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Cronaca
01.12.2019 - 11:370

C'era una volta il Natale a Berlino. Mercatini blindati mentre certa politica si batte contro l'islamofobia

"In tutta la zona sono state posate barriere in cemento altre un metro e 80 e del peso di circa tre tonnellate, e sono stati piazzati dei dissuasori in acciaio alti un metro e mezzo anche sulle piste ciclabili"

di Stefano Piazza (da Berlino)

 

L’ultimo rapporto dei servizi segreti tedeschi mostra come il salafismo (dottrina ultra radicale islamica), continui ad attrarre migliaia di persone in Germania e tra loro ci sono moltissimi convertiti alla religione maomettana. Secondo l’intelligence tedesca, coloro che si rifanno alla visione dei “pii antenati del profeta” hanno ormai sfondato le 12.000 unità anche se la stima come sempre in questi casi, è fatta per difetto.

 

I circoli del cosiddetto “islam radicale” mantengono una impressionante dinamicità nonostante le forze dell’ordine tedesche abbiano messo al bando numerosi gruppi di predicatori attivi per le strade e le piazze delle principali città tedesche allo scopo di convertire all’islam il maggior numero di persone (pratica conosciuta come dawaa street), e di seguito far conoscere la dottrina più estrema dell’islam sunnita.

 

Per farlo organizzazioni come “LIES!” (messa al bando nel 2017) fondata dal palestinese-tedesco Ibrahim Abou Nagie, hanno fatto stampare in Arabia Saudita 25 milioni di copie del Corano da distribuire in tutto il Vecchio Continente Svizzera compresa. Oggi continua la sua missione in Brasile e in Malesia, dove ha sede la cassaforte finanziaria del gruppo. Nagie è stato condannato nel 2018 per truffa allo Stato tedesco perché incassava a Colonia il sussidio di disoccupazione pur girando il mondo per predicare.

Dopo la messa al bando del gruppo di Abou Nagie che nel nostro paese continua ad operare in alcuni Cantoni, sono nati altri gruppi come “We Love Muhammad” (attivo anche in Svizzera) e diversi altri che ne hanno preso il posto mantenendo le stesse finalità di “LIES”. Così la dottrina salafita grazie ai giovani barbuti sparsi per le strade europee, continua a scaldare cuori e menti di moltissimi giovani europei.

 

Il Caso Germania

 

Gli scontri armati in Siria e in Iraq hanno provocato l’ondata migratoria che ha visto la Germania accogliere 1.5 milioni di rifugiati dal 2015 fino ad oggi. A questi vanno aggiunte le migliaia di persone entrate illegalmente in Germania ad esempio dalla Cecenia (le stime parlano di circa 60.000 persone) e da molti altri paesi dell’est Europa.

 

L’aumento esponenziale di rifugiati in Germania è diventato un vero campo di reclutamento per alcune ONG islamiche che dal 2015 visitano i centri per rifugiati donando abiti caldi, cibo e giocattoli per bambini in modo da avvicinarli alla dottrina salafita. La questione non riguarda solo i rifugiati in età adulta: i bambini e gli adolescenti arrivati in Germania senza genitori, sono le prede più ambite dai barbuti predicatori tra i quali i più fanatici sono dei convertiti tedeschi come Pierre Vogel – Abu Hamza, Marcel Krass e molti altri.

 

Per la Germania la sfida non è solo la radicalizzazione nel Paese o l’ingresso di estremisti islamici, ma anche la radicalizzazione dei migranti che si trovano nelle strutture della Repubblica federale. Dopo numerosi casi di violenza all’interno di questi centri e la scoperta di “società parallele” venutesi a creare in questi luoghi, lo Stato tedesco ha moltiplicato gli sforzi affinché i rifugiati si convincano di vivere in una società pluralistica come quella tedesca.

Ma non è facile far passare il messaggio perché l'attrazione del salafismo, in particolar modo per gli immigrati o rifugiati e i loro figli, deriva anche dal fatto che la “scena salafita” è particolarmente caratterizzata da una forte eterogeneità etnica.

 

Per tornare alle cifre secondo l’intelligence di Berlino, nella capitale tedesca coloro che appartengono alla scena salafita, hanno ormai superato le 1.200 unità con un aumento rispetto al 2018, del 10%. Nonostante le istituzioni tedesche stiano lavorando duramente per arginare il fenomeno anche dopo le stragi ( vedi quella dei mercatini di Natale del 19 dicembre 2016 che fece 12 morti e 56 feriti a Berlino), il lavoro delle forze dell’ordine si scontra di continuo con ostacoli legali e con l’atteggiamento irresponsabile di alcune forze politiche.

