FEDERALI 2023
Elezioni federali, l'alfabeto di vincitori e vinti
Partiti, candidati, fattori, tendenze, prospettive... Breve analisi del voto di ieri dalla A alla Z
TiPress/Davide Agosto

di Marco Bazzi

A come Achtung!. Avvertimento di matrice teutonica che compariva spesso nei titoloni del Mattino all’epoca del Nano. Associato di volta in volta a uno o più destinatari. Di questi tempi, alla luce del prevedibile sorpasso a destra confermato dal voto di ieri, ci si sarebbe potuto immaginare un Achtung indirizzato ai cugini dell’UDC o ai loro leader. Evidentemente, a dieci anni dalla scomparsa di Giuliano Bignasca, al movimento di Via Monte Boglia non basta più evocare il suo spirito per vincere.

B come Ballottaggio. Elezione in agenda il 19 novembre, in base al sistema maggioritario, per eleggere i due senatori che rappresenteranno il Ticino a Berna. Nessuno degli 11 candidati in corsa per il Consiglio degli Stati ha ottenuto la maggioranza assoluta (51'831 voti) ed era scontato. Perciò, al secondo turno se la giocheranno i cinque che hanno superato la soglia di sbarramento del 5%. Bisognerà capire come si ripartiranno gli oltre 26'000 voti che ballano - tra Amalia Mirante e i partiti minori - sui tre candidati saliti sul podio: Marco Chiesa, Fabio Regazzi e Alex Farinelli. Da non sottovalutare l’outsider Greta Gysin (staccata da Farinelli di 5'000 voti). Molto dipenderà anche dalla capacità di mobilitazione dei partiti e da quanti ticinesi avranno voglia di tornare alle urne dopo le vacanze dei Morti.

C come Chiesa. Il presidente dell’UDC svizzera e senatore uscente, Marco Chiesa, è senza dubbio il vincitore di queste elezioni. Per il risultato del partito - a livello nazionale e cantonale - e per quello suo personale. Con 39'024 voti, ha staccato di oltre 10'000 lunghezze i suoi due concorrenti diretti: il centrista Fabio Regazzi e il liberale radicale Alex Farinelli. Ma nel ballottaggio per gli Stati nessuno può dormire sugli allori. Filippo Lombardi docet, il quale però, nel 2019, al primo turno aveva solo 4'000 voti di vantaggio su Marina Carobbio e meno di 2'000 sullo stesso Chiesa, che furono poi eletti. Diecimila personali sono un bel cuscinetto, ma sul quale poter schiacciare al massimo un pisolino pomeridiano. Anche perché Chiesa è l’unico che non ha il paracadute del Consiglio nazionale. Per lui, il 19 ottobre, ci sarà una sola sentenza possibile: o dentro o fuori.

D come Debacle. Il dizionario Treccani indica come sinonimi: disfatta, sconfitta, batosta, mazzata, sfacelo, tracollo… È il termine usato ieri, a caldo, da Daniele Caverzasio, coordinatore della campagna leghista, per commentare il voto del movimento.

E come Estasi. Nella teologia cattolica è il grado più alto dell’esperienza mistica. Quello che, di solito, precede o accompagna le visioni. Ieri sul far della sera, quando la Cancelleria dello Stato ha sancito la sua elezione al Nazionale, lo sguardo di Paolo Pamini assomigliava a quello di Teresa d’Avila nella celebre scultura di Gian Lorenzo Bernini. L’estasi della Santa scolpita nel marmo.

F come Farinelli. Da Alex Farinelli ci si aspettava decisamente di più per la corsa agli Stati. Molti osservatori gli avevano già cucito addosso i panni del senatore. Invece è arrivato solo terzo (staccato di 1'500 voti da Regazzi) come Giovanni Merlini quattro anni fa. Resta ovviamente in corsa e, grazie al soccorso rosso – i voti del centro sinistra - potrebbe riportare al PLR il seggio perso dopo l’uscita di scena di Fabio Abate e la sconfitta di Merlini. Perché, normalmente, per il Senato, trattandosi di un’elezione con sistema maggioritario, le urne premiano un candidato di centro-destra e uno di centro-sinistra. Ma le elezioni degli ultimi anni ci hanno portato a rivedere il concetto di normalità.

