CRONACA
Cecilia Sala e le telefonate sconvolgenti dall'Iran
La giornalista detenuta nel carcere di Evin dal 19 dicembre, ha comunicato ai famigliari le drammatiche condizioni di carcerazione alle quali è sottoposta

TEHERAN - Altro che detenzione dignitosa, come era stato garantito dalla autorità iraniane. Cecilia Sala nel carcere di Evin, dove si trova dal 19 dicembre, dorme per terra, senza un materasso. Solo due coperte: una per stendersi sul pavimento e un’altra per coprirsi dal freddo.

Lo scrive il Corriere della Sera che fa il punto sulla detenzione della giornalista dopo che, ieri, le sono state concesse tre telefonate con i famigliari. Telefonate sconvolgenti, annota il quotidiano. I parenti di Cecilia, infatti, la immaginavano in condizioni migliori, sulla base delle informazioni degli ultimi giorni. A seguito delle chiamate il ministero degli esteri italiano ha chiesto “la liberazione immediata” e ”garanzie totali sulle sue condizioni di detenzione”.

La giornalista non ha ricevuto il pacco che le era stato inviato dall’ambasciata italiana. Né sigarette, né maglioni, né i quattro libri richiesti, né la mascherina per proteggersi dalla luce al neon accesa 24 ore su 24, né altri beni di prima necessità. Peggio, le sono stati confiscasti anche gli occhiali da vista.

Nelle ultime telefonate con i genitori e il compagno, Cecilia Sala ha ribadito il “fate presto” pronunciato subito dopo l’arresto. Sul fronte delle trattative per la liberazione non si registrano particolari novità. Il destino della giornalista sembra sempre intrecciato con quello di Mohammad Abedini-Najafabad — l’ingegnere iraniano esperto di droni, detenuto in Italia dal 16 dicembre per conto degli Stati Uniti che ne chiedono l’estradizione.

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