CRONACA
L’esodo dei 7mila frontalieri della Valchiavenna. "In Svizzera guadagno il triplo"
Piange l’economia locale: “Siamo destinati a morire. Il modello svizzero va copiato. Altrimenti, qui si fa dura”

CHIAVENNA – “Io lavoro in una vetreria a St.Moritz. Sapete quanto guadagno? Il triplo rispetto a quando facevo il cameriere in Italia. Se trovassi un lavoro vicino a casa che mi permette di mantenere quattro figli e pagare il mutuo è chiaro che tornerei, ma il divario è troppo alto”. Davide, 38 anni, è un frontaliere della Valchiavenna e ogni giorno varca il confine per lavorare e assicurare un futuro ai propri figli. “In Italia – aggiunge – prendevo 1’600 per fare il cameriere. Non arrivavo a fine mese”.

La sua voce è la stessa di tutti gli oltre seimila frontalieri della Valchiavenna. “In Svizzera si guadagna il triplo, è normale che poi manca il personale dall’altra parte del confine”. La situazione “è drammatica. Albergatori e ristoratori non riescono a coprire il fabbisogno”, confida al Corriere della Sera il sindaco di Chiavenna Luca Della Bitta.

In Valchiavenna, il 30% delle imprese cerca manodopera, ma non si trova. Il motivo lo spiega il titolare di una ditta di arredamenti. “Io posso offrire fino a 3mila euro a un falegname con esperienza. In Svizzera ne prenderebbe almeno 4’500. Il Paese è destinato a svuotarsi e il tessuto economico a morire”.

“La verità – aggiunge un ristoratore – è che dovremmo copiare il modello svizzero. Servono degli sgravi fiscali per le aziende. Altrimenti, qui si fa dura”.

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