G come Gysin. Non ci sono dubbi: Greta Gysin ha ottenuto un eccellente risultato personale, staccando di ben 3'000 voti il suo concorrente diretto nell’area rosso verde, il consigliere nazionale socialista Bruno Storni. Un ottimo risultato, nonostante il crollo registrato dai Verdi a livello nazionale, che fa di Greta Gysin la candidata ufficiale della sinistra al ballottaggio del 19 novembre e le consente di sognare gli Stati. G, anche, come Gianini e Gianella. Il primo ha sovvertito i pronostici, battendo la candidata più accreditata per il secondo posto nella lista del PLR dopo Farinelli.

I come Intesa. La domanda di fondo è come le elezioni di ieri condizioneranno le future intese tra le forze politiche a livello federale, ma soprattutto cantonale, anche all’interno dei partiti stessi. La Lega sarà progressivamente fagocitata dall’UDC? Il PLR e il Centro saranno in grado di allearsi per creare un polo tra destra e sinistra? E l’area socialdemocratica e i partiti minori che posizioni assumeranno?

L come Lega. Continua l’erosione di consensi della Lega dei Ticinesi che, dopo aver perso in otto anni otto seggi in Gran Consiglio, si vede sorpassata a destra dall’UDC alle Nazionali. Motivi? Molti. Ma riassumibili in una linea ondivaga del Movimento, nell’abbandono di quella sensibilità sociale che fu la grande intuizione di Giuliano Bignasca e nell’assenza di una leadership chiara. Chi comanda oggi in Via Monte Boglia? Boh… Boris Bignasca (che dopo le Cantonali di aprile aveva suonato la tromba della riscossa auspicando un ritorno sulle barricate) e Sabrina Aldi sono stati messi al margine di questa campagna. Daniele Caverzasio s’è caricato il fardello sulle spalle, ma il suo compito era simile a quello di chi deve riempire una cisterna bucata con un bicchiere. Norman Gobbi, unico leghista con il “doppio passaporto”, aveva probabilmente già annusato l’aria 8 anni fa, quando aderì all’UDC che lo candidò al Consiglio federale.

M come Mirante. Se l’ottimo risultato di Amalia Mirante alle Cantonali di aprile poteva essere letto come un voto di simpatia per il trattamento subito dal Partito socialista, il suo exploit di ieri è un chiaro voto di stima. Ottenere quasi 14'000 voti nella corsa per gli Stati senza un’organizzazione di partito alle spalle, con un soggetto politico che aveva poco da dire (e da sperare) in queste elezioni è un segnale molto chiaro: Avanti con Ticino e Lavoro sta occupando uno spazio socialdemocratico lasciato libero da un Partito socialista troppo schierato a sinistra e (Filippo Lombardi dixit) “gestito da una sola famiglia”.

O come Onore. Onore al merito per il Centro di Fiorenzo Dadò, che ha perso il suo secondo seggio sul filo di lana, cedendolo all’UDC, mancando per un soffio l'elezione del vicepresidente Giorgio Fonio, che ha catalizzato una marea di consensi: oltre 22'000 voti personali, terzo candidato più votato in assoluto dopo Farinelli e Regazzi, che correvano anche per gli Stati. Secondo seggio, quello del Centro, salvato quattro anni fa (con la riconferma di Marco Romano) grazie alla congiunzione con il PLR, che aveva però prodotto disastri nel ballottaggio per gli Stati, condannando l’uscente Lombardi e l’aspirante Merlini. L’intuizione di Dadò di creare la lista Movimento per le Valli del Ticino ha contribuito a tenere in gioco il Centro fino alla fine. Fino all’arrivo dei risultati di Bellinzona e Lugano. Ma se a Lugano ci fosse stato un candidato forte (leggi per esempio Paolo Beltraminelli o Laura Tarchini) probabilmente il secondo seggio si poteva salvare, come ha dimostrato il caso di Locarno (feudo PLR), dove grazie alla candidatura del vicesindaco Giuseppe Cotti, il Centro è stato il partito più votato.

