Tre giorni al massimo senza assumere droga. “In clinica, e sono stato di m---a”. Quello che parla a Le Iene, volto coperto, in un servizio del 28 aprile 2019, è Nathan, il giovane scomparso e poi ritrovato a Mendrisio. La sua è una storia triste e forte, di dipendenza e di amicizia, raccontata a più riprese dal programma italiano. E data la scomparsa, probabilmente non tutto è ancora a posto. 

Fumo, erba, acidi, metanfetamine, cocaina, chetamina, cartoni, acidi, di tutto. Il volto triste che appare dopo pochi minuti è quello della provata madre di Nathan, che non sa più cosa fare. “In seconda media è cambiato qualcosa, usciva di casa la notte di nascosto, non ascoltava più nulla”, racconta la donna. Ci provano lo zio, i nonni, gli amici, servizi sociali, ma nulla. In Ticino entra ed esce da quattro comunità. “Però inserendo i farmaci, per curarsi, poi diventano una dipendenza”, prosegue disperata la mamma. Insomma, si sniffa i farmaci!

La madre cerca qualcosa di diverso, per scuoterlo. “La vita non è la droga, volevo fargli capire questo”. E allora lo affida a Simone, un uomo che da anni gira per il mondo in moto, per compiere un viaggio assieme, tra Cile, Argentina, Bolivia, lungo un mese. Per Nathan, in nove mesi Simone diventa un fratello maggiore, finché si fida abbastanza per partire assieme.

Una storia incredibile, che Le Iene documenta. Un modo per conoscere gente diversa, ospitati inizialmente in case, per parlare con persone che vivono un altro mondo. Ovviamente, non gli si può togliere la droga da un momento all’altro… E cede spesso: “Mi sento sboccare, fra, tossico come la m---a. Mi vanno a p-----e gli organi”, sino a tirarsi pugni allo stomaco, in astinenza, chiedendo pastiglie. Basta però la spiaggia a distrarlo.

Poi, da Santiago del Cile fino a Mendoza, in moto, 350 chilometri. “Che c---o ha il mio cuore di m---a”, chiede a un certo punto Nathan. E non servono le parole dell’amico, “mi piacciono gli effetti della droga. Ho bisogno di pippare”. Ma Simone resiste, non lo lascia. Lo calma, lo sgrida, lo blandisce. 

Il programma italiano li segue, tra imprevisti, relax, animali, paesaggi, situazioni che Simone vuole siano da stimolo per il giovane amico, per ricordargli che “la vita è una f----a pazzesca!”.
A un certo punto, arrivano alcuni discorsi. “Non devo stare sballato sempre. Mi servono cinque ore fuori da questo mondo, e poi sto bene”, dice Nathan una sera, dopo che Simone si era stupito che non avesse crisi, pensando però a una facciata da duro che nascondeva una psiche fragilissima. L’uomo arriva a rivolgergli parole pesanti per spronarlo, “tira fuori i c------i!”. Il giovane: “Voglio morire. Mi piacciono solo la droga e la f—a. Non mi riesco a godere più niente, non voglio vedere i paesaggi”. E Simone: “Non voglio sentirtelo dire, hai 15 anni. Se ti do una sberla è perché ti voglio bene”. 

Sono scene forti, arrivano racconti sconvolgenti sui ricoveri del giovanissimo. Difficile da seguire. Addirittura a un certo punto Nathan, tra parole irripetibili, scappa scendendo dalla moto. Il viaggio viene interrotto, su accordo con la mamma. “Non ha obiettivi, sogni, ambizioni. Mi fa pena ma anche inc----e, dice che starebbe bene solo nella sua casa, dove ha accesso al suo mondo”, si sfoga Simone. “È dura e lunga”.

Dopo il dramma, passano una settimana in un ranch e le cose migliorano. Addirittura Nathan dice che ha cambiato tutto, che ha visto uno stile diverso, che vuole fumare molto di meno quando tornerà a casa. Una speranza? “Sarei contento se uno psicologo serio mi desse una vera cura, qualcosa per calmarmi. Questa vacanza mi sta aiutando, dà una mano anche a mia madre. “Speriamo che finalmente quando tornerò a casa starò meglio”, si augura.

Simone e Nathan vengono raggiunti da degli inviati del programma. Il giovane spiega che era sempre sballato, il giornalista nota quanto sia cambiato il giovane. “Mi sento più in forma. Non posso dire che smetto con le canne, per il resto sono diverso, non starò più a casa a rompere televisioni e farmi…”, afferma. “Ne sono abbastanza sicuro”. L’idea che dà è quella di un ragazzo spaventato da una vita senza droga ma deciso a provarci.

Un servizio lungo, forte, sconvolgente. “Quando tornerò mi farò un percorso in clinica, prenderò i farmaci, poi scalerò, quando non ne avrò più bisogno tornerò a casa, mi cercherò un lavoro. Studiare, no... Il ritorno sarà pesante”. Sono passati quaranta giorni, l’inizio di un percorso.

In maggio, Le Iene ha riparlato dei due. “Nathan è stato sottoposto a esami che hanno dato valori elevati per l’iperattività. Ora dovrebbe seguire un percorso con i farmaci. Qualche canna se la fa ancora, è vero…”, ha detto Simone. Si trovava, in quel momento, temporaneamente in un centro in Ticino, dove può uscire, se avvisa. “Ma servirebbe una struttura per adolescenti, dove possa anche lavorare, anche prendere un diploma. Lo vedo insofferente e insoddisfatto. Ma costerebbe sui 10mila franchi, una spesa che la madre non può sostenere”, spiega l’amico, che non l’ha mai abbandonato. 

Il programma aveva lasciato un’email. “Potrebbe essere la sua ultima chance”, dice il giornalista.

Ma poi… siamo a luglio, e Nathan per alcuni giorni era scomparso. Ora è tornato a Mendrisio, non sappiamo se in clinica, se era lì quando si è allontanato. La sua drammatica vicenda non pare ancora essere a un punto di svolta.

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