*Di Nathalie Tami Gianola
Era il 13 marzo quando è stata decretata la chiusura delle scuole.
L’emergenza Coronavirus ha catapultato la formazione sulle varie piattaforme, avvalendosi di una didattica a distanza; dall’oggi al domani l’insegnamento digitale ha preso il posto del docente.
L’attivazione delle piattaforme è avvenuta celermente e l’emergenza è stata gestita molto bene. Il problema di dotare le famiglie di un computer è stato risolto dal DECS con il prestito da parte delle scuole (medie almeno) dei propri, anche se le problematiche per le famiglie non sono mancate.
La formazione a distanza ha avuto il grosso pregio di tenere ancorati gli allievi al mondo scuola, permettendo ai docenti di dare informazioni, istruire. Perché questo permette loro di fare un computer, un cellulare. Ma insegnare è un’altra cosa. I docenti lo hanno sperimentato. Ed anche i genitori.
La formazione digitale ha mostrato ben presto tutti i suoi limiti: difficoltà per gli allievi che fanno fatica a stare al passo, genitori non sempre in grado di supportare i bambini nello svolgimento dei compiti, o semplicemente impossibilitati nel farlo, perché hanno altri figli, perché devono lavorare, perché non capiscono la lingua, perché angosciati, preoccupati per la drammaticità della situazione.
Senza contare la mancanza, per i bambini e i ragazzi, del confronto, dello scambio, dell’interazione.
L’11 maggio si prospetta la riapertura delle scuole. Decretarne la fattibilità dal punto di vista sanitario non sta a me, è materia della scienza, dei medici: ci devono essere le condizioni sanitarie che lo permettano e la tutela di docenti, allievi e personale scolastico deve essere garantita.
Da mamma, docente, vicedirettrice accolgo favorevolmente la riapertura delle scuole, i bambini, i ragazzi ne hanno bisogno. I docenti accolgano i loro allievi, mettendoli in condizione di raccontare, aiutandoli a trovare il modo di esprimere il loro vissuto, il loro malessere causato dall’isolamento; la scuola torni a fare il proprio ruolo pedagogico-educativo, sollevando i genitori dalla difficoltà di gestire i loro figli dal punto di vista scolastico, molti di loro devono affrontare altre situazioni drammatiche, angosciati da incombenze lavorative, da domande sul futuro, da un sempre più imminente ritorno al lavoro.
Ma, soprattutto, la scuola si riappropri del suo compito primario: garantire a tutti l’accesso alla cultura e una formazione di qualità, offrendo le stesse possibilità di riuscita ad ogni singolo allievo, aldilà dell’estrazione sociale, aldilà della provenienza; cercando di colmare le disparità tra chi è aiutato e casa e chi no, tra chi ha un ambiente familiare sereno e chi no, tra chi fatica a comprendere le lezioni a distanza e chi no.
La società ha bisogno di noi: riapriamo le porte della scuola ai bambini, ai ragazzi, è il nostro turno docenti.
L’emergenza COVID 19 ci ha segnati, ci intimorisce, ci angoscia, ma l’antidoto non è la segregazione, ma la cooperazione.
*Membro di direzione PS