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Coronavirus
10.06.2020 - 06:200

Quarantena, Lockdown, Tampone, Pandemia, Mascherina… Il vocabolario del Covid-19

Parole e nomi che in questi mesi di reclusione hanno segnato la nostra vita e sono entrati a far parte del nostro linguaggio quotidiano e della nostra memoria collettiva

di Marco Bazzi

Proviamo a scrivere una sorta di vocabolario del virus. Parole e nomi che in questi mesi di reclusione hanno segnato la nostra vita e sono entrati a far parte del nostro linguaggio quotidiano e della nostra memoria collettiva.

Iniziamo dai luoghi.

Pochi di noi, forse nessuno, sapevano dell’esistenza di Wuhan. Eppure è il capoluogo della provincia di Hubei, nel sud est della Cina. Questa metropoli, che conta quasi 6 milioni e mezzo di abitanti, è balzata agli “onori” della cronaca per essere stata il primo focolaio di Covid-19 nel mondo. Il luogo da cui si è diffusa l’epidemia, che in quella sola regione ha provocato 4'500 morti. Da Wuhan il virus si è diffuso in buona parte della Cina, contagiando oltre 80mila persone, e poi nel mondo intero causando la pandemia globale.

 

E pochi di noi, forse nessuno, sapevano dell’esistenza di Codogno, cittadina di circa 16'000 abitanti in provincia di Lodi, a un centinaio di chilometri dal confine di Chiasso. Oggi Codogno è nota a tutti per essere stata, dal 20 febbraio scorso, il primo focolaio di Covid-19 in Italia.

 

Anche Vo’ Euganeo, paesino di 3'000 abitanti in provincia di Padova, era ignoto ai più. Ma è diventato famoso perché lì abitava la prima vittima del virus ufficialmente censita in Italia, un 78enne morto il 21 febbraio. Come Codogno, anche Vo’ è stato posto in quarantena. Blindato.

 

Nelle prime settimane, quando l’epidemia non aveva ancora varcato i confini ticinesi, si parlava genericamente di Coronavirus, perché il Covid-19 fa parte di quella famiglia di virus che sono provvisti di un involucro sferico con proiezioni glicoproteiche superficiali disposte a corona. Ma pochi di noi, medici e ricercatori a parte, avevano sentito pronunciare quella parola: Coronavirus.

 

Sapevamo invece della SARS, che sta per Sindrome Respiratoria Acuta Severa, e che è pure originata da un virus della famiglia “Corona”. La SARS è una forma atipica di polmonite causata dal virus SARS-CoV, apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia cinese del Guangdong (quasi sempre dalla Cina arrivano le pestilenze, come già nel Medioevo).

Quel virus produsse un'epidemia tra il novembre 2002 e il luglio 2003, provocando oltre 8'000 contagi e  quasi 800 decessi in 17 paesi. Ma rimase sostanzialmente arginato tra la Cina continentale e Hong Kong, per cui non ci ha mai preoccupati più di tanto, e dal 2004 è scomparso dai radar.

Il virus responsabile dell’epidemia di quest’anno è stato definito Coronavirus della Sindrome Respiratoria Acuta Severa 2. E la malattia, con l’acronimo COVID-19: “CO” significa corona, “VI” virus, “D” malattia e “19”, indica l’anno di insorgenza.

 

E quando il virus è arrivato ai nostri confini e dopo che il Ticino è diventata una delle regioni più colpite al mondo in proporzione al numero di abitanti, abbiamo iniziato a declinare una parola che conoscevamo che non ci aveva mai toccati: Quarantena.

La quarantena, detta anche contumacia, è un isolamento forzato che ha lo scopo di limitare la diffusione di una malattia. Il termine deriva, come facilmente si intuisce, da “quaranta giorni”, che era la durata dell'isolamento cui venivano sottoposte le navi provenienti da zone colpite dalla peste nel Cinquecento.

 

Quando la quarantena diventa generale, e da una persona o da un nucleo di persone si estende a una comunità, a una regione o a una nazione, si parla di Lockdown. È un'altra parola entrata nel nostro vocabolario quotidiano. Si potrebbe tradurre con “chiudere giù”. Ma è meglio: isolamento, blocco, o al limite blindare.

 

Nel frattempo avevamo familiarizzato con il termine Epidemia, che si solito sentivamo pronunciare soltanto in tardo autunno, con l’arrivo dell’influenza stagionale. Parola di origine greca, epidemia significa “sopra il popolo”, ed è legata a malattie infettive che colpiscono simultaneamente una collettività.

 

Ma quando la collettività diventa il mondo intero, si parla di Pandemia. Una parola che ci sembrava estranea, lontana temporalmente e geograficamente. Deriva dal greco pan-demos, "tutto il popolo", e indica una malattia epidemica che, diffondendosi rapidamente si espande su scala planetaria. L’abbiamo usata in termini storici per parlare della peste, del colera, del vaiolo, dell’influenza spagnola che ha funestato il globo a inizio Novecento. Ma mai avremmo immaginato di usarla per parlare della nostra vita. E quando l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) l’ha dichiarata ufficialmente ci siamo sentiti più inquieti di prima.

 

Un altro termine entrato nel nostro vocabolario quotidiano è stato Tampone. Il tampone faringeo è un test che si efettua in caso di sospette infezioni ed è il sistema più semplice per capire se una persona ha contratto il Covid-19.

 

Per facilitare la pratica dei tamponi, anche in Ticino sono stati creati dei Checkpoint. Il termine indica di solito un posto di blocco, ma nel caso del COVID-19 un centro dedicato alla diagnosi, a supporto di medici di famiglia e dei pronto soccorso ospedalieri.

 

Anche il Contact tracing è entrato a far parte della nostra quotidianità: è il sistema che permette di rintracciare le persone venute in contatto con i contagiati, e insieme al tampone e al lockdown è stata un'altra arma utilizzata per bloccare la diffusione del virus.

 

Molti di coloro che sono stati ricoverati in cure intensive hanno dovuto essere intubati. E così, anche il verbo Intubare è entrato a far parte del nostro linguaggio. Con “intubazione” in medicina si intende una tecnica che permette l’inserimento di un tubo nella trachea per permettere la respirazione di una persona che non è più in in grado di farlo autonomamente.

 

Infine, quanti di noi avrebbero pensato fino a qualche mese fa di dover girare con una mascherina sul volto se non durante in carnevale? Pochi, forse nessuno. Eppure è successo, e Mascherina è diventata per tutti noi un’altra parola - oltre che un oggetto - di uso quotidiano. Ce ne sono di diversi tipi, ma la più semplice, economica e diffusa, è quella chirurgica, di colore azzurrino e formata da tre strati di tessuto. Il medico bolognese Alessandro Gasbarrini, l’ha definita “mascherina altruista”, perché se siamo affetti dal virus, indossandola possiamo evitare di trasmettere l’infezione agli altri.

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