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08.09.2015 - 11:260
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Errore medico alla Sant'Anna, l'assordante silenzio dell'autorità. Adesso il DSS non può più invocare il dovere di riservatezza

L'ANALISI - Un caso gravissimo senza ancora un'informazione ufficiale. Solo notizie uscite a spizzichi e bocconi. Nemmeno una risposta alle semplici domande di due interrogazioni parlamentari

di Marco Bazzi

Se quell’errore medico fosse stato commesso in un ospedale pubblico, sull’Ente Ospedaliero si sarebbe scatenata una “tempesta perfetta”. Una tempesta che avrebbe imposto una linea di comunicazione ai media e di informazione all’opinione pubblica chiara e rigorosa. Tutt’altra cosa rispetto alla politica del silenzio a cui abbiamo assistito nel caso Sant’Anna, con notizie e dettagli usciti a spizzichi e bocconi.

Sono trascorsi due mesi da che LaRegione ha reso nota la vicenda (era metà luglio), ma dobbiamo purtroppo constatate che finora nessuno degli attori coinvolti ha fornito un’informazione ufficiale, se si eccettua un laconico e stringato comunicato iniziale della Clinica.

E, per cortesia, non si invochi il solito dovere di riservatezza, e non si reciti il consueto mantra dell’inchiesta penale in corso (peraltro entrata nel vivo con troppa lentezza). Perché alcuni fatti sono chiarissimi e incontrovertibili (leggi la ricostruzione pubblicata a fine luglio da liberatv), al di là degli accertamenti penali. E sono proprio questi fatti, dispersi in una miriade di articoli e di indiscrezioni pubblicate negli ultimi due mesi, che andrebbero comunicati ufficialmente, così da fornire – senza compromettere il segreto istruttorio - un quadro chiaro su quanto accadde in una sala operatoria della Sant’Anna l’8 luglio del 2014. E su come il Dipartimento intende evitare che fatti del genere accadano ancora: non solo gli errori, ma i tentativi di occultarli.

Le notizie sul gravissimo errore (gravissimo non solo per la paziente, ma per in quadro di circostanze in cui si inserisce, prima tra tutte il tentativo di insabbiarlo) commesso dal ginecologo Piercarlo Rey continuano invece a uscire a spizzichi e bocconi, e gli ultimi dettagli sull’inchiesta penale sono stati divulgati ieri sera dalla RSI.

Ricordiamo, a mo’ di esempio, come fu gestito l’unico caso di errore medico paragonabile per gravità ed evidenza: nel 2001 al Civico di Lugano venne amputata la gamba sbagliata ad un anziano paziente. In quell’occasione fu immediatamente convocata una conferenza stampa congiunta da parte del Ministero pubblico, della direzione dell’ospedale e dei vertici dell’Ente ospedaliero. Anche se l’inchiesta era ancora tutta da costruire, anche se i fatti erano ancora in buona parte da accertare a livello penale e amministrativo, ci fu un’informazione ufficiale, e non un imbarazzato e imbarazzante silenzio.

Di fronte a un errore medico come quello accaduto alla Sant’Anna, le autorità hanno il dovere di informare compiutamente e regolarmente la popolazione.
Certo, i giornalisti devono fare il loro mestiere e seguire gli sviluppi del caso, ci mancherebbe. Ma ci si chiede, per esempio, perché il Dipartimento non abbia reso note le conclusioni a cui è giunta la Commissione di vigilanza sanitaria, che a inizio settembre ha consegnato il suo rapporto e proposto le sanzioni nei confronti del medico. Perché, di fronte a un caso così clamorosamente pubblico, si continua a mantenere un velo di riserbo che sembra sconfinare nel segreto?

Così, ancora una volta, abbiamo dovuto leggere sulla stampa le novità sul caso – la consegna del rapporto della Commissione di vigilanza all’indirizzo del DSS -, senza però sapere quali sono le sanzioni proposte.

Lungi da noi l’idea di crocifiggere il dottor Rey. Ma attenzione: se le autorità non informano l’opinione pubblica su una vicenda così grave – per le sue implicazioni sulla vittima e sull’intero sistema sanitario – la gente penserà che la tanto decantata trasparenza è solo un vuoto proclama. E la fiducia, poi, che spazio avrà nel rapporto tra medici e pazienti?

Forse il fatto che l’errata asportazione di entrambi i seni a una donna che aveva solo un piccolo nodulo a un seno sia avvenuta in una clinica privata e non in un ospedale ha attenuato la pressione del mondo politico e dell’opinione pubblica, non tanto sulla clinica stessa, quanto sull’istituzione preposta alla vigilanza sanitaria: il Dipartimento sanità e, per estensione, il Consiglio di Stato.

A “diluire” lo scandalo hanno contribuito forse anche il periodo in cui è venuto alla luce – in piena estate – e il lungo tempo trascorso dalla sciagurato intervento chirurgico (un anno).

Ma ricordiamoci che la Sant’Anna fa parte a pieno titolo del sistema sanitario ticinese, che è privata, sì, ma in buona parte finanziata con denaro pubblico, e che è uno dei principali istituti chirurgici del Cantone. Non è la Clinica Villa Celeste del dottor Guido Tersilli, per citare il celebre film con Alberto Sordi!

Quantomeno, il DSS (o per esso il Consiglio di Stato), avrebbe potuto tempestivamente rispondere alle domande – semplici, chiare e nemmeno tanto impegnative – formulate da due interrogazioni, presentate a pochi giorni di distanza da Gina La Mantia e da Amanda Rückert. Riproponiamo le domande delle due deputate.

La prima chiedeva: “Com'è possibile che la Clinica abbia nascosto - davanti alla paziente e alle autorità - il grave errore per ben quattro mesi, nonostante l'obbligo di segnalazione fissato nella legge sanitaria? Quali strumenti ha a disposizione il Consiglio di Stato per sorvegliare le attività delle cliniche private da una parte e di quelle pubbliche dall'altra? Sono sufficienti? Come evitare in futuro che gli errori medici, anche quando sono meno gravi, vengano insabbiati? Come intende il CdS creare più trasparenza e garantire la corretta informazione dei pazienti, dei loro parenti e della società?”.

E Rückert: “Da quando il Consiglio di Stato e il DSS sono al corrente dell’errore medico commesso alla Clinica Sant’Anna? Per quale motivo il Consiglio di Stato (in particolare il DSS) non ha finora ritenuto di prendere ufficialmente posizione sull’accaduto, pur senza entrare negli aspetti di competenza del Ministero Pubblico? Quali misure di verifica ha adottato il DSS nei confronti della Clinica (se le ha adottate, ed in particolare sulle procedure e i protocolli di sala operatoria) dopo essere stato informato del caso?”.

Quanto tempo ci vuole a rispondere a queste domande, che nulla hanno a che vedere con l’inchiesta penale? Forse un paio di giorni? E allora perché sul caso Sant’Anna continua l’assordante silenzio dell’autorità?

 

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