P come PLR. Il Partito liberale radicale dovrà fare una seria analisi sul proprio futuro. Quello di ieri è stato un risultato in chiaro scuro. Simone Gianini, vicesindaco di Bellinzona, è il volto nuovo di questa tornata elettorale: ha battuto Alessandra Gianella, che molti davano in pole position, essendo capogruppo in Gran Consiglio e reduce dalla campagna di aprile per il Consiglio di Stato. Gianella potrà tornare in gioco, entrando al Nazionale, se Alex Farinelli vincerà la partita per gli Stati il 19 novembre. C’è anche da capire se il voto di ieri lascerà strascichi all’interno del Partito di Alessandro Speziali. Nella lista ci sono molti delusi e non sono da escludere regolamenti di conti interni in vista del ballottaggio e delle Comunali del prossimo aprile. Ma in prospettiva futura (nemmeno troppo futura) il PLR dovrà decidere se continuare a correre da solo o se tentare di ricostruire l’alleanza con il Centro, il che vale ovviamente anche per il partito di Dadò.

Q come Quadri. Lorenzo Quadri, municipale di Lugano e direttore del Mattino, è una delle poche certezze in casa Lega. Ieri, nonostante la sua riconferma al Nazionale, non ha nascosto la delusione per il risultato: “I segni meno non fanno piacere a nessuno”, ha dichiarato. Ma il suo slogan di campagna lo rappresenta in pieno: “Sa mola mia!”.

R come Regazzi. Non si aspettava nemmeno lui il secondo gradino del podio nella corsa agli Stati: ha staccato di circa 1'500 voti Alex Farinelli. Raccoglie molti consensi al di fuori del suo partito anche per i ruoli che riveste (cacciatori, pescatori, imprenditori, Massagno Basket…) e per le sue opinioni senza peli sulla lingua. Può dunque giocarsi la partita al ballottaggio del 19 novembre. Anche se, come detto, con il sistema maggioritario è difficile immaginare due senatori di centro destra. Ed è innegabile che lui sia riconducibile a quest’area soprattutto per le sue posizioni in favore dell’economia.

S come Storni. Bruno Storni è stato riconfermato al Nazionale ma ha perso la sfida per gli Stati con la collega Greta Gysin. Gli accordi stipulati tra PS e Verdi erano chiari: al ballottaggio sarebbe andato il candidato più votato al primo turno. Al di là delle dichiarazioni di circostanza, ieri la delusione gliela si leggeva in volto. Molto competente e preciso sui dossier, ha meno doti comunicative rispetto a Gysin, e forse questo fattore l’ha penalizzato.

T come Trombati. Sul dizionario Treccani trombatura ha il significato di bocciatura, insuccesso elettorale. Sono - loro malgrado - tutti coloro che per spirito di servizio o di sacrificio, per illusione, per gioco, per sfida o per convinzione hanno partecipato a questa sfida elettorale. Tra Nazionale e Stati c’erano ben 267 candidati per un totale di 10 seggi disponibili. I “trombati” sono dunque 257.

U come UDC. È il partito che ha vinto le elezioni, a livello federale e in Ticino. Restando sul piano cantonale, il successo è da ascrivere a tre fattori principali: il progressivo calo della Lega; una comunicazione chiara su alcuni temi che hanno fatto breccia nell’elettorato – immigrazione, neutralità, politica energetica, restrizioni della libertà durante la pandemia -; l’aver saputo creare in questi anni una leadership che rema nella stessa direzione, senza divisioni interne; l’aver “pescato” fuori partito, cosa che un tempo era specialità del Nano. Max Spiess e Pier Pasi provengono dall’ex PPD, Sergio Morisoli e Paolo Pamini da Area Liberale, Massimo Cerutti e il presidente di GastroTicino Massimo Suter sono ex municipali del PLR, a Mendrisio e a Morcote, il primo ancora in carica come indipendente.

V come Verdi. Hanno perso le elezioni nonostante i temi ambientali e climatici rimangano una preoccupazione diffusa tra la gente. Forse sono stati danneggiati dagli estremisti climatici. Forse dalla sensibilità ecologista cresciuta negli altri partiti di centro. Sul modesto risultato ticinese ha probabilmente pesato anche un altro fattore: la perdita di un leader carismatico come l’ex capogruppo in Gran Consglio Nicola Schoenenberger.

Z come Zapata. Emiliano Zapata Salazar fu un rivoluzionario, anarchico, generale e guerrigliero messicano, protagonista della rivoluzione messicana e della storia del Messico. Era uno dei soprannomi che Giuliano Bignasca aveva scelto per autodefinirsi - Nano Zapata - incarnando il sentimento rivoluzionario che la Lega ha perso per strada.

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