di Andrea Leoni
Se fossimo nei co-presidenti socialisti Fabrizio Sirica e Laura Riget, prenderemmo una bella tenda e la piazzeremmo nell’ufficio di Mario Branda. Al sindaco di Bellinzona solo poche parole: “Caro Mario, grazie per le preziose critiche formulate prima e dopo le elezioni cantonali. Tu avevi ragione e noi torto. Ora però abbiamo bisogno di te”.
In modalità occupazione non ci schioderemmo dallo studio fino all’ottenimento di una promessa solenne: riflettere seriamente su una candidatura al Consiglio degli Stati. Nel frattempo manderemmo un’email agli aderenti del partito, chiedendo agli iscritti di esercitare uguale opera di persuasione, in modo che tale richiesta diventi un obbiettivo di tutto il PS.
Al momento, infatti, almeno sulla carta, c’è una sola personalità con le caratteristiche per mantenere il seggio progressista alla Camera Alta e si chiama Mario Branda. Non che sarebbe una gara scontata, tutt’altro, ma il sindaco di Bellinzona sarebbe certamente competitivo in un’elezione maggioritaria che si annuncia combattutissima e alla quale parteciperanno diversi pesi massimi della politica ticinese.
Lui al momento ha tirato su un muro e certo non gli si chiederebbe un sacrificio da poco. In caso di successo, andare agli Stati significherebbe cambiare vita e lasciare l’amato sindacato. Non per incompatibilità legislativa ma fattuale: difficile, quasi impossibile, conciliare due cariche così impegnative come quella di senatore e di sindaco di una Città come Bellinzona. C’è poi la legittima aspirazione da parte di Branda di raccogliere i primi frutti golosi di una semina lontana, partita con la maxi aggregazione di una decina di anni fa. Fare il sindaco dà inoltre un particolare status al quale è facile appassionarsi e affezionarsi. Difficile rinunciare.
E però un’elezione agli Stati, significa andare a giocare in Champions League. Si diventa 1 dei 46 saggi di tutta la Svizzera. Si respira e si maneggia materia nazionale e internazionale ai massimi livelli. La carica inoltre, come quella di sindaco, non è propriamente partitica: nel senso che gli eletti agli Stati sono prima di tutto rappresentanti del Cantone. Per questo li eleggiamo con il sistema maggioritario. Sono tutti argomenti che, almeno un pochino, dovrebbero solleticare un politico con la biografia del sindaco di Bellinzona.
Vi sono poi ragionamenti politici. È stato Branda, nella sua critica alla lista PS/Verdi per le cantonali, ad affermare giustamente che le idee dei partiti camminano sulle gambe dei candidati e per questo occorre scegliere i migliori e i più forti. Dopo la sconfitta alle cantonali l’area rossoverde ha bisogno di rialzarsi e rilanciarsi e per farlo occorrono le gambe del suo fuoriclasse.
Ed è stato sempre Branda a dire che non vuole un partito che giochi sempre per non perdere, accontentatosi di una tattica difensiva, ma che abbia l’ambizione e lo spirito perlomeno di essere competitivo per la vittoria. Ha ragione. Ma per farlo è necessario che chi come lui macina voti, si metta a disposizione, anteponendo la generosità ad altre ragioni.
È infatti innegabile che una candidatura di Mario Branda, sarebbe un formidabile volano per tutta la campagna rossoverde, con un effetto a cascata anche per il Nazionale. Rappresenterebbe un’iniezione di entusiasmo, capace di sparigliare le carte degli avversari, di unire il centrosinistra e di ridare ai progressisti ticinesi la cosa di cui più di tutto hanno bisogno in questo momento: una speranza.