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Analisi
16.09.2016 - 18:470

Riflessioni ad ampio raggio sul "mondo 2.0". Partendo dalla lettera del papà di Carolina, che a 14 anni si è uccisa per un video hot finito su facebook. Parliamo di sesso, di sexting, di stupri in rete, di suicidi, di insulti... Ma anche di un'informazion

Le storie di Tiziana Cantoni, di Carolina Picchio, della ragazza stuprata a Rimini mentre le amiche filmavano la scena... Possiamo davvero dire: "È il mondo 2.0, bellezza. E tu non ci puoi far niente""

di Marco Bazzi

Proviamo a fare una riflessione ad ampio raggio sul nostro mondo 2.0. Partendo dalla lettera aperta di un padre.
Paolo Picchio, papà di Carolina (nella foto), la 14enne di Novara che nel gennaio del 2013 si è tolta la vita dopo aver scoperto che un suo video a sfondo sessuale era stato diffuso in rete, ha scritto una commovente lettera aperta pubblicata oggi dal Corriere della Sera.

“Sono il papà di Carolina – ha scritto -, quella ragazzina meravigliosa che manca a me e al mondo da una notte di gennaio del 2013. Mia figlia aveva 14 anni, si è uccisa perché dei giovanotti poco più grandi di lei, dopo averla molestata sessualmente e filmato ogni scena, hanno messo tutto su Internet. Me la ricordo bene la notte in cui tornò da quella festa, andai a prenderla io stesso e la mattina dopo mi disse: papà non ricordo niente di quello che ho fatto ieri sera. Non sapeva nulla, povera stella.
L' ha saputo giorni dopo, quando ha trovato il coraggio di buttarsi dal balcone dopo aver letto i 2.600 like, insulti e volgarità vomitati dal mondo anonimo della rete…”.

Ora per quella tragedia sono indagati ragazzini tra i 13 e i 15 anni. Quel suicidio è ormai lontano nel tempo. Ma a rievocarlo è stato il gesto disperato di un’altra giovane donna, Tiziana Cantoni, che si è tolta la vita dopo che un video hard di cui era protagonista è finito su alcuni siti pornografici.

In questo caso si tratta di una trentunenne e non di una minorenne, che per giunta era consapevole di essere filmata, ed era consenziente. Non ci sono di mezzo abusi sessuali, quindi. È un’altra storia, ma è una storia simile, perché c’è sempre di mezzo il web, che si conferma un universo pericoloso e incontrollabile. Soprattutto quando viola gravemente la privacy e coinvolge la sfera intima delle persone.

C’è di mezzo quell’attitudine a fotografare e filmare tutti e tutto, che è entrata a far parte della nostra vita quotidiana. I telefonini sono ormai delle piccole video e fotocamere sempre più performanti che, grazie ai social – instagram, facebook, twitter, whatsapp, youtube e quant’altro -, ci consentono di comunicare con la “rete” in tempo reale. Di diffondere ogni cosa nel villaggio globale.

I rischi dei social li abbiamo già misurati, ma non ancora debellati, sul fronte della diffamazione: troppa gente usa facebook per sfogare le sue frustrazioni e per insultare, e un po’ ha ragione il fotografo Oliviero Toscani quando dice che i cretini sono in ordine alfabetico su facebook.

Forse, però, non ci eravamo ancora resi conto dei gravissimi rischi legati alla violazione della sfera intima delle persone, siano esse più o meno consapevoli. I rischi toccano soprattutto gli adolescenti, per molti dei quali fotografarsi nudi o in pose osé e diffondere gli scatti tra gli amici è diventata una cosa normale. Alle conseguenze non pensano.

Il sexting

Qualche mese fa scoppiò uno scandalo alla Louisa County High, una scuola della Virginia. In seguito alla denuncia di una madre vennero alla luce alcuni account di instagram pieni zeppi di foto di adolescenti in mutandine e reggiseno, che si masturbavano, che facevano sesso con tre ragazzi alla volta. Gli account furono chiusi e la scuola si trasformò in una scena del crimine, con la polizia a pattugliare l’entrata e interrogatori agli studenti. Alla fine, fu accertato che quasi tutti i 1'450 allievi della scuola erano finiti in quel giro di scatti e video hot. Il problema è proprio questo: che sembrava, e sembra, tutto normale.

“Perché i ragazzini fanno “sexting”? Per far parte del gruppo, per essere adulti senza esserlo, per frequentare qualcuno senza frequentarlo, per fare sesso senza fare esattamente sesso. E anche perché sono oberati di impegni. Stanno a scuola fino a tardi, fanno sport, poi tocca ai compiti. La notte è l’unico momento in cui conversano davvero, attraverso i social network. Fanno “vamping,” cercano gli amici on line a ora tarda”,ha scritto la giornalista americana Hanna Rosin su “Business Insider”.

La ragazzina stuprata in discoteca e filmata dalle amiche

C’è un terzo fatto accaduto recentemente che si lega alle tragedie di Carolina e Tiziana: il caso della ragazzina, anche lei minorenne, stuprata nel bagno di una discoteca di Rimini, con le amiche che invece di soccorrerla, l’hanno filmata di nascosto e hanno postato il video su Whatsapp. E forse, parafrasando la celebre frase sulla stampa del film “L’ultima minaccia”, qualcuno dirà: “È il mondo 2.0, bellezza, e tu non ci puoi far niente. Niente!”.

Il filosofo: “Ci accorgiamo dei problemi solo di fronte alle tragedie”

Ma è proprio vero? Il problema è che la politica e la società civile hanno perso completamente il controllo sul mondo virtuale, delegandolo alle multinazionali del web, che tra non molto controlleranno anche la diffusione delle informazioni. E questo è un altro fatto di cui dovremmo preoccuparci. Basta considerare che ormai, buona parte delle notizie, vere o false, vengono diramate e lette su facebook (dove gli utenti passano in media 13 ore al mese). Quel facebook che anche noi giornalisti siamo costretti a frequentare ogni giorno perché molti politici l’hanno eletto a strumento di comunicazione ufficiale e a terreno di scontro con i loro avversari.

Intervistato dal Corriere della Sera, qualche giorno fa il filosofo Slavoj Zizek ha detto: “A Maribor, due anni fa, in una piccola scuola, degli studenti avevano filmato un preside che faceva del sesso orale con una professoressa; quel video è finito sul web e il preside si è ucciso. Non ha retto, la sua vita era rovinata.

Noi ce ne accorgiamo solo quando ci sono finali tragici o scandali, ma tante vite vengono distrutte in modo più discreto. Milioni di persone perdono la loro onestà, la loro decenza, soffrono. Il web riproduce e diffonde più del passaparola. E può mostrare orrori da scenario di guerra, o morbosità atroci. Non può essere lasciato a se stesso.

Se dai solo libertà poi si arriva a una esplosione di violenza, brutalità, razzismo. Lo so perché mio figlio, di diciassette anni, ha fatto un giro sul web profondo e ha trovato di tutto, video di torture, scene di sesso estremo e persino uno di quei film in cui si vedono morire delle persone, uno snuff movie.

Il problema non è difendere la nostra privacy, ma difendere gli spazi pubblici dalla nostra invadenza, dalla tendenza a privatizzarli che li rende indecenti e indecorosi. I social media creano sì nuovi spazi di auto organizzazione, per dirla con Marx, ma grazie a loro il discorso politico si è abbassato: uno come Trump può parlare oggi in pubblico come fino a ieri avrebbe potuto parlare solo in privato. Questo abbassamento è accettato”.




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