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23.02.2018 - 10:170

"Rimborsopoli", le indennità pazze e i privilegi all'italiana dei Consiglieri di Stato: a Palazzo delle Orsoline c'è un'attitudine da casta. E non si racconti la solita balla che senza questi benefit nessuno vorrà più fare il ministro

Se qualcuno ritiene che i nostri ministri debbano guadagnare di più, che si abbia il coraggio di dirlo senza ricorrere a questa somma di pezzetti di salario occulto, imboscati alla chetichella nei faldoni governativi

di Andrea Leoni

 

C’è da rimanere sbigottiti nel leggere le carte di “Rimborsopoli”: il nuovo scandalo sulle indennità e i privilegi pazzi di cui godono i ministri. Ma prima di entrare nel merito della questione, va ringraziato Matteo Pronzini, che con la sua opera da mosca tzé tzé, ha scoperchiato il pentolone.

 

Un plauso va fatto anche a John Noseda. Il Procuratore Generale ha preso molto seriamente la vicenda svolgendo un’inchiesta approfondita ed accurata. E alla fine, pur non riscontrando elementi penali, ha emesso una sorta di condanna civica nei confronti dei membri del Governo di ieri e di oggi e dell’ex cancelliere Giampiero Gianella.

 

Non è affatto scontato che il capo della Procura, reggente del potere giudiziario, utilizzi parole tanto dure nei confronti dei massimi rappresentanti di un altro potere, quello esecutivo. Nell’ambito dei rapporti istituzionali, infatti, si cerca per quanto possibile di evitare certi strappi. Come ha ben sottolineato in Gran Consiglio il capogruppo del PPD Maurizio Agustoni, dev’essere costato molto a Noseda utilizzare la carta vetrata nel giudicare il comportamento dei ministri. Se lo ha fatto è perché i fatti non gli hanno consentito di fare altrimenti.

 

C’è una frase, in particolare, del decreto di abbandono del Procuratore generale che lascia di stucco. Scrive Noseda: ”È senz’altro discutibile (dal profilo della diligenza) che il Governo approvi delle norme (relative alla propria remunerazione) senza leggerle, approfondirle, discuterle e senza controllare il successivo rispetto delle procedure di approvazione previste dalla legge, limitandosi a demandare il compito al cancelliere”. Uno schiaffone che l’altro ieri abbiamo tradotto nel titolo provocatorio: non leggevano ma incassavano.

 

“Rimborsopoli”, da quanto ne sappiamo finora, evidenzia due problematiche distinte. La prima concerne le crasse anomalie amministrative: i soldi pubblici intascati senza una base legale, i campanelli d’allarme fatti suonare dagli organi di vigilanza e rimasti inascoltati, le carte che non sono arrivate dove dovevano arrivare, i pagamenti effettuati senza verifiche. Se non parlassimo di un altro caso sembrerebbe quasi un copia e incolla di Argo, no?

 

Il secondo problema riguarda i privilegi all’italiana che i nostri ministri si sono auto attribuiti nel corso degli anni con felpata nonchalance. Un’attitudine tipica di ogni casta che, fino a ieri, credevamo non si spingesse oltre il già di per sé scandaloso vitalizio che i Consiglieri di Stato si sono cuccati per decenni e per il quale ancora non si è riusciti a raggiungere la soluzione più ovvia: che come tutti gli altri cittadini anche loro si paghino la pensione.

 

Invece apprendiamo che i ministri ricevono un bel bonus di fine mandato di 10’000 franchi. Un regalo, un premio, una buonuscita - non sappiamo neppure come definire il dorato presente - che i contribuenti pagano non si capisce bene per quale motivo o merito. Non solo: una volta lasciato Palazzo delle Orsoline un membro dell’Esecutivo riceve due mesi di stipendio per, udite udite, il trapasso delle funzioni al nuovo Consigliere. Viene insomma considerato un lavoro a tempo pieno, per 40 giorni e a circa 20’000 franchi al mese, il passaggio di consegne dal vecchio al nuovo ministro. Ci piacerebbe sapere quanti hanno effettivamente svolto tale funzione. E con un po’ di malizia ci siamo immaginati Marina Masoni che trascorre al DFE i due mesi successivi alla sua non rielezione con la collega di partito che l’ha defenestrata, Laura Sadis. Speriamo che a nessuno venga in mente di giustificare un tale benefit, come una sorta di sussidio ponte per consentire al ministro uscente di trovare un nuovo impiego…

 

E come se non bastasse, e qui veramente balliamo sul confine della pidocchieria, i Consiglieri di Stato ricevono 300 franchi al mese per le spese telefoniche. Una somma che peraltro, oggi come oggi, è molto più difficile riuscire a spendere, anziché riceverla.

 

Il Parlamento, mercoledì sera, ha deciso di prendere il toro per le corna e approfondire il caso senza perdere tempo. Entro la prossima seduta del Gran Consiglio la Commissione della Gestione dovrà presentare un primo rapporto, per consentire ai deputati di avere un quadro più chiaro della situazione e decidere i prossimi passi. Tra le ipotesi c’è anche quella di una Commissione parlamentare d’inchiesta, come proposto dal PPD. Quale che sarà la decisione bisognerà intervenire sui due ambiti: da un lato farsi restituire ciò che è stato versato indebitamente, dall’altro cancellare i rimborsi pazzi (e senza scordarsi le pensioni...).

 

Se qualcuno ritiene che i nostri ministri debbano guadagnare di più, che si abbia il coraggio di dirlo senza ricorrere a questa somma di pezzetti di salario occulto, imboscati alla chetichella nei faldoni governativi (ci sono anche i 15’000 franchi all’anno di rimborso forfettario per ogni Consigliere).

 

Crediamo di essere facili profeti nel prevedere che nelle prossime settimane verrà riesumata la solita balla che si utilizza in questi casi. Quella secondo la quale, se si tolgono determinati privilegi, non ci sarà più nessuno di talento che vorrà fare il Consigliere di Stato. “Troppi rischi, e poca moneta, rispetto al mondo del privato dove non si fanno le elezioni”, si tornerà a ripetere. Un ritornello sempre buono tranne che in campagna elettorale dove se ne canta un altro: l’amore per le istituzioni, la passione per la politica e lo spirito di servizio per la comunità.

 

E sì, si corre davvero una grave pericolo nel guadagnare un milione a legislatura, assumendo una carica che dà una visibilità e un portafoglio di contatti, di potere e di prestigio, che non ha uguali nel nostro territorio. Infatti, i nostri ex ministri non siedono nei più disparati Consigli di enti e società in Ticino e in Svizzera, ma li troviamo regolarmente incolonnati alla Caritas.

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