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23.05.2014 - 08:240
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Contagio da Epatite C al Civico, Denti: “Caso grave ed errore pacchiano. Serve più dialogo tra pazienti e operatori”

Sugli errori medici: “Siamo esseri umani e l’errore è per natura contemplato, è inevitabile, ma gli operatori sanitari devono fare di tutto per portare la soglia di errore al minimo possibile”

BELLINZONA – “La mia impressione è che nella sanità si stia burocratizzando e regolamentando l’inverosimile e questo porta talvolta a non più pensare a quello che si sta facendo, da qui poi nascono gli errori come quello del Civico”. È questa in sostanza la lettura che dà Franco Denti, presidente dell’Ordine dei medici ticinese e deputato in gran consiglio, al caso emerso negli scorsi giorni e che riguarda il contagio erroneo di quattro pazienti con il virus dell’epatite C, nell’ambito delle procedure di preparazione a un esame tomografico (TAC). 

Con Denti abbiamo però toccato anche il tema degli errori medici a un livello più ampio e, seppur con le spiegazioni del caso, il presidente dell’Ordine è chiaro nell’individuare la principale causa: “manca il dialogo tra i pazienti e gli operatori sanitari”. 


Franco Denti, è di ieri la notizia del caso di quattro persone infettate da epatite C al civico, nell’ambito di procedure relative alla preparazione degli esami tac. Come valuta l’accaduto? Com’è potuto accadere?

“Bisogna iniziare con il dire che le infezioni sono l’ambito più sensibile e importante dei pericoli che riguardano gli ospedali e ci sono moltissimi protocolli per cercare di abbassare i rischi, che però non possono essere eliminati. Dopodiché quello che è successo al Civico è a mio avviso grave, ma, anche se si parla di errore medico, verosimilmente i medici in questo caso c’entrano poco, visto che la preparazioni a quei tipi di esame non viene fatta dai dottori, lo definirei dunque un caso di malasanità. Rimangono comunque la gravità e l’errore, che a quanto ne so è già stato individuato e che definirei pacchiano. Innanzitutto dunque piena solidarietà ai pazienti che sono stati contagiati, va anche rimarcato però che il sistema di controllo ha funzionato, facendo emergere il problema, prontamente segnalato al medico cantonale.”

Queste trasmissioni di patologie per errore capitano spesso negli ospedali svizzeri o ticinesi? 

“Mi auguro che casi come quello del Civico non succedano spesso e non credo sia il caso. Il problema delle infezioni nosocomiali rimane comunque molto importante e non sempre facile da fronteggiare, visto che spesso i batteri presi in ospedale sono più resistenti agli antibiotici e i sistemi immunitari dei pazienti sono tendenzialmente indeboliti, dunque il rischio come detto rimane e non sempre è possibile eliminarlo.”

Crede che esistano procedure mediche che andrebbero riviste per arginare i rischi?

“Le chiamerei semplicemente procedure e la mia impressione è che nella sanità si stia burocratizzando e regolamentando l’inverosimile e questo porta talvolta a non più pensare a quello che si sta facendo, da qui poi nascono gli errori come quello di cui sopra. Bisognerebbe trovare un equilibrio e non è semplice: se infatti da una parte si è spinto per un’infinità di protocolli che regolano tutto per abbassare i rischi, dall’altra è pur sempre necessaria la ‘testa’ e l’attenzione di un infermiere, tecnico di radiologia, medico che riflettano su quello che fanno.” 

Allargando invece il discorso agli errori medici, come giudica l’incidenza di questi episodi nella sanità svizzera e ticinese? 

“Non ho il dato sull’incidenza dunque non saprei dire con precisione, anche se spesso si sentono delle cifre da parte dei media che sicuramente spaventano sia i che i pazienti che noi medici.  Quello che è chiaro è che siamo esseri umani e l’errore è per natura contemplato, è inevitabile, ma gli operatori sanitari, tutti quanti, devono fare di tutto per portare la soglia di errore al minimo possibile, visto che ci occupiamo di nostri simili per mestiere. Dopodiché c’è anche da dire che ci sono errori comprensibili e difficilmente evitabili, ma altri sono sicuramente da ricondurre a negligenza.”

E a cosa è imputabile la negligenza? 

“Il punto essenziale è a mio modo di vedere uno: medici e operatori non dedicano abbastanza tempo e dialogo ai pazienti. Spesso vengono fatti firmare i cosiddetti consensi informati, ma senza dare nessuna spiegazione ai pazienti, come invece fanno i chirurghi, che chiaramente i pazienti in necessità di aiuto firmano. Ecco, credo che dietro questa pratica ci sia un’enorme ipocrisia, è uno strumento che va preso con serietà. Certo significa che devo prendermi il tempo di parlare con il paziente, e parlando con i pazienti forse un errore come quello del Civico sarebbe stato evitabile.”

Le associazioni che si occupano della difesa dei pazienti denunciano spesso due aspetti critici: il primo rileva la difficoltà a combattere e a parlare degli errori dei medici in quanto tra i colleghi vige un’omertà di categoria e mai nessuno si schiera apertamente contro un collega, ad esempio firmando una perizia, se non in casi eclatanti (e l’ufficio predisposto dell’FMH, così come la Commissione di vigilanza non sono proprio strumenti rispettivamente super partes o celeri). Cosa ne pensa? 

“In parte è sicuramente vero e proprio in questi giorni ce ne stiamo occupando politicamente: l’omertà esiste ed è innegabile, come in tutti i gruppi ‘chiusi’. Devo dire però che adesso questa cultura sta un po’ scemando, anche grazie alla possibilità di denuncia anonima che è un chiaro passo avanti in questo senso. L’autodenuncia e la denuncia anonimizzata sono sicuramente la via giusta per migliorare la qualità delle cure, anche se torno a ribadire l’importanza del consenso informato che, se utilizzato correttamente, ottimizza i rapporti tra pazienti e operatori sanitari, e non diventa quindi un semplice foglio per pararsi il lato B.”

Il secondo aspetto riguarda proprio la tutela dei medici, considerata spropositata, anche e soprattutto viste le infinite liste di possibili complicazioni che, dal punto di vista del paziente, ma non solo, potrebbero essere invece considerate come errori. 

“Ripeto che non tutti hanno studiato medicina e che il consenso informato, che contiene anche le possibili complicazioni, non dev’essere relegato a una semplice firma di un paziente su un foglio che non capisce, dev’essere spiegato proprio per evitare interpretazioni sbagliate. Oggi negli ospedali non si ha più tempo per parlare con i pazienti, a causa della burocrazia e di altre ragioni, e il dialogo è il primo strumento, e il più efficace, per evitare gli errori.  Detto questo per quanto riguarda la domanda dal punto di visto medico le complicazioni sono una cosa e gli errori un’altra, e la distinzione è chiara e definita, anche se ammetto che non sempre è semplice da capire.”

dielle

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