 

L’arresto avvenuto lo scorso 12 novembre, del 26enne siriano che si preparava a commettere una strage di grandi proporzioni, è stato reso possibile solo grazie ad una soffiata arrivata ai tedeschi dalla CIA che monitora il traffico dati sul web  compresi quelli di messaggeria critoggrafata (vedi Telegram e Whatsapp). Questo “monitoraggio delle telecomunicazioni di origine” ha fatto in modo che in Germania negli ultimi tre anni, siano stati sventati otto grandi attacchi terroristici di matrice islamica.

 

E tutte le volte la fonte decisiva è arrivata dai “servizi di intelligence amici” vedi quelli americani (NSA, CIA, FBI), gli inglesi (MI 5, MI 6, GCHQ), il Mossad israeliano o gli italiani dell’AISE.

 

E l’intelligence tedesca? Perché la Germania non può aiutare se stessa? Forse l’intelligence e la polizia sono peggiori di altri? Assolutamente no, solo che a loro mancano le risorse e gli ostacoli legali che incontrano sono molto elevati. Poi dipende dai Länder. In Baviera ad esempio, questo monitoraggio è consentito mentre a Berlino assolutamente no. Nel Brandeburgo uno dei sedici stati federati della Germania che è ad altissimo rischio visto l’alto numero di islamisti e di estremisti di destra, alcuni deputati dell’SPD avevano sostenuto questo tipo di sorveglianza, ma il partito dei Verdi e la sinistra massimalista (i due partiti preferiti dai Fratelli musulmani), hanno affossato il progetto che è fermo da due anni. Una delle ragioni sbandierate contro questa legge è che monitorare regolarmente i siti Internet utilizzando tecniche di analisi semantica sarebbe stato un atto “islamofobo”.

 

Il surreale Natale a Berlino

 

Intanto in questo clima pre-natalizio, le autorità cittadine hanno rafforzato le misure di protezione ai mercatini di Natale colpiti nel 2016 dal terribile attentato messo a segno dal terrorista tunisino Anis Amri. In tutta la zona sono state posate barriere in cemento altre un metro e 80 e del peso di circa tre tonnellate, e sono stati piazzati dei dissuasori in acciaio alti un metro e mezzo anche sulle piste ciclabili.

 

L’atmosfera in questi giorni è abbastanza mesta e non solo per la crisi economica che si comincia a sentire anche nella capitale di quella che è stata a lungo la locomotiva europea: qui la gente ha paura che possa succedere di nuovo e si tiene alla larga. Chi frequenta i mercatini cerca di stare il più possibile lontano dalla strada e dagli accessi laterali, che sono comunque protetti.

 

Le notizie sugli attentati sventati e la diffusione dei dati sull’aumento dell’estremismo islamico a Berlino e l’impressionante aumento della criminalità, non fanno altro che generare paura e un generale senso di smarrimento in un paese che ha fatto dell’accoglienza una sorta di bandiera.

 

In Germania ci si confronta anche con la presenza di bande di immigrati mediorientali, presenti ovunque, che gestiscono racket, estorsioni, riciclaggio di denaro sporco, sfruttamento e traffico di esseri umani, armi e droga.

 

Nel Nord Reno-Westfalia a Duisburg e a Laar, dettano legge i libanesi, mentre a Gelsenkirchen sono clan curdi, balcanici, libanesi e turchi a competere per la supremazia. Lo stesso accade a Düsseldorf, Naumburg, Mülheim, Monaco di Baviera e Brema. A Berlino, bande di ceceni controllano i quartieri di Charlottenburg, Kreuzberg, Moabit, Neukölln e Wedding.

 

Sono questi i fattori che fanno sì che la destra estrema, o peggio i neonazisti, aumentino i loro consensi. Loro con la demagogia e con gli slogan provano a dare delle risposte a problemi reali della gente mentre alcuni partiti sono per l’accoglienza indiscriminata e senza regole, e si preoccupano “dell’islamofobia”, di avere il menu halal nelle scuole e negli asili nido, e di “evitare che a Natale si intonino canti che possono offendere le altre religioni”. Mentre gli operatori dell’intelligence tedesca spera sempre che un servizio “amico” li avverta se qualcuno progetta un attacco terroristico.

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