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09.12.2013 - 07:580
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Marco Borradori: "Sì a un Ticino a 23 comuni. Ma entro il 2020 non ce la facciamo"

Il sindaco di Lugano difende il Governo sul Piano delle aggregazioni: "Il compito di un Esecutivo è fare proposte. Se avessero consultato prima i comuni, il progetto non sarebbe mai uscito"

Marco Borradori, una trentina di suoi colleghi sindaci, di diverse regioni, hanno sottoscritto uno documento molto critico verso il Consiglio di Stato per il Piano Cantonale delle aggregazioni che prevede un Cantone con 23 comuni entro il 2020. In particolare per le modalità con cui è stato presentato. "Un progetto calato dall'alto", per riassumere. Lei non ha firmato quella presa di posizione, perché?
"Non l'ho sottoscritta perché, pur ritenendo legittima quella critica, ho un punto di vista diverso. Innanzitutto non credo che si possa parlare di progetto "calato dall'alto", come sostengono i colleghi che hanno firmato quel documento. Si tratta certamente di un progetto molto forte, che propone delle visioni coraggiose, ma si tratta di proposte che ora sono state messe in discussione, non di decisioni. E il compito di un Governo è proprio quello di fare proposte. È forse la prima volta che un Esecutivo cantonale esprime in maniera tanto chiara la sua visione del Ticino di domani. Se non lo avessero fatto sarebbero stati criticati per non essersi occupati di un tema tanto importante. E, diciamolo con franchezza, se si fossero consultati prima i comuni, questo documento non sarebbe mai uscito. Ora invece c'è ed è stata correttamente aperta la consultazione proprio per aprire un confronto fra tutti gli attori in campo e dunque anche per esprimere tutte le critiche possibili. Personalmente ritengo che sia un bene quando le proposte hanno la forza di far discutere. Un bene prezioso, soprattutto per noi che facciamo politica". 

Un'altra critica che viene mossa è quella sui tempi. Impossibile, dicono i contrari, ridisegnare in soli sei-sette anni la geografia del Ticino.
"Credo che il Consiglio di Stato, fissando il 2020 come data di realizzazione del progetto, abbia semplicemente voluto dare un'indicazione. Sono d'accordo anche io che non è possibile, in tempi così stretti, realizzare un progetto di questa portata. Ma i ministri hanno già detto pubblicamente che la tempistica non è un imperativo vincolante: se ci vorrà qualche anno in più non sarà un problema".

Veniamo a Lugano: per la grave situazione in cui versano le finanze, è immaginabile che nel giro di pochi anni la Città possa ulteriormente crescere raggiungendo i 90'000 abitanti?
"Lugano in questo momento, anche in ragione della situazione finanziaria difficile, ha bisogno di consolidare e stabilizzare il suo percorso di crescita. In pochi anni siamo passati da 28'000 a 60'000 abitanti. E il nostro territorio, inoltre, si è arricchito di realtà molto diverse che richiedono attenzioni diverse rispetto al classico centro urbano, penso ad esempio alla Val Colla. Per rispondere alla sua domanda, credo che Lugano finanziariamente non possa permettersi di crescere fino a 90'000 abitanti in sette anni. Ma sia personalmente che come Municipio riteniamo che il traguardo sia raggiungibile in una decina. E questo, lo sottolineo, facendo il passo secondo la gamba, senza strafare".

Un'ultimo punto critico è quello democratico. È ipotizzabile che, finita la consultazione, si arrivi a un voto popolare complessivo sulla proposta che scaturirà al termine della discussione. Ogni ticinese, dunque, voterà per tutte le regioni. E, come sappiamo, nel sotto Ceneri la massa dei votanti è superiore, e tendenzialmente favorevole ai processi aggregativi rispetto ad altre regioni, penso ad esempio al Locarnese. Sicché si potrebbe verificare che una parte dei cittadini imponga attraverso il voto un cambio di organizzazione comunale anche a regioni che sono contrarie. Ritiene che la questione sia sul tappeto?
"Da un profilo democratico l'obiezione si può fare anche se non conosco le intenzioni con cui intende procedere il Consiglio di Stato. Ma, ammettendo che la sua ipotesi sia corretta, constato che in alcune regioni si è già discusso molto di questi temi senza arrivare a grandi risultati. E allora mi chiedo se non sia il caso di saltare il fosso. Io sono convinto, ed è una delle ragioni di fondo per cui di principio come Municipio appoggiamo il progetto del Cantone, abbiamo bisogno di compattare la nostra massa critica, per avere un peso maggiore sia verso il resto della Svizzera che verso l'Italia. Uniti siamo più forti, su questo non c'è dubbio. E dunque, considerato che siamo tutti ticinesi, se dovesse esserci chiesto in votazione popolare che Ticino vogliamo, ci potrebbe benissimo stare anche un voto sul complesso. Con l'opzione di poter rifiutare in toto il progetto votando no, evidentemente. In ogni caso se nella consultazione emergeranno questo tipo di problemi democratici il Governo sicuramente ne terrà conto".

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