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20.10.2015 - 14:340
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Studio IRE sul lavoro: è bufera. La Lega chiede la chiusura dell'Istituto: "Usiamo quei soldi per il reinserimento professionale dei residenti"

Con una mozione i leghisti chiedono che l'Istituto delle ricerche economiche dell'USI chiuda i battenti: "I grandi scienziati del mercato del lavoro dovrebbero evitare di prendere in giro la gente"

BELLINZONA - È bufera sull'Istituto ricerche economiche dell'USI (IRE) dopo la pubblicazione di una ricerca sul mercato del lavoro ticinese commissionata dall'Ufficio presidenziale del Gran Consiglio. La Lega dei ticinesi, attraverso una mozione firmata dal capogruppo Daniele Caverzasio a nome del gruppo, chiede addirittura la chiusura dell'istituto con il riallocamento delle risorse economiche a favore di misure puntuali per il reinserimento professionale dei residenti. "Forse - si legge nell'atto parlamentare - i grandi scienziati del mercato del lavoro dovrebbero evitare di prendere in giro la gente. L’IRE ha avuto la bella idea di presentare uno studio dal quale emergerebbe che i frontalieri in Ticino non costituirebbero alcun problema e non porterebbero via il lavoro ai Ticinesi. Un primo dato elementare: se in Ticino il numero dei disoccupati residenti aumenta, e il numero dei frontalieri aumenta anch’esso, questa non è già una prova evidente che a lavorare in Ticino non sono più i residenti ma i frontalieri? Siamo sicuri che bisognerebbe almeno evitare le provocazioni, come la tesi secondo cui non ci sarebbe sostituzione sistematica (?) di manodopera locale con frontalieri, ma semmai “un fenomeno di abbinamento non pienamente soddisfatto tra domanda di lavoro e offerta per il mercato interno”. L’ “abbinamento” non è “pienamente soddisfatto” forse perché la domanda di lavoro è del tipo: “cercasi segretarie disposte a lavorare a tempo pieno per 1800 Fr al mese”?". "Se invece di compiacersi con statistiche farlocche i Nobel dell’IRE uscissero dall’ufficio e si guardassero in giro - scrivono i leghisti - si accorgerebbero forse che le cose non stanno affatto come dicono loro, e che la sostituzione di lavoratori ticinesi con frontalieri è una drammatica realtà. E non ci si venga per favore a raccontare la solita favola secondo cui il livello di formazione italiano, dove le lauree si comprano, è più elevato di quello svizzero. Semmai accade che, col preciso scopo di tagliar fuori i candidati residenti, si pretendano lauree anche per dei posti di addetto alla sicurezza. Altra preoccupante realtà è che in svariati ambiti e perfino nel settore parapubblico vengono assunti responsabili e capetti frontalieri, i quali importano poi la corte di compaesani. Perché «tanto gli svizzeri sono scemi e non si accorgono di niente». E il residente che bussa alla porta alla ricerca di un impiego viene allontanato in malo modo. Poiché conosciamo persone che lavorano nel terziario, sappiamo bene che anche in questo ramo di ticinesi, ne sono stati lasciati a casa e non pochi; i frontalieri, invece, sono ancora tutti al loro posto. Per non parlare delle venditrici ticinesi licenziate e sostituite da ragazze frontaliere, dei frontalieri assunti alla SUPSI e all’USI quali ricercatori invece dei candidati ticinesi e non certo perché meglio qualificati, ma perché i professori vengono da Oltreconfine, dei frontalieri negli uffici (altro che cantieri!) e così via". "Contrariamente all’IRE - termina il testo - a noi "comuni mortali" arrivano quotidianamente lettere di ticinesi che non trovano lavoro poiché gli impieghi vanno a persone in arrivo da Oltreconfine. Ora il vaso è pieno. Per queste considerazioni, con la seguente mozione il gruppo Lega dei ticinesi chiede la chiusura dell'istituto delle ricerche economiche dell'USI, riallocando le risorse economiche a favore di misure puntuali per il reinserimento professionale dei residenti